Venezia 69: il toto-leone

To The Wonder

Ipotizzare chi quest’anno sia il favorito per la conquista del Leone d’oro a Venezia 69, la Mostra del cinema di Venezia è molto difficile. Innanzitutto perché, al momento, da quanto si intuisce dai tweet, commenti e vociferare post proiezione, nessuno ha veramente stupito, come l’anno scorso fecero Ann Hui con il suo A simple life o Carnage di Polanski o Shame di Steve McQueen.

 

Anzi quello che si percepisce è da un lato una fredda recezione dei grandi maestri, ultimo oggi Brian De Palma, molto atteso, che ha offerto al concorso il remake di un film di pochi anni fa, Crime d’amour, che però pecca in alcuni momenti di essere troppo barocco per essere ben accettato. Troppa carne al fuoco, anche se a partire dal titolo, ce lo si poteva aspettare: Passion, che porta gli intrecci, l’avidità e la sopraffazione a complicare una storia altrimenti classica di tradimenti.

Molti voti favorevoli, che si bilanciano con alcune lamentele, le ha ricevute The master, di Paul Thomas Anderson, che per ora viene citato soprattutto per la prestazione che potrebbe ipotecare un premio per Joaquin Phoenix.

Brillante Mendoza, definito ieri dal suo produttore, e a ben dire, un “National treasure” , un tesoro nazionale della cultura filippina, ha portato in concorso nuovamente una storia di sacrificio che ha come set una zona molto remota delle Filippine, che fa assomigliare il film in molte sequenze ad un documentario di viaggio. Lo stile di Mendoza viene fuori nel momento in cui la calma del documentario di viaggio viene letteralmente frantumata da un evento spietato e violento al quale, non si sa con quali forze, i protagonisti rispondono quasi con rassegnazione. Si è notato comunque, che il regista ha iniziato ad abbandonare, quantomeno a livello di fotografia, le tonalità livide delle sue precedenti opere, che però gli valsero il premio alla regia anni fa a Cannes. Ci sono comunque buone probabilità che Thy womb si aggiudichi qualcosa.

L’altro grande maestro atteso, che torna con un film in un concorso internazionale dopo solo un anno, dopo averci abituato a tempi di gestazione creativa quasi kubrickiani, Terrence Malick, è in pole position per guadagnarsi se non il Leone, il premio della critica. To the wonder  è stato apprezzato da più parti, anche se alcuni hanno criticato la troppa cripticità delle tematiche del regista. Il jolly del festival potrebbe essere però Spring breakers, definito da molti giornalisti e a ragione, il film più selvaggio del festival. Sicuramente sopra le righe, con la forza delle quattro protagoniste adolescenti che vivono la vita come un videogame, Harmony Korine potrebbe finalmente ricevere un riconoscimento.

Ovviamente in prima linea per la conquista del Leone c’è lo spietato film, nonostante il titolo pacificatore, Pietà,  di Kim Ki-Duk, che narra le vicende di uno strozzino che viene messo a dura prova dalla gentilezza di una madre di ritorno. Mette invece quasi tutti d’accordo e quindi si pone in una buona posizione per il titolo l’intensa storia della Bella addormentata  di Marco Bellocchio, ispirato alla vicenda di Eluana Englaro. Mentre quindi il destino del Leone è misterioso, oggi vengono consegnati alcuni premi collaterali che forse daranno il polso della situazione, mentre è in conclusione anche una competizione sui social network per assegnare il premio al più affascinante degli attori presenti al Lido.

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