Eraserhead – La mente che cancella: recensione del film di David Lynch

Eraserhead – La mente che cancella è il film del 1977 di David Lynch con Jack Nance, Charlotte Stewart, Allen Joseph, Janne Bates, Laurel Near, Judith Anna Roberts, Jack Fisk, Thomas Coulson.

 

La trama di Eraserhead – La mente che cancella

Henry Spencer è uno strano omettino che lavora come tipografo in un surreale paesaggio industriale di un non ben specificato paese, dove tutto appare distorto e allucinato. Henry è innamorato di Mary, ragazza affetta da strani attacchi epilettici che vive con due strambi genitori. Durante una cena, Henry viene informato dalla ma dre che la figlia è rimasta misteriosamente incinta, senza però che i due avessero mai copulato. Il figlio che nasce però assomiglia ad un orribile girino gigante dalle fattezze orripilanti, sempre intento a piangere. Dopo alcuni giorni di convivenza Mary decide di lasciare Hery ed il bambino, costringendo l’uomo a doversi assumere il gravoso compito di allevare da solo la mostruosa creatura. Inizia così un viaggio allucinate in cui Hery non distingue più tra sogno e realtà, in cui egli intraprende una improbabile relazione con una donna mostruosa che vive nel suo termosifone.

L’Analisi

Allucinate, surreale, estremo, il film d’esordio del visionario David Lynch è una delle opere più complesse e psicoanalitiche che siano mai state tradotte su celluloide. Attraversato da numerosi travagli produttivi che ne hanno esteso la realizzazione pre ben cinque anni, dal 1972 al 1977, costringendo Lynch a ipotecare la casa e a dormire sul set per reperire i fondi necessari a ultimarlo, Erashead è un vero e proprio pugno nello stomaco (e nell’occhio) dello spettatore, letteralmente catapultato in un universo onirico e grottesco in cui tutto è distorto ed eccessivo, dove Hery, alter-ego (fisico e psicologico) di Lynch incarna le più ancestrali paure dell’uomo, prima fra tutti quella della paternità.

L’universo del film, virato in un metallico bianco e nero ed immerso in paesaggi postindustriali che anticipano Tzukamoto, Cronenberg e tutta la cultura cyberpunk, è ricco di personaggi grotteschi e archetipici che, come lo stesso Henry, paiono come marionette di uno strambo teatro dell’assurdo. Numerose sono le scene oniriche entrate degnamente nel subconscio cinematografico, tra cui l’incipit cosmogonico in cui un demiurgo-frankenstein in una decadente centrale elettrica dà vita al seminale mondo dell’orrore del film azionando una leva, così come l’onirico prologo in cui il cervello di Henry (dando il titolo al film) viene trasformato in tante gomme da cancellare per matite.

Anche l’orripilante creatura neonatale è uno dei simboli più reconditi del nostro io interiore, la paura della deformità e del caso (racconta Lynch che il feto era quello di un vitello). Ricco di messaggi sublimali impossibili da cogliere ad una prima visione (e nemmeno tutti alla centesima), il film si articola in spazi angusti e minimalisti, come ad esempio l’opprimente appartamento di Henry in cui piante crescono nei comodini e dove strani insetti vermiformi vengono segretamente custoditi in cassetti. 

La cacofonica colonna sonora, edita dallo stesso regista assieme all’amico Fats Waller è quanto di più disturbante i nostri orecchi possano assorbire, ricca di strumenti elettronici e sintetizzati. Un film maledetto, realizzato con poco o niente che non solo è diventato il simbolo dei midnight movies e dei circuiti d’essai, ma che si è presto a mille interpretazioni psicologiche e ha spianato la strada al nuovo filone del surrealismo cinematografico.

Raccontare Eraserhead – La mente che cancella non è possibile, tanto meno interpretarlo. Bisogna vederlo e godere delle sue atmosfere malate e ansiogene, dei suoi personaggi surreali che trovano nella Donna del Termosifone la loro forma più estrema e piacevole al contempo. Il film ha di fatto aperto le porte della visionarietà di Lynch al suo mondo fatto di incubi e di distorsioni, divenendo il compendio dei suoi precedenti lavori di cortometraggio, iniziati con The Alphabet e culminati con The Grandmother. Basti dire che era il film preferito di Stanley Kubrick!

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