perry mason stagione 2 recensione

Dopo aver regalato al pubblico una prima stagione più che soddisfacente, la serie targata HBO e prodotta tra gli altri da Robert Downey Jr. torna con nuovi episodi che ne confermano pienamente il valore e la lucidità. La storia parte circa sei mesi dopo gli eventi narrati nelle puntate precedenti, i quali avvenivano nella Los Angeles dell’inizio degli anni ‘30: Perry Mason (Matthew Rhys) adesso gestisce il proprio studio legale insieme a Della Street (Juliet Rylance), ma ha scelto di occuparsi solamente di cause civili lasciando da parte quelle penali. A quanto pare, alcuni dei fantasmi del passato continuano ancora a perseguitarlo… Quando il ricco e fin troppo intraprendente rampollo di una delle più potenti famiglie di Los Angeles viene trovato assassinato nella sua auto, la colpa ricade quasi immediatamente su due giovani messicani. Per una serie di eventi fortuiti il caso finisce proprio nelle mani di Perry e Della, i qual insieme all’aiuto dell’amico Paul Drake (Chris Chalk) decidono di patrocinare coloro che reputano essere stati ingiustamente accusati dell’omicidio.

 

Perry Mason stagione 2: il fascino della origin story

La seconda stagione di Perry Mason possiede il fascino che deriva dalla curiosità riguardante le origin-story. Il personaggio principale non risulta ancora infatti l’avvocato integerrimo che il pubblico televisivo del passato ha imparato a conoscere grazie a Raymond Burr. Anche in questi nuovi episodi ci troviamo di fronte a un uomo torturato, il quale possiede un profondo senso morale che entra costantemente in conflitto stridente con gli orrori che ha visto in passato e con quelli che deve affrontare nel presente, tentando di scoprire la verità riguardante i suoi clienti.

La figura di un idealista costretto a confrontarsi con la realtà viene molto ben tratteggiata da Rhys, il quale dota il proprio personaggio della fragilità psicologica ed emotiva necessarie per renderlo sfaccettato. Mason continua a lottare, sbagliare, soffrire in un crescendo drammatico e narrativo molto ben orchestrati. Accanto al protagonista anche i personaggi di supporto sono sviluppati con precisione, il che permette al resto del cast di interpretarli con finezza e carisma. In particolare Chris Chalk conferma di essere un attore con una marcia in più soprattutto perché dimostra di non dover mai sottolineare troppo le scene maggiormente importanti per risultare efficace.

La città protagonista: Los Angeles

Quello che poi Perry Mason Stagione 2 possiede in maniera forse anche più avvincente rispetto alla prima stagione è la capacità di farsi origin-story non soltanto per l’eroe ma anche per l’ambientazione, ovviamente Los Angeles. Man mano che le puntate scorrono ci si rende infatti conto che la “Città degli Angeli” possiede ancora un minimo di innocenza e tensione propositiva che la rende meta quasi onirica per chiunque voglia cercar fortuna, credendo magari ancora nel mito del self-made man. Il cinismo che impregnava gli episodi della prima stagione sembra essersi leggermente attenuato: Mason e quelli che come lui vogliono giustizia sia fatta possono ancora sperare che il sistema non sia (ancora) talmente corrotto da ignorarli. Questo piccolo scarto di prospettiva riesce a solleticare l’intelligenza dello spettatore, il quale si trova ancora una volta di fronte a un prodotto confezionato con enorme competenza estetica.

A livello di scenografie, costumi, fotografia e musiche suadenti – in particolar modo le note che rimandano al noir classico sono adoperate con lodevole contrappunto – Perry Mason conferma quanto la HBO sia un gradino sopra a tutti se si tratta di potenza visiva della messa in scena. Insomma, in questa Los Angeles il nichilismo di Dashiell Hammett, Raymond Chandler e del loro velenoso “discepolo” James Ellroy sembra essersi preso un momento di pausa, lasciando all’avvocato la possibilità di credere ancora che la giustizia possa prevalere.

Pur messa in piedi proponendo un evidente sforzo produttivo, Perry Mason continua a non essere uno show che “espone” la dimensione e gli sfarzi del proprio budget. Al contrario lavora sulla psicologia dello spettatore proponendogli uno spettacolo finemente orchestrato, il quale rispetta e rinforza le regole di un genere antico e ancora affascinante come il noir losangelino. Una seconda stagione che propone piccole ma significative variazioni rendendo il valore complessivo della serie se possibile ancor più elevato. Sotto più di un aspetto, un’operazione davvero notevole.

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