American Horror Story 9
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Emma Roberts era impegnata con le riprese di American Horror Story: Freak Show quando Ryan Murphy la contattò per dirle che stava lavorando a una nuova serie tv e che, per il ruolo della protagonista, aveva pensato a lei. L’attrice ammette di essere tesa per questo nuovo progetto, ma è pronta a passare sotto i riflettori.

 
 

Che cosa ti ha convinto ad accettare questo ruolo?
Amo quei film, come Schegge di follia, Amiche cattive e Mean Girls, che esplorano le dinamiche liceali femminili. È da tanto che non vedo un bel film o una serie tv su questo argomento. Quando ho letto il copione, sono rimasta piacevolmente colpita da come sono delineati i personaggi, il modo in cui parlano è davvero unico e stilizzato. Già sulla pagina questa serie ha un certo stile.

Come ti sei sentita quando hai saputo che eri la prima scelta per la protagonista?
Ero molto spaventata. Tutti mi dicevano che avevano pensato subito a me, mentre io cercavo di ridimensionare la cosa, perché iniziavo a sentire una certa pressione. Ero davvero entusiasta all’idea di lavorare con Ryan Murphy e Jamie Lee Curtis. Credo che le cose cominciano a peggiorare quando inizi a pensare alla pressione e a preoccuparti troppo di ciò che gli altri penseranno. Mi piace vivere nella mia piccola bolla di Scream Queens e interpretare il personaggio come mi piacerebbe vederlo.

In che modo hai lavorato con Ryan sul tuo personaggio?
Ryan aveva già pensato a tutto. Un giorno mi mandò un messaggio scrivendomi il nome del personaggio: “Chanel Oberlin”. Adoro i messaggi enigmatici da parte di Ryan! E quando ho letto la sceneggiatura, ho scoperto che è un personaggio molto divertente, perché lei crede di essere straordinaria. Nessuno le dice mai di no. È la presidentessa dell’associazione studentesca femminile. È la regina. Ed è anche molto spudorata ma, oltre questa facciata, scopri che allo stesso tempo ha un pessimo rapporto con il suo ragazzo, e questo è il suo punto debole. Credo che Ryan sia davvero in gamba nel delineare i suoi personaggi, che hanno delle caratteristiche molto appariscenti, ma che poi rivelano tante sfumature. Nessuno è quello che sembra.

Qual è la sfida più grande nell’interpretarla?
La cosa più difficile è renderla simpatica. Dice cose assurde e folli ed è stato difficile renderle divertenti e non offensive. Devo giustificarla e apprezzarla, trovando caratteristiche che compensino questo suo modo di essere. Altrimenti gli spettatori la odieranno.

Questa è la terza volta che lavori con Ryan Murphy. Quanto è importante il vostro rapporto?
Conosco Ryan da sempre. È un grande amico di mia zia. Quando mi ha scelto per American Horror Story, ero così grata per quell’opportunità, perché in quel periodo della mia carriera non sembravo troppo matura né troppo giovane. In genere non pensano a me per progetti dark, ma per ruoli da brava ragazza, mentre lui mi affidò la parte di Madison Montgomery nella terza stagione di American Horror Story senza farmi fare un’audizione, né ponendomi delle domande. Penso che sia un genio nello scegliere le persone giuste per determinati ruoli, offrendo l’opportunità di fare qualcosa di diverso.

Secondo te, qual è il messaggio di questa serie?
La cosa che adoro di questa serie è che si avverte implicitamente il “girl power”. In quanto donna, è una cosa molto importante per me. A volte il modo in cui parliamo nella serie è orribile. Ma alla fine, come vi accorgerete nell’ultima parte della stagione, ci prendiamo cura l’una dell’altra e siamo pronte a sostenerci a vicenda. Chanel può dirti che sei una stronza ma, quando le cose si mettono male, è pronta a fare di tutto per salvarti, ed è questo che adoro. Devono trovare un modo per restare unite e respingere ciò che le spaventa.

Vivete tutte insieme a New Orleans. Com’è il rapporto fra voi del cast?
Ci siamo ritrovate tutte a New Orleans ed è come se avessimo una nostra associazione femminile all’interno di questa finta associazione studentesca femminile con tante personalità diverse. Diciamo sempre che è come se fossimo in un’altra serie completamente diversa da quella che stiamo girando. Sono davvero felice che stiamo girando la serie a New Orleans, perché in questo modo siamo più vicine e ci prendiamo cura l’una dell’altra. Quando lavori ad altre serie tv, c’è il tipico ritmo di lavoro di giorni e orari ben stabiliti e poi torni alla tua vita. Siamo diventati tutti amici e ci frequentiamo anche dopo il lavoro, e questo rende l’esperienza ancora più speciale. Abigail è venuta a dormire a casa mia la scorsa settimana. Billie Lourd e io viviamo letteralmente a un isolato di distanza. Alcune sere avevo paura, la chiamavo e dicevo: “Mi trovo nel garage e sto tornando al mio appartamento. Mi tieni compagnia al telefono?”. È bello avere delle amiche che si trovano sulla stessa barca.

Cos’hai imparato da Jamie Lee Curtis?
Quando ho letto la sceneggiatura, ho pensato: “Sarà straordinaria in questo ruolo”. Non ci eravamo mai incontrate prima delle riprese così, quando ci siamo conosciute, sono rimasta piacevolmente sorpresa da quanto sia divertente. Fa morire dalle risate. Controlla sempre che tutti siano sul set. La osservo in continuazione, non tanto come attrice, ma come persona.

In che modo ti ha cambiato questa esperienza?
Non ho mai lavorato così tanto prima d’ora. Ho imparato a concentrarmi davvero sul lavoro. Con American Horror Story lavoravo solo alcuni giorni a settimana. In questa serie ho dato tutta me stessa. Ho cercato di imparare a vivere il presente sul lavoro. Un giorno andai da Lea (Michele) e le dissi: “Non riesco a memorizzare questa cosa e sto impazzendo. Non so che fare. Come facevi in Glee?”. E lei rispose: “Ce la farai e andrà alla grande. Non sbagli mai. Vai a casa, fatti un bagno. Leggi il copione e riposa, vedrai che domani farai un ottimo lavoro”. Il sostegno generale rende le cose più semplici. Il giorno seguente mi disse: “Hai visto? Non hai sbagliato neanche una volta”.

E devo chiederti qualcosa a proposito dei vestiti.
Avere un ampio guardaroba e vestiti vintage Chanel ogni giorno sul lavoro? Direi che c’è di peggio! Terminiamo una giornata di lavoro di dodici ore e mi dicono: “Emma, ti dispiacerebbe fare un fitting?”, e io: “Se mi dispiacerebbe? È tutto il giorno che aspetto questo fitting!”. Alle otto del mattino tutti arrivano sul set e ci sono scene del tipo: “Oh, cos’è questo? È molto carino. E quello? Chi lo ha fatto? Da dove viene? Oh, mi piace un sacco. Oh, oggi sei stupenda!”. Ogni mattina c’è una sfilata di cinque minuti. Tutti hanno messo il proprio nome sui capi che desiderano e non siamo neppure a metà. Per fortuna nessuno porta il mio numero di scarpe.

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