Anita – recensione

Omaggio ai 150 anni dell’Italia, “Anita” è la miniserie in due puntate in onda in prima serata il 16 e il 17 gennaio su Rai1. Indomabile e fiera, Ana Maria de Jesus Ribeiro da Silva nasce nel 1821 nei pressi di Laguna, una cittadina del Sud del Brasile. A 18 anni incontra Giuseppe Garibaldi, che ha lasciato l’Italia cinque anni prima, essendo stato condannato a morte per la sua partecipazione a varie rivolte. Garibaldi è a Laguna per difendere la causa dei “Farrapos”, letteralmente “straccioni” (così erano chiamati i popolani in rivolta contro gli imperiali). Al primo sguardo, Ana Maria sente che è lui l’uomo della sua vita e decide di seguirlo in battaglia, influenzata anche lei dalle idee liberali e anti imperialiste tramandatele dal padre, che perse la vita in battaglia.

Comincia così una storia d’amore che durerà 10 anni, fino alla morte in battaglia di Anita, col quinto figlio ancora in grembo.

Sullo sfondo rivolte e personalità che passeranno alla storia, tra cui Mameli, Bixio, la principessa Cristina di Belgioioso e Mazzini. Anita, divisa tra l’amore per i figli e l’amore per la libertà che si concretizza nella stessa passione per il suo “Josè”, si muove in mondi che le sono sconosciuti, ma che sente subito suoi per l’ardente desiderio di ribellione nei confronti del sistema imperiale. Difficile per noi, oggi, comprendere una figura così particolare: una madre che cede il posto – senza pensarci due volte – al soldato che è in lei. Ma proprio per questa audacia, ella diviene guida ed esempio per tutte le donne stanche di restare a casa a ricamare mentre i loro uomini muoiono per la patria. Dall’altra parte, un Garibaldi inedito, nei panni di padre e compagno, un Garibaldi che combatte affinchè la sua famiglia possa vivere in un mondo migliore, un mondo libero.

I presupposti sembrano ottimi: raccontare più da vicino la storia di un patriota italiano attraverso gli occhi della sua donna, e, ancor di più, raccontare il coraggio di una donna della quale si sa, purtroppo, molto poco. Una difficoltà, quella di aver poche notizie sul personaggio protagonista, che è stata molto discussa in conferenza. Amedeo Minghi, uno degli sceneggiatori e compositore delle musiche, racconta come la storia sia nata da un suo piccolo “pre-soggetto”, inviato alla produttrice Gabriella Buontempo, seguito da affannose ricerche tra libri di storia e testimonianze di discendenti e studiosi. Tutti i fatti raccontati, infatti, sono veri, tiene a precisare il direttore Del Noce. E’ un “genere storico, trattato da genere storico”, dice. E alla domanda sulle difficoltà e i vincoli di dover raccontare una storia vera, il regista, Claudio Bonivento, ribatte che la realtà è spesso un soggetto più interessante di qualsiasi soggetto di fantasia. La Solarino, per la prima volta protagonista di una produzione Rai, si dice orgogliosa e felice di aver finalmente interpretato una donna d’azione come Anita, della quale l’ha colpita la gelosia, l’impulsività, la passionalità e, più di ogni altra cosa, l’universalità dei sentimenti.

Tuttavia, l’Anita che vediamo sullo schermo sembra sì, una donna fedele fino all’estremo al suo uomo, ma niente di più. Anita è “seduta” sul titolo, ma non possiamo fare a meno di chiederci “dov’è?”. Nonostante gli “addetti ai lavori” sostengano fermamente il ruolo chiave e l’influenza politica della donna nella vita del futuro capo della spedizione dei Mille, quella che vediamo non è altro che una donna innamorata. La grande storia d’amore lascia purtroppo ai margini la Storia, quella con la “s” maiuscola. Complice una sceneggiatura che non brilla certo per originalità e che sembra far uso dei codici tipici della commedia romantica, rendendo ancor meno credibile il materiale storico trattato. Brillano su tutte le interpretazioni di Pasotti e della Cavallini, gli unici che riescono a dar spessore all’afflato politico dei personaggi loro affidati.