Black Sails 2: i pirati di Michael Bay tornano a issare le vele

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There’s always a way”. La prima stagione di Black Sails si è chiusa con questa frase del cuoco di bordo John Silver (Luke Arnold). E il modo di arrivare ai nuovi episodi della serie targata Starz e prodotta da Michael Bay si è rivelato decisamente quello giusto. Dopo quasi dieci mesi di attesa, i fan “pirateschi” potranno tornare finalmente a bordo della Walrus del Capitano Flint (Toby Stephens) alla caccia del più grande e ricco galeone spagnolo di tutti i tempi: l’Urca de Lima.

black-sails-2-posterDopo otto episodi avvincenti e ben strutturati, gli spettatori hanno avuto modo di apprezzare una costruzione narrativo-psicologica della figura dei pirati senza dubbio “innovativa”, nei termini della presa di distanze da quell’inflazionato immaginario creato dalla serie Pirati dei Caraibi. Partito in sordina ma poi varato a gonfie vele (il termine marinaresco ci sta tutto), Black Sails si è rivelato un ottimo prodotto televisivo, mescolando – senza esagerare, a dire il vero – il classico stile sangue&sesso della Starz con una tendenza all’approfondimento psicologico dei personaggi, chiuso volutamente da qualche “buco” narrativo che aumenta la “fascinazione”. Eppure ad alcuni spettatori i frequenti stalli dell’azione e dello spettacolo a vantaggio del suddetto focus sui personaggi sono apparsi alquanto scostanti. In altre parole la mano di Michael Bay si è vista meno di quanto ci si aspettava all’inizio. Benché ciò possa apparire come un limite o la classica occasione sprecata, bisogna osservare che a trarne vantaggio sono la coerenza della rappresentazione e la suspense, elemento fondamentale nei prodotti televisivi seriali contemporanei. E in special modo se si parla di pirati e di una caccia al tesoro. Per costruire il prequel di una vicenda così celebre come quella narrata da Louis Stevenson ne L’Isola del tesoro, occorreva combinare al meglio fiction e Storia. Il periodo storico di riferimento è chiaro eppure sotterraneo, leggibile solo a tratti: la fine dell’età d’oro della pirateria. Una sfida non affatto semplice che gli autori hanno superato, prendendo a riferimento la vicenda dell’Urca de Lima, un vascello spagnolo realmente esistito che nel 1715 venne affondato da una tempesta e si arenò al largo di Fort Pierce, in Florida.

black-sails-2-4Il punto di forza più evidente dello show sono i personaggi e, di conseguenza, gli attori. In particolare Toby Stephens è stato praticamente perfetto nel restituire la dimensione del capitano tormentato, perennemente in balia dell’ambizione e dell’amore nei confronti della tenebrosa Miranda Barlow (Louise Barnes).
L’ambizione di Flint non risolve ancora la sua ambiguità, eppure è tanto radicata da condurlo al rischio più estremo senza indecisioni. Nazione di pirati, la sua amata Barlow oppure “semplice” fame di tesori? Poco importa alla fine, perché chiunque vi si ponga d’intralcio non ha altro destino se non morire. Lo ha capito suo malgrado il fido e onesto Gates (Mark Ryan). E lo ha capito ancora meglio John Silver, che grazie alla sua proverbiale scaltrezza asseconda e addirittura sposa appieno gli interessi del Capitano, fino a salvarlo dal linciaggio della ciurma. Dall’altro lato c’è un altro capitano, decaduto, malvagio e pronto a risorgere dalle ceneri del suo stesso passato, che cela più segreti di quanti se ne riescano a immaginare: Charles Vane (Zach McGowan). La sua parabola è una delle più belle e convincenti dello show, un mix tormentato e affascinate di crudeltà, lealtà, furbizia e passato tenebroso. Senza dimenticare il tema amoroso, incarnato dalla passione travolgente nei confronti di Eleanor Guthrie (Hannah New).

black-sails-2-2Un mix “romantico” di amore e odio, riavvicinamento e contrasto, “incasinato” da mille altri espedienti: dalle ambizioni commerciali al potere, dal controllo alla fama, alla ricchezza. E – tanto per non farsi mancare nulla – un altro elemento passionale: l’attrazione “lesbo-spirituale” nei confronti della prostituta Max (Jessica Parker Kennedy), i cui alti e bassi vertiginosi costituiscono un elemento di forte pathos all’interno della narrazione. Senza dimenticare Rackham (Toby Schmitz) e Anne Bony (Clara Paget), coppia di criminali senza scrupoli, affiatata al punto da “spartirsi” le qualità del “super pirata”: la macchinazione e la scaltrezza nel primo, la forza e il sangue freddo nella seconda. Ma la violenza mostrata da Black Sails è tutt’altro che efferata, ma anzi sempre a servizio della storia e dell’evoluzione dei personaggi. Ne è un fulgido esempio il contabile di bordo Dufresne (Jannes Eiselen), costretto a partecipare a un arrembaggio per la prima volta. Il terrore che lo assale viene spento da Billy Bones (Tom Hopper), al punto che a fine scontro la sua faccia sarà completamente ricoperta del sangue di un avversario. Uno dei grandi interrogativi della seconda stagione riguarda proprio il personaggio di Billy: che fine ha fatto? È ancora vivo?

black-sails-2-5È difficile stabilire quale interprete sia stato più “bravo” e capace di restituire al pubblico la dimensione multiforme del rispettivo personaggio. E forse è proprio questa la qualità più evidente e insieme “sotterranea” del film: la capacità di coniugare in maniera (a dir poco) piacevole le grandi interpretazioni individuali a un meccanismo collettivo organico ed esaltante. Nessuno ruba la scena a nessuno, nonostante la story line privilegiata sembri essere quella di Flint. Tutti si muovono, ognuno con la sua motivazione e i suoi obiettivi, ognuno con la sua missione. Ma c’è un grande, pericoloso ostacolo in comune: il mare. E con esso, la legge e la morte. C’è un tesoro da rincorrere, a qualunque costo. Con la consapevolezza che, in fondo, “c’è sempre un modo”, anche quando la mappa è in mano di un semplice cuoco di bordo…