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Siamo in vena di ritorni e nuovi arrivi a Storybrooke.
August, ritornato un burattino, si nasconde nel mezzo della foresta, disgustato da se stesso, ma con qualche barlume di speranza ancora acceso. Pinocchio, però, non è il solo ad avere qualche problema ad accettarsi: anche Mary Margaret, dopo aver offerto la sua vita a Regina che l’ha crudelmente risparmiata, tenta di reagire al tremendo senso di colpa che la attanaglia.
Intanto, Neal, stabilitosi a Storybrooke, porta con sé la fidanzata, apparentemente ignara della doppia identità del figlio di Tremotino.
Con l’arrivo di un nuovo personaggio, si innesca un ritorno alla struttura tipica di C’era una volta, che prima si giocava su continui flashback tra il mondo reale e quello delle fiabe, mentre ora si gioca tutto solo sulla dimensione reale, che nel corso di questa seconda stagione i creatori hanno arricchito di dettagli posticci e palesemente “tappabuchi”.
Torniamo nel passato di Neal e di August: i due bambini strappati al mondo delle fiabe, consapevoli della propria identità e costretti a nasconderla ad un mondo che non conoscevano, ma nel quale erano, per forza di cose, intrappolati.
2X18A pensarci, il fatto che loro fossero i primi personaggi del mondo delle fiabe ad agire attivamente nel mondo che tutti conosciamo, fa pensare che le loro decisioni, essendo  anche le prime, abbiano potuto avere conseguenze che si fanno ancora sentire sul presente e delle quali loro stessi, evidentemente incapaci di controllarle, sembrano essere delle vittime.
In questa seconda stagione, il mondo reale ora sembra davvero prendersi a pugni col mondo incantato di Storybrooke e con l’incapacità dei suoi abitanti di stare al passo, nonostante la magia. La piccola cittadina va inarrestabilmente verso il baratro, insieme all’andazzo della serie stessa, che sembra sempre più incoerente e campata in aria e che si sta avviando verso la discutibile scelta del deus ex machina con sempre più chiarezza.
Mancano ancora quattro episodi, il colpo di scena sembra impossibile… senza crederci troppo, speriamo sempre, che male non fa.

 
 
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