Game of Thrones 5x10
Foto di HELEN SLOAN, per concessione di HBO.
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Un’esplosione, una bomba che esplode lasciando intorno il nulla, la devastazione più totale. Mother’s Mercy, Game of Thrones 5×10, è più potente di The Watchers on the Wall (4×09), più dolorosa di Baelor (1×09), più sanguinosa e violenta di Rains of Castamere (3×09) e sicuramente è destinata a diventare uno dei finali di stagione migliori di sempre per la serie HBO che conclude in gloria un quinto ciclo per moltissimi versi sottotono.

 
 

Si replica il finale sanguinolento della quarta stagione, con un considerevole numero di morti (o almeno così sembra) eccellenti e tutti i fili narrativi condotti a un punto di svolta, conclusivo in alcuni casi, in altri aperto a un capitolo completamente nuovo.

Game of Thrones 5×10 4L’episodio, diretto da David Nutter, ha la cifra stilistica episodica di quasi tutte le altre puntate della serie, con l’eccezione che, mentre in alcuni casi qualche sub-plot veniva trascurato, qui vediamo all’opera tutti i protagonisti, ognuno intento ad agire, nel bene e nel male, per perseguire il proprio obbiettivo. A Meereen, Tyrion (Peter Dinklage), Jorah (Iain Glen)e Daario (Michiel Huisman) si trovano a gestire una situazione nuova, dopo la folle fuga di Daenerys (Emilia Clarke) a cavallo di Drogon, mentre, sulla Barriera, Jon (Kit Harington) scoprirà che è molto difficile governare i Guardiani della Notte senza il consenso delle sue azioni. Jamie Lannister (Nikolaj Coster-Waldau) riesce a esaudire il desiderio della sorella Cersei (Lena Headey), partendo alla volta di Approdo del Re con Trystane (Toby Sebastian) e Myrcella (Aimee Richardson), intanto, a Braavos, Arya (Maisie Williams) è un passo più vicina al raggiungimento del suo obbiettivo. E mentre Sansa decide di non voler più essere una vittima del folle Ramsay (Iwan Rheon), Stannis (Stephen Dillane) si prepara alla battaglia, incontrando qualcuno con cui non avrebbe mai immaginato di incrociare le spade. Nella capitale, l’orgogliosa Cersei trae beneficio dalla “pietà della Madre”.

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Foto di HELEN SLOAN, per concessione di HBO.

Se tutti i personaggi vengono tirati in ballo e il minutaggio dell’episodio oscilla sempre intorno ai 50 minuti, è chiaro che non tutti i personaggi hanno lo stesso spazio, ma è altrettanto chiaro e doveroso (dopo diverse puntate “riempitivo”) che, per un finale di stagione, in ogni sequenza accade effettivamente qualcosa di molto importante e significativo per lo sviluppo delle storie. Anche in questo episodio c’è un pizzico di sadismo ingiustificato contro le donne e contro il genere umano in generale, ma Westeros (e Essos) non fa prigionieri, per cui tutti devono essere succubi in qualche modo del volere degli uomini, sempre più ciechi e folli.

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Foto di HELEN SLOAN, per concessione di HBO.

La quinta stagione di Game of Thrones è stata, a tutti gli effetti, importante per il lettori della saga di Martin, in quanto da questo momento in avanti tutti, indiscriminatamente, saremo alle prese con l’ignoto e tutti verremo catapultati nel mondo buio della mente dello scrittore attraverso il filtro di David Benioff e D.B. Weiss. Sarebbe dovuto essere già chiaro, ma questo quinto ciclo ci ha dettato, in maniera cristallina, la crudeltà del mondo di Martin, più di ogni altra stagione: che siano bambini, donne, uomini, buoni o cattivi, innocenti o colpevoli, per ognuno c’è un prezzo da pagare, e questo forse rende la serie (e la saga) così straordinariamente popolare e interessante. Per quanto a tutti piaccia il lietofine, nella vita, così come nella storia che ci viene raccontata, questo non esiste.

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