Catch-22
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È targata Sky la prima serie tv diretta da George Clooney, insieme a Grant Heslov e Ellen Kuras, dal titolo Catch 22, trasposizione dell’omonimo romanzo del 1961 di Joseph Heller. La storia racconta l’esperienza dell’assurdità della guerra attraverso lo sguardo di un aviatore e del suo gruppo di compagni d’armi. Ad interpretare il protagonista è Christopher Abbott e nel cast, oltre ovviamente a George Clooney, ci sono Hugh Laurie (Dr. House), Giancarlo Giannini, Kyle Chandler, Tessa Ferrer e Valentina Bellè.

 
 

La prima domanda viene posta al vicepresidente esecutivo di Sky Italia, Nicola Maccanico, a cui viene chiesto quanto ci sia di italiano in questo nuovo progetto artistico: “Sky basa le proprie scelte fondamentalmente su due concetti: il valore delle storie e l’affinità col nostro territorio. Dunque è inevitabile riscontrare che in questo caso ci siano entrambi gli elementi. Sono molto grato per quanto si respiri un’aria italiana in tutta la serie. Oltretutto il romanzo di Heller, nonostante sia di quasi sessant’anni fa, è estremamente attuale”.

La parola poi passa subito a George Clooney che racconta quanto sia stato importante per lui misurarsi con questo tipo di storia: “È stato molto significativo per me, perché il libro di Joseph Heller negli Stati Uniti è considerato un caposaldo della letteratura, è ricco di materiale su cui riflettere e lavorare. Si tratta di una satira sulla guerra, della sua insensatezza e diplomazia apparente. Da questo punto di vista, gli sceneggiatori sono riusciti perfettamente nel loro intento, sottolineando molto questo aspetto. Il sistema può essere combattuto, ma non è facile sconfiggerlo, e trovo che la televisione permetta un tipo di narrazione che approfondisce meglio i personaggi”. La questione viene confermata dagli altri due registi, in particolare da Grant Heslov: “Raccontare Catch 22 in un momento politico come quello di oggi, è la cosa migliore che si potesse fare”.

I toni volgono quindi sullo scanzonato, facendo intervenire il protagonista Christopher Abbott sul tentativo ricorrente del suo personaggio di guadagnarsi il concedo simulando dolori lancinanti al fegato: “Il mio fegato sta bene, anche se negli ultimi giorni in Italia un po’ meno, tra il vino e le grandi quantità di buon cibo! Lavorare qui mi è piaciuto proprio un sacco perché si fa tutto piano piano. Adoro impegnarmi sodo in quello che faccio, ma mi piace soprattutto rilassarmi, e qui ci sono riuscito benissimo! Ad ogni modo, scherzi a parte, lavorare con un cast di questa portata è stato vivere un sogno ad occhi aperti. Costruire il mio personaggio è stato complesso, ma la sceneggiatura era scritta talmente bene che c’era tutto ciò che mi serviva, soprattutto la sua evoluzione verso una follia che prima era simulata e poi, forse, inizia a diventare reale a causa degli orrori a cui assiste”.

A proposito di questo, Giancarlo Giannini racconta la sua esperienza nell’essere stato diretto da Clooney: “Io interpreto Marcello, il direttore di un bordello che prende molto in giro gli americani, e mi ha divertito tantissimo interpretarlo. Ho fatto praticamente un cameo, quasi come il personaggio di George: dopotutto il grandi fanno solo camei! Clooney come regista è perfetto perché non dice praticamente nulla e ti assiste in tutto ciò di cui hai bisogno! Spero che diventi presidente USA così da arruffianarlo e farmi raccomandare”.

E a quel punto interviene Clooney: “Quando siamo arrivati in Sardegna, Giancarlo è stato accolto come un re: lo salutavano e lo acclamavano tutti. È lui la vera star! Comunque se c’è una cosa di cui sono sicuro è che la politica non faccia proprio per me. Ho altri talenti e non sono fatto per scendere a compromessi. Il mio ruolo è stato terapeutico per me, a partire da nome nel mio personaggio (Tenente Scheisskopf). Gridare a tutti la pazzia di vivere prove di questo genere ha rappresentato la cosa più importante, che è ciò che amo del mio lavoro”.

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