Helden – recensione

helden

È stato presentato ieri al Roma Fiction Fest il tv-movie Helden di Hansjörg Thurn. Prodotto da Dreamtool Entertainment (Codice Carlo Magno) e da EPO Film per RTL, il lungometraggio ha raggiunto un budget così elevato da fargli guadagnare il titolo di film più costoso della televisione tedesca degli ultimi anni.

Helden è ambientato tra la Germania e la Svizzera di un ipotetico ‘presente’. Alcuni scienziati del Cern impegnati nella ricreazione in miniatura del Big Bang, grazie all’Acceleratore di Particelle LHC, causano involontariamente un buco nero. Il suo forte campo gravitazionale comincia a creare situazioni sempre più pericolose a livello geofisico: dal crollo delle linee di comunicazione al dislocamento delle placche terrestri. In questa cornice dai risvolti apocalittici, si muovono diversi personaggi, ciascuno con i propri problemi familiari o lavorativi. Un padre che cerca di salvare la figlia imprigionata nelle macerie del Cern, una scienziata sottovalutata che sa come salvare il mondo, un adolescente, genio dell’informatica e criminale, che aiuta la scienziata.

helden-Le intenzioni dei produttori e del regista di realizzare un disaster movie dai toni epici e dalla trama elaborata sono evidenti fin dai primi minuti, proprio come il loro fallimento. Della storia la parte più credibile e realistica è la creazione di un buco nero al CERN, mentre tutto ciò che avviene prima o dopo manca di coerenza e accuratezza. I personaggi e le loro vicende, descritti in maniera superficiale, affollano la linea temporale della storia senza suscitare aspettative nel pubblico e le interpretazioni, poco convincenti e forse mal dirette dal regista, non aiutano a rendere la visione più piacevole. La sceneggiatura (Derek Meister e Simon X. Rost) sembra essere il vero buco nero, perché è riuscita a inghiottire tutti gli stereotipi e i luoghi comuni del genere d‘azione-drammatico, portando a volte all’inverosimile dialoghi e situazioni. Mentre da una parte il montaggio (Moune Barius) manca lì dove servirebbe a creare suspense o almeno facilitare la visione, dall’altra la musica è sempre presente. Sono momenti rari e preziosi quelli in cui i personaggi agiscono senza la superba e invadente colonna sonora di Johannes Vogel, i cui climax sono spesso sciolti da quelli in sceneggiatura. Si salvano gli effetti visivi relativi ai cambiamenti geofisici.

Ciò che rovina alle fondamenta il prodotto, nato da un’idea di Stefan Raiser, è la matrice hollywoodiana a cui fa costante riferimento, pur volendo raccontare una storia nazionale. Un vero peccato se pensiamo che con un budget minimo di 4 mln di euro c’erano i mezzi per ottenere un prodotto di qualità quantomeno sufficiente.