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Ray (Liev Schreiber) si ritrova a dover affrontare da solo l’emergenza dell’agente Van Miller (Frank Whaley) del FBI, dopo aver indagato sul suo conto, decide di minacciarlo con Avi senza consultarsi con nessuno, dato che Erza (Elliott Gould) dovrà sottoporsi a un intervento di asportazione del tumore al cervello. Nel mentre Abby (Paula Malcomson) è decisa a scoprire di più sulla seconda vita di Ray e a stuzzicarlo continuando a frequentare suo padre Mickey insieme ai ragazzi.

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La sesta puntata di Ray Donovan introduce poche novità nello scenario, ma la famiglia e le loro dinamiche rimangono il tema portante. Dopo la piccola parentesi lavorativa con il giocatore del NBA, dove assistiamo agli ormai noti comportamenti al limite della legge, violenti e grezzi di Ray. Si segue la preparazione a un lento scenario in cui verranno messi in evidenzia gli attriti che legano Mickey-Erza-Ray e che trovano la sua soluzione nell’ultimo dialogo tra questi ultimi “Dobbiamo ucciderlo” – “Non è così semplice è pur sempre mio padre” – “Quindi chi è che lo odia più di noi due?
Per arrivare a questo la puntata ci mostra, le contrastanti emozioni che Ray nutre nei confronti del suo padre “adottivo” Erza e quello biologico Mickey. Nel primo caso abbiamo sempre visto un Erza molto lunatico, affetto da quelli che erano i primi sintomi del tumore e per cui una sorta di fragilità che l’uomo ha acquisito e che in Ray suscita sentimenti di protezione e assistenza continua, come dimostra la scena del dog-sitter. Nel secondo caso siamo sempre stati abituati a vedere un Mickey sregolato e meditabondo su come far pagare coloro che lo hanno mandato in carcere. Ma non sappiamo quali sentimenti lo legano a suo figlio, mentre conosciamo gli impacciati tentativi di riscattarsi con i nipoti. Difatti la massima tensione narrativa riguarda la scena dove Ray tenta di uccidere Mickey dopo una festa degenerata nella nuova casa di Bunchy (Dash Mihok), Ray punta la pistola verso Mickey e lui lo avverte “Ci sono testimoni. Ci sono i tuoi figli” questo insieme alle forti parole di Terry (Eddie Marsan) motivate da una certa dose di determinazione (come non lo si era mai visto) fa ritornare in sé Ray. Egli farà trapelare le sue vere debolezze, la paura di essere un padre assente e la consapevolezza di essere un figlio lacerato da un profondo odio.
Altro filo narrativo significativo è stata l’esplorazione del viaggio allucinogeno di Van Miller, in cui abbiamo conosciuto “la solitudine” maniacale e ossessiva compulsiva di questo personaggio. Che nonostante le velate e persuasive minacce di Ray mostra l’assoluta tempra e volontà di non piegarsi ai suoi modi e suscitando così la “caccia all’uomo” che Van Miller desiderava da tempo.

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Housewarming non contribuisce in modo significativo alla storia né ai personaggi, poiché ormai le puntate precedenti ci hanno costruito un perfetto scenario in cui i protagonisti sanno muoversi. Ma ribadiscono l’assoluta mancanza di etica da parte di tutti quando qualcosa va ad intaccare la loro personale visione del mondo. Ray è certo di non voler ricucire il rapporto con la sua famiglia nonostante i misteriosi traumi che questa ha subito. Una buona puntata a cui però non si riesce a dare la svolta necessaria per sorprendere il pubblico.

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