La nona puntata di Ray Donovan ritorna alla sua struttura “classica”, in cui l’azione e gli imprevisti familiari e lavorativi scandiscono l’universo e la giornata di Ray. Inoltre dal punto di vista narrativo sembra che lo show abbia preso un’altra strada narrativa, portandoci a un esito inaspettato soprattutto per il finale di stagione.
Difatti, la puntata segue tre storie, la prima è nuova e inesplorata e riguarda Sully (James Woods) in viaggio con Catherine e Avi (Steven Bauer) da Boston a Los Angeles. Il viaggio è un modo per conoscere i tre personaggi in una nuova veste e l’unica costante che emerge in ogni sequenza è il mondo in cui Catherine è petulante e assolutamente fuori luogo oltre a non comprendere la delicatezza della situazione. L’arrivo al motel preannuncia il colpo di scena, ossia, il primo e unico sviluppo di un omicidio in tutta la serie. Sully uccide Catherine dopo che con il suo fare ammaliatore costringe la donna a confessare di aver svelato al telefono la loro posizione. L’intera sequenza è uno strangolamento con un guinzaglio e questo lancia un messaggio estremamente simbolico, ossia di come il loro rapporto sia sempre stato di subordinazione e come questa donna si è sempre negata delle possibilità per stare con lui. Eppure questa scena potrebbe collegarsi un po’ a tutte le donne della serie, da Abby (Paula Malcomson) fino a Deb (Denise Crosby), pronte a rinunciare a qualcosa pur di avere accanto questi uomini criminali che danno loro tutto ciò che desiderano.
Un’altro colpo di scena si instaura nel filone narrativo di Mickey (John Voight), egli deve raccogliere informazioni per Van Miller (Frank Whaley). Interessante è il disprezzo e l’insoddisfazione che Mickey nutre nei confronti di Van Miller che si stende dalle prime scene mostrando una lucida premeditazione fino al secondo omicidio. Esce di scena un personaggio che agli occhi dello spettatore non è mai stato credibile dato la sua poca influenza di ruolo e posizione all’interno del FBI nonché la sua vulnerabilità. L’agente doveva essere il tassello decisivo per incastrare Ray, Erza e Lee ma ha solo sottolineato il sottile meccanismo, in stile I Soprano, in cui i giochi di potere e di protezione non posso avvenire al di fuori della cerchia dei Donovan.
L’ultima vicenda narrativa è quella di Ray (Liev Schreiber), che fa da portante nel collegare il viaggio di Sully e le indagini di Mickey. Una puntata in cui Ray torna nel suo ruolo di “avvocato” delle star di Hollywood cercando di evitargli problemi mediatici pagando e minacciando là dove è necessario, ma allo stesso tempo mostrando quanto questa élite sia sempre pronta a imbrogliare il prossimo.
Road Trip, mostra numerose incongruenze nella sceneggiatura di questa serie. L’esplorazione dei personaggi è un bene per i grandi attori della serie, ma è altrettanto facile il modo in cui vengono messi da parte. Abby sembra aver rinunciato a capire il lavoro di Ray, le minacce di Erza nell’uccidere Mickey si sono fermate in un letto di ospedale; Darryl e Bunchy non hanno dato contributi fino ad ora e Terry è sporadico nei suoi interventi tra il fratello e il padre. Anche se sappiamo quando Mickey verrà assassinato, la strada che si è intrapresa per arrivare fino a questo momento è stata piuttosto deviante, ostacolando così, una serie molto interessante.