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xfiles

 
 

Si inserisce a pieno titolo tra le maggiori serie di culto che la tv americana (ma non solo) abbia mai conosciuto negli ultimi 20 anni. Certo anche la sua longevità gli ha permesso di entrare in quella sorta di “Olimpo della fiction” che si potrebbe riservare a produzioni come “Twin Peaks” e poche altre.

Non stupisce dunque che quest’anno il Roma Fiction Fest abbia deciso di dedicare a “X-Files” una mini retrospettiva, celebrando il 20esimo anniversario della serie con un evento-omaggio. Due episodi della 4° e 6° stagione – “Memento Mori” e “Milagro” – scelti dallo sceneggiatore Frank Spotniz, presente in sala con una Masterclass di fine proiezione nella Sala Petrassi dell’Auditorium.

Comic-Con-The-X-Files-20th-Anniversary(2)Una scelta azzeccata, non c’è che dire, dato che le due puntante sembrano esprimere al meglio i leitmotiv attorno ai quali, in fondo, ruotava un po’ tutto il mistery/science/horror drama creato da Chris Carter – ossia, rispettivamente, i complicati rapporti tra gli agenti Fox Mulder e Dana Scully (gli allora trentenni David Duchovny e Gillian Anderson), e l’elemento del sovrannaturale, forse vero “biglietto da visita” dello show. Una fotografia ottima, le musiche cupe firmate da Mark Snow, l’amore per il dettaglio e le interpretazioni asciutte – quasi cinematografiche – dei due attori: ancora oggi, “X-Files” colpisce per l’alta qualità del suo format, di certo superiore a molte (troppe) produzioni che passano quotidianamente sul piccolo schermo.

Lo stesso Spotniz, incalzato dal moderatore dell’evento Marco Spagnoli, non nega l’influenza che le storie di Mulder e Scully ebbero su di lui – <<Dopo un po’ che scrivevo “X-Files” mi resi conto che i protagonisti erano diventati per me quasi più importanti delle persone reali, ne ero ossessionato>>. E racconta di come la sceneggiatura sia sempre stata un suo grande sogno, anche quando, fresco di Università, lavorava come giornalista: <<Sono stato un giornalista per 6 anni, poi ho capito che non amavo questo lavoro abbastanza da farlo per tutta la vita. Così ho lasciato Los Angeles per diventare uno sceneggiatore>>. Poi l’incontro con Carter e l’ingresso nel team di “X-Files” nel ‘94, una collaborazione a tutto tondo che vide Spotniz non solo coinvolto nella stesura dei testi, ma anche creatore delle teorie cospirazioniste che guidano la maggior parte degli episodi. Del resto, afferma Spotniz, quello del cospirazionismo è <<un elemento affascinante all’interno di una serie. Credo che esso spieghi qualcosa dell’umanità>>, anche se lo sceneggiatore si dichiara al pubblico un totale scettico, più vicino al personaggio di Scully che non a quello di Mulder.

X-FilesOggi Spotniz è impegnato per la Cinemax nella serie spin-off “Sam Hunter”, e sta inoltre cimentandosi su una trasposizione del classico di Philip Dick “La svastica sul sole”. Progetti ambiziosi, non c’è che dire, perfettamente in linea con quell’idea del lavoro che contribuì alla fortuna di “X-Files” – <<Ciò che ci ha fatto andare avanti per così tanti anni era il senso di competizione che avevamo con noi stessi, il voler fare sempre meglio >>. Quasi 10 anni di successo ininterrotto, di pubblico come di critica, culminati nel 1998 con l’adattamento filmico della serie (“The X-Files Feature Film”), al quale Carter voleva subito dare un sequel. Ma poi qualcosa andò storto: <<Ci fu una discussione tra Carter e gli Studios, che durò dal 2002 al 2007. Nel 2007 avevano ormai perso fiducia nel progetto, e il budget si era ridotto della metà>>. Il film uscì finalmente nel 2008, con il titolo “The-X Files: I want to believe”, ottenendo però un successo inferiore rispetto al primo.

Sul finire dell’incontro, Spotniz riconosce come la serie abbia aperto la strada a diversi prodotti televisivi di indubbia qualità, dimostrandosi consapevole della <<complessità della tv odierna, che è straordinaria>>. Una tv che, però, <<si rivolge ad un pubblico troppo frammentato, diverso per palinsesti e orari>>, incapace di dare il via a quella <<piacevole conversazione giornaliera su una serie condivisa>> come invece era stata capace di fare “X-Files”. Rimpianto che sembra inevitabile poter condividere.

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Ilaria Tabet
Laureata alla specialistica Dams di RomaTre in "Studi storici, critici e teorici sul cinema e gli audiovisivi", ho frequentato il Master di giornalismo della Fondazione Internazionale Lelio Basso. Successivamente, ho svolto uno stage presso la redazione del quotidiano "Il Riformista" (con il quale collaboro saltuariamente), nel settore cultura e spettacolo. Scrivere è la mia passione, oltre al cinema, mi interesso soprattutto di letteratura, teatro e musica, di cui scrivo anche attraverso il mio blog:  www.proveculturali.wordpress.com. Alcuni dei miei film preferiti: "Hollywood party", "Schindler's list", "Non ci resta che piangere", "Il Postino", "Cyrano de Bergerac", "Amadeus"...ma l'elenco potrebbe andare avanti ancora per molto!