Con A House of Dynamite, Kathryn Bigelow firma uno dei film più tesi e realistici della sua carriera recente. Ambientato in un futuro prossimo, il film racconta i diciotto minuti che seguono il lancio di un missile intercontinentale diretto verso gli Stati Uniti. La Casa Bianca, il Comando Strategico e infine il Presidente stesso sono costretti a prendere decisioni impossibili con informazioni incomplete, in una catena di eventi che mette a nudo la fragilità dei meccanismi di sicurezza globale. Ma quanto di ciò che vediamo nel film può davvero accadere nella realtà? A House of Dynamite (La nostra recensione) non è basato su una storia vera, ma molte delle sue dinamiche – dalle procedure militari al ruolo del “nuclear football” – si fondano su fatti e protocolli autentici.
Potrebbe accadere davvero un attacco nucleare a sorpresa?
La premessa di A House of Dynamite – un missile lanciato da un nemico sconosciuto – è volutamente provocatoria, ma non del tutto impossibile. Esperti come Matthew Bunn, docente alla Harvard Kennedy School e tra i maggiori studiosi di sicurezza nucleare, hanno spiegato che un attacco improvviso è estremamente improbabile, ma teoricamente possibile. Nella realtà, uno scenario del genere nascerebbe quasi sempre da una escalation graduale di tensioni militari, non da un gesto isolato. Le probabilità che una singola testata venga lanciata in modo autonomo – come suggerisce il film – sono minime, ma l’elemento realistico è il panico istituzionale che ne deriverebbe: nessun governo sarebbe preparato a reagire in modo perfettamente razionale in così poco tempo. In questo senso, Bigelow e lo sceneggiatore Noah Oppenheim non raccontano la Storia, ma la psicologia del potere sotto minaccia.
Il sistema di difesa missilistico americano esiste davvero
Uno degli elementi più realistici del film è il sistema di difesa antimissile situato a Fort Greely, in Alaska, mostrato durante le sequenze di lancio degli intercettori. Quella base esiste realmente e ospita i cosiddetti Ground-Based Interceptors (GBI), progettati per colpire in volo eventuali missili balistici diretti verso il territorio statunitense. Nella realtà, il sistema è operativo ma tutt’altro che infallibile: la percentuale di successo dei test si aggira poco sopra il 50%, proprio come sottolinea uno dei personaggi del film. Anche la dinamica del fallimento – il primo intercettore che non si separa correttamente, il secondo che manca l’obiettivo – è basata su scenari documentati. In questo senso, A House of Dynamite restituisce con estrema accuratezza la fallibilità della tecnologia militare e il terrore che nasce dal dover decidere in un sistema imperfetto.
Il “nuclear football”: mito da film o realtà concreta?
Nel terzo atto del film, il Presidente degli Stati Uniti (interpretato da Idris Elba) riceve la valigetta con i codici nucleari, la celebre “nuclear football” che accompagna ogni capo di Stato ovunque si trovi. Questo dettaglio è totalmente reale. La valigetta esiste e viene portata da un ufficiale scelto che segue il Presidente in ogni spostamento, 24 ore su 24. Al suo interno si trovano i codici di autorizzazione e i piani di risposta in caso di attacco. L’uso di questo oggetto, già visto in numerosi film politici e militari, è qui rappresentato con una fedeltà quasi documentaria: l’ufficiale che legge le opzioni denominate “rare”, “medium” e “well done” serve a sottolineare l’assurdità di una procedura tanto burocratica quanto potenzialmente apocalittica. Bigelow mostra l’uomo più potente del mondo ridotto a un semplice ingranaggio, costretto a scegliere tra la distruzione e la passività, in un paradosso morale che richiama i dilemmi reali della deterrenza nucleare contemporanea.
L’attendibilità scientifica e politica del film
Gran parte della precisione di A House of Dynamite deriva dal lavoro di Noah Oppenheim, già autore e produttore di Zero Day e Jackie. Oppenheim, ex presidente di NBC News, ha avuto accesso a fonti dirette all’interno del governo e ha studiato per anni le catene di comando e comunicazione in caso di emergenza nazionale. La struttura narrativa del film — divisa in tre prospettive temporali che convergono nello stesso momento — riflette le reali procedure di coordinamento tra il Comando Strategico (STRATCOM), la Casa Bianca e la difesa aerea. I dialoghi caotici su linee video, le interferenze, i problemi di connessione e le interazioni a distanza non sono invenzioni sceniche ma rappresentazioni realistiche del modo in cui il potere moderno comunica in tempi di crisi. È in questa verosimiglianza tecnologica e comportamentale che il film trova la sua forza e il suo orrore: più che mostrare la guerra, mostra la confusione di chi dovrebbe impedirla.
Un film verosimile, ma non una “storia vera”
In conclusione, A House of Dynamite non racconta un fatto realmente accaduto, ma costruisce un racconto verosimile basato su fatti e procedure autentiche. L’attacco missilistico è frutto di fantasia, ma tutto ciò che ruota intorno ad esso – dalla catena di comando alle decisioni politiche, fino alla fallibilità umana – è costruito su solide basi reali. Kathryn Bigelow usa la minaccia nucleare come specchio della nostra epoca: un mondo che ha costruito la propria sicurezza su un equilibrio fragile, una “casa piena di dinamite” pronta a esplodere per errore, paura o orgoglio. Il film non ci chiede di credere che la storia sia accaduta, ma di riconoscere quanto poco ci separa dal renderla possibile.
