A House of Dynamite: potrebbe davvero accadere? Un esperto militare svela quanto c’è di realistico nel film di Kathryn Bigelow

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Con A House of Dynamite, Kathryn Bigelow continua a esplorare la linea sottile tra fiction e verità documentaria. Dopo The Hurt Locker e Zero Dark Thirty, la regista torna a indagare il potere, la paura e la macchina militare americana con il rigore di un’inchiesta giornalistica. Ambientato in un arco temporale di appena diciotto minuti, il film immagina uno scenario drammatico: un missile nucleare viene lanciato contro gli Stati Uniti da un nemico sconosciuto, e le più alte cariche del governo devono decidere come reagire. La tensione del racconto deriva dalla consapevolezza che tutto ciò — per quanto cinematografico — non è poi così lontano dal possibile. Lo conferma Dan Karbler, ex ufficiale dell’esercito statunitense e consulente tecnico del film, già capo di stato maggiore dello US STRATCOM (United States Strategic Command), che ha contribuito a rendere l’opera di Bigelow credibile fino al dettaglio più minuto.

Dalla finzione alla simulazione: quanto è realistico A House of Dynamite

Secondo Karbler, il film restituisce con grande accuratezza i meccanismi che regolano la risposta nucleare americana. “Ogni anno vengono eseguite quasi 400 esercitazioni tra il Pentagono, STRATCOM e i vari comandi di combattimento”, spiega l’esperto. “Nella realtà, nessun presidente ha mai simulato un attacco, ma tutti vengono informati sulla ‘nuclear football’, la valigetta con i codici di lancio.” Bigelow e lo sceneggiatore Noah Oppenheim hanno costruito la trama a partire da questa routine di esercitazioni e protocolli, ponendo però l’accento su ciò che nei manuali non compare: la componente umana. “Il film cattura ciò che nessuna simulazione può replicare: la reazione emotiva, il caos, la vulnerabilità dei singoli,” afferma Karbler. In questo senso, A House of Dynamite (La nostra recensione) è tanto un film sulla guerra quanto un dramma sulla psicologia del potere, dove l’imprevisto diventa la vera minaccia.

STRATCOM e la catena di comando nucleare

Idris Elba in A House of Dynamite
©Netflix

Gran parte del realismo del film deriva dalla rappresentazione dello STRATCOM, il Comando Strategico americano con sede a Offutt Air Force Base, Nebraska, da cui vengono pianificate e coordinate tutte le operazioni nucleari degli Stati Uniti. Bigelow, accompagnata dal produttore Greg Shapiro e dallo scenografo Jeremy Hindle, ha potuto visitare realmente i livelli sotterranei del quartier generale, ricevendo un briefing tecnico sul funzionamento dei sistemi di difesa. Karbler, che ha guidato la visita, racconta che la regista rimase colpita dalla complessità del luogo e dal linguaggio ipertecnico degli operatori. Da quell’esperienza è nata l’idea di ricreare sul set il “battle deck”, la sala operativa sotterranea dove vengono gestite le crisi missilistiche. “Nel film,” spiega Karbler, “si vedono i battlegrams, fogli di comunicazione che circolano tra gli ufficiali come appunti segreti in un’aula scolastica. È un dettaglio assolutamente autentico: così ci scambiamo le informazioni in tempo reale.”

Come l’esperto ha guidato gli attori e la regia

A House of Dynamite
Credits Netflix 2025

Il contributo di Karbler non si è limitato alla consulenza tecnica. L’ex ufficiale ha lavorato a stretto contatto con gli attori per garantire autenticità nei gesti, nei dialoghi e nei comportamenti. “Tracy Letts, che interpreta un generale a quattro stelle, non aveva bisogno di molte correzioni,” racconta. “Aveva già quella presenza che comanda una stanza. Con Jared Harris, invece, abbiamo lavorato sui dettagli: come il segretario alla Difesa interagisce con il personale, come guarda i monitor, come gestisce una stanza piena di ufficiali.” Anche il giovane cast del team di Fort Greely, in Alaska, ha ricevuto un addestramento specifico su come muoversi, parlare e reagire come veri militari. “Mi hanno ricordato i miei soldati,” dice Karbler. “Sono stati incredibilmente ricettivi, assorbivano ogni informazione come spugne. Hanno reso il mio lavoro facile.” L’obiettivo era restituire una verità comportamentale, non solo visiva, e Bigelow — nota per la sua precisione maniacale — ha seguito ogni consiglio dell’esperto con attenzione quasi scientifica.

L’incontro che ha convinto Bigelow a inserirlo nel film

Rebecca Ferguson in A House of Dynamite
Foto di Eros Hoagland/NETFLIX – © 2025 Netflix

Curiosamente, la collaborazione tra Bigelow e Karbler è iniziata con un episodio quasi cinematografico. Durante una prima riunione su Zoom con la regista e il team di produzione, l’ex militare decise di “mettere in scena” una simulazione di emergenza. “Ho spento la telecamera e ho detto con tono ufficiale: ‘Questa è una conferenza speciale del Pentagono, classificazione top secret, collegamento attivo con STRATCOM, Nordcom e il Segretario alla Difesa. Raccomando di passare immediatamente alla conferenza di deterrenza strategica. Portate il Presidente nella chiamata.’ Poi ho acceso la videocamera e ho detto: ‘Ecco come inizierebbe il giorno peggiore della storia americana. Spero che il vostro copione gli renda giustizia.’” La reazione di Bigelow fu immediata: “Oh mio Dio, è fantastico. Voglio te nel film.” Così, l’esperto divenne anche interprete, comparendo come se stesso in alcune scene ambientate nei centri di comando.

Il film come detonatore di un dibattito globale

A House of Dynamite film 2025
Foto di Eros Hoagland/NETFLIX – © 2025 Netflix

Oltre all’accuratezza tecnica, A House of Dynamite ha un obiettivo dichiarato: stimolare una discussione pubblica sulla deterrenza nucleare. Karbler, che per sette anni ha lavorato nella pianificazione strategica americana, spera che il film riesca a portare il tema fuori dalle stanze dei cosiddetti “nuclear high priests” — gli specialisti e militari che dominano da decenni il dibattito — e lo renda accessibile a un pubblico più vasto. “Abbiamo sempre provato a spingere il discorso sulla difesa missilistica a livello nazionale,” spiega, “ma non riuscivamo mai a uscire dal linguaggio tecnico. Spero che questo film apra quella conversazione.” Anche Bigelow conferma la stessa intenzione: usare il cinema come mezzo di consapevolezza collettiva, fondendo informazione e tensione drammatica. È una strategia che ha già adottato nei suoi lavori precedenti, ma che qui raggiunge una sintesi perfetta: la realtà come detonatore di un’emozione condivisa.

Il confine tra cinema e verità secondo Bigelow

Jon Zimmer and Kyle Allen in A House of Dynamite (2025)
Foto di Eros Hoagland/NETFLIX – © 2025 Netflix

Come ha dichiarato la regista a Netflix, A House of Dynamite è “un film che fonde intrattenimento e informazione, dove la distinzione tra i due diventa fluida”. Questa frase racchiude l’essenza della sua poetica: il cinema come indagine sul reale. Grazie al lavoro di Oppenheim e alla consulenza di Karbler, Bigelow costruisce un racconto che è insieme un esercizio di tensione e un atto politico. Non ci sono eroi infallibili, ma individui intrappolati in procedure tanto rigide quanto umane. Il film diventa così una rappresentazione inquietante del nostro presente: un mondo in cui la tecnologia promette sicurezza, ma basta un errore, un ritardo o un’incomprensione per scatenare l’apocalisse. In questo senso, la domanda “potrebbe davvero accadere?” non trova una risposta definitiva — ma il solo fatto di porsela è il cuore del film.

Redazione
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