Registra il pienone la presentazione di Qualunquemente, il film che porta al cinema Antonio Albanese porta e uno dei suoi personaggi più noti, il politico calabrese Cetto La Qualunque, del Partitodu Pilu.
Il regista Giulio Manfredonia (Si può fare) dice
del film “Io e Antonio ci conosciamo da molto tempo,” esordisce il
regista, “sapevo che aveva intenzione di realizzare di questo film
da tanto. Pronta la sceneggiatura mi ha chiamato e mi ha proposto
di lavorare assieme: ovviamente ne sono stato contento, non solo
per la possibilità di lavorare assieme, ma perché mi pareva una
sfida interessante. Quello di Qualunquemente è un progetto
innovativo per il nostro cinema: il protagonista è una maschera che
si inserisce nella grande tradizione italiana delle maschere, ma il
film che allude a tanti generi diversi; gioca col surreale e col
paradosso ma ha molti riferimenti con la realtà.”
Albanese da la canto suo: “Con Manfredonia ci conosciamo bene,
lui conosce la mia comicità, la mia corporalità, e siamo stati in
grado di mettere assieme un bel gruppo. Io sono un figlio
dell’immigrazione, sono stato “tatuato” da suo padre e dai suoi
bisogni, dalla sua mentalità. Con Piero Guerrera (co-autore di
Albanese e co-sceneggiatore del film, n.d.R.) sentivamo il bisogno
di raccontare il meridione, il nostro mondo. Il personaggio di
Cetto è nato anni fa, l’abbiamo sviluppato lentamente, nel tempo.
Poi è arrivata l’occasione di questo film.”
Inevitabile poi che si parlasse dei paragoni tra il personaggio di
Cetto e quanto avviene nel film con la cronaca recente e non dei
giorni nostri. “Beh, non è colpa mia se a volte la realtà supera
l’immaginazione,” “D’altronde, u’pilu piace a tutti da decenni. Se
nel frattempo sono rimasto indietro non posso farci nulla. Mentre
scrivevamo, leggendo i giornali ci dicevamo ‘certo, se il film
fosse uscito adesso…’. E abbiamo continuato a ripeterlo a lungo. Ma
siamo sempre stati superati: è il nostro paese. E forse allora
parlo di qualcosa di vero. Noi comici lavoriamo, osserviamo,
studiamo. E cerchiamo di rappresentare il presente, senza
giudicare. Un comico deve trovare sempre il modo per andare avanti:
c’è sempre un modo, da secoli.”
Anche Domenico Procacci e l’ad di Rai Cinema Paolo del Brocco hanno
dovuto ammettere i legami tra la storia del film e quella italiana
di questi giorni (“è stato il marketing 01 a far accadere in questi
giorni tutto quel che ha accaduto,” ha ironizzato del Brocco), per
poi sottolineare come abbiano creduto nel progetto superando i
rischi del passaggio di un personaggio dalla tv (o dal teatro) al
cinema. “Questo è il primo film comico di Fandango,” ha detto
Procacci, “e abbiamo cercato di farlo più ‘film’ possibile, abbiamo
cercato il cinema come in qualsiasi altro progetto. Era un
personaggio “cinematograficamente” rischioso, indipendentemente dai
legami con la politica.”
“Ci siamo chiesti a lungo se far arrivare Cetto al cinema,” ha
proseguito Piero Guerrera. “Il rapporto di Antonio e mio con lui è
ambiguo: lo amiamo e lo vorremmo uccidere al tempo stesso.
Pensavamo non servisse, un film di Cetto, ma invece lui continua a
servire ed essere attuale. Quindi abbiamo lavorato molto sulla
costruzione della storia. Anche con il sud abbiamo un rapporto
ambiguo e conflittuale, e abbiamo cercato di rispecchiarlo.”
“Qualunquemente, per via dello stile di Antonio, mescola senza soluzione di continuità reale e surreale,” ha aggiunto Manfredonia, “e questa mescolanza l’abbiamo riscontrata fin troppe volte anche nella realtà, mentre eravamo in pre-produzione. Io poi vorrei ricordare il grande lavoro di tutto un cast che interpretava personaggi dal raggio d’azione molto limitato, e che si doveva accordare al registro unico e surreale di Antonio: cose davvero non facili.”