Presentato come Evento Speciale alla 35ª edizione del Noir in Festival, il documentario Chi è senza colpa (qui la nostra recensione) esplora le molte forme che il noir assume lungo la nostra penisola, attraversando contesti, linguaggi e sensibilità narrative profondamente diverse. In questa intervista, la sceneggiatrice Katiuscia Magliarisi e il regista Riccardo Alessandri raccontano la genesi del progetto – nato all’interno della Direzione Contenuti Digitali e Transmediali – e il percorso che li ha portati a costruire una vera e propria mappatura del noir italiano, dando voce ad autori, territori e visioni che compongono un genere “non genere”, capace come pochi altri di interrogare le pieghe più oscure della società contemporanea.
Come è è nata l’idea di realizzare un documentario che fa sostanzialmente una mappatura del noir in Italia? Come avete scelto gli scrittori?
Magliarisi: Il documentario nasce perché gli autori di programma di nome Itaca, della Direzione Contenuti Digitali e Transmediali (alla quale rivolgiamo i nostri ringraziamenti per averci dato l’occasione di lavorare con grande libertà), ci hanno chiamato assegnandoci questo progetto, che inizialmente doveva essere uno ma poi sono diventati due uniti insieme. Ne abbiamo in realtà anche un terzo, dedicato alla fantascienza. L’obiettivo era quello di diversificare e dare un ritorno allo spettatore di quelli che sono i diversi noir all’interno di un unico paese. Siamo riusciti ad unire insieme autori che sono molto diversi tra loro, proprio per dare lo specchio della realtà.
Una cosa che salta subito all’occhio è appunto come il noir del nord abbia una sorta di suo codice a parte, mentre quelli del sud sembrano molto più legati alla criminalità di quei luoghi.
Magliarisi: Sì, le atmosfere e i luoghi del documentario accennano questo aspetto. Al nord abbiamo girato prevalentemente in interni, mentre al sud gli intervistati sono sempre in luoghi aperti, in contatto con il contesto circostante. Abbiamo scelto di sottolineare così il legame con il territorio presente al sud e invece l’industrializzazione della criminalità del nord, che ha nel tempo cambiato forma e luoghi. È una malavita molto diversa infatti. Al sud i traffici avvengono, ad esempio, più per mare, mentre al nord ci sono altre tipologie di ambienti. Visto che il noir attinge dalla realtà, inevitabilmente va su quello. Lo spiega molto bene il pezzo di Massimo Carlotto, lui lo definisce perfettamente come “il noir rispetta il luogo”.
Alessandri: Il noir trova ovunque linfa vitale. Basta aprire un giornale e trovare imbattersi in notizie che molto spesso si trasformano in una risata o un meme, mentre invece avrebbero bisogno di una maggior riflessione. Ti porta a pensare come una serie di pensieri, di deviazioni arrivino alla realtà e il noir è lo strumento perfetto per analizzarli. Credo inoltre che oggi il noir abbia ancora di più il compito di guardare a tutto questo perché ci sono delle disuguaglianze sociali che sono enormi e più è così, più ci sono città che non si lasciano abitare e più ci sono città in cui la criminalità ha maggior modo di farsi sentire. Ed è sempre peggio, perché alcune città hanno iniziato sempre di più essere gentrificate, quindi se prima alcune zone di città grandi erano solo per gli studenti, poi sono diventate per la classe media, poi per i ricchi, poi per i superricchi e poi non ci rimane più nulla. Ed è da qui che probabilmente si creano queste situazioni che poi solo il noir può raccontare.

Ogni scrittore ha una sua definizione di noir. “Il noir è lo strumento e consente di indagare la città nelle sue pieghe più profonde“, “noir è il moderno romanzo sociale“, “noir è un modo per avere pietà le mie storie della mia terra, di me stesso“. Quale è invece la vostra definizione di noir?
Magliarisi: Ci piaceva proprio l’idea di aprire il documentario con questa serie di diverse definizione, per mostrare come ognuno viva il noir in modo unico e personale. Per quanto riguarda la mia definizione, dico “noir è un genere, non è un genere, è un non genere“.
Alessandri: Io invece rimando all’ultimo album de I cani, c’è una canzone che si intitola Buio (qui per ascoltarla). Ecco, quel brano racconta proprio, anche a livello di immagini, cosa potrebbe essere il noir, che parla della vita quotidiana, di come si spazzano i primi gradini della scala per lo scantinato ma giù in fondo non ci sei andato. Quindi per me quella è una buona definizione di noir.
Un tempo il noir sembrava un genere più legato al cinema, mentre oggi sembra essersi spostato verso la televisione (Il commissario Montalbano, Le indagini di Lolita Lobosco, Imma Tataranni Sostituto Procuratore).
Il noir, nella sua ampiezza, raccoglie in sé molti altri geni. È un non-genere, come diceva Katiuscia. Forse per questo riesce a coprire cose più sociali e quindi trova nella televisione la sua massima espressione. Le serie dedicate al noir, o al true crime, sono numerosissime ed è un fenomeno
Quali strumenti ci sono oggi nella valigetta del noir?
Alessandri: Per me, ci gli strumenti restano il prendere la realtà e renderla fruibile in una determinata forma. Noi siamo pieni di personaggi noir, appena tu sfogli un giornale, diventa noir anche in modo in cui vedono trattati oggi determinati temi, determinati casi. Il modo in cui in media li raccontano è noir all’ennesima potenza.
