Ci vediamo domani : la conferenza stampa

ci vediamo domani Questa mattina alla Casa del Cinema a Roma è stato presentato il film con Enrico Brignano Ci vediamo domani, per la regia di Andrea Zaccariello. Alla conferenza stampa erano presenti il regista, Enrico Brignano, Francesca Inaudi, Giulia Salerno, Liliana Vallasciani e il produttore Giuseppe Pedersoli.

 

Come è venuta questa idea?

Giuseppe Pedersoli: Un amico regista un giorno mi ha detto “ho letto un bel soggetto” io ho preso il contatto con chi lo aveva scritto, ho trovato che era un idea particolare ed originale e soprattutto che aveva la potenzialità di parlare di temi classici. Ho conosciuto Andrea Zaccariello e Paolo Rossi e abbiamo maturato un rapporto costruttivo, una sceneggiatura apprezzata anche oltre l’Italia.
Un giorno è venuta fuori l’idea particolare, perché non avevamo automaticamente pensato ad Erico, e parlando con Luisa Pistola, la sua agente, abbiamo trovato da parte sua la stessa nostra reazione entusiastica sulla sceneggiatura e da lì, con quelle tappe normale con cui si dovrebbe costruire un film, abbiamo trovato in Movimax il giusto partner produttivo e anche distributivo.
Io sono molto orgoglioso di aver fatto questo film, siccome tutte le volte che lo facciamo vedere, abbiamo avuto anche un anteprima a Los Angeles, sento che c’è un emozione in sala e se abbiamo raggiunto lo scopo di aver alzato il battito di cuore del nostro pubblico valeva la pena di produrlo.

Divertimento e commozione, come hai mescolato questi toni? E come è stato lavorare con Enrico Brignano?

Andrea Zaccariello: È come la vita, abbiamo provato a scrivere una cosa e metterla in piedi come se fosse la vita, infatti con Enrico abbiamo cercato proprio quell’equilibrio lì, lui è stato disponibile ad andare insieme a me in quella direzione e poi che Enrico fosse un grande personaggio comico non ce lo siamo inventato, era già così, però ecco che fosse anche un signor attore, forse questa è l’occasione in cui si è potuto vedere distintamente.

Enrico quando hai letto la sceneggiatura cosa hai detto?

Enrico Brignano: “E io chi sono tra questi personaggi qua?” “Tu sei il protagonista” “Ah!”
È un film in cui il protagonista sta praticamente in scena per il 98% della durata del film. Un film impegnativo a livello attoriale, vengono toccate alcune corde delicate, in scena ci sono della bare un e quindi umor delicato, in Italia le bare sono un tabù. Il rapporto con la morte  è purtroppo quotidiana tra perenti e cronaca eppure abbiamo questa grande incapacità di relazionarci in modo giusto con la morte, e quindi anche con la vita.

Questo film non ha cordate di comici pur essendo una commedia e questo mi allettava, non mi andava di far parte di una cordata di comici. Era un film che sulla carta poteva piacermi, poi parlando con Andrea che già conoscevo, ci siamo trovati in questo progetto me ne ha parlato, ho visto l’entusiasmo e ho detto che si poteva far bene. Parlando con il produttore ho capito che era una brava persona e secondo me le brave persone hanno una marcia in più, quindi a prescindere dal destino che avrà questo film, la soddisfazione di averlo portato a termine e al debutto l’11 di aprile, indica che il progetto sia riuscito per quanto riguarda me.
Qui ci sono scene che pizzicano il cuore ma il pubblico è bambino e vuole che gli si racconta una favola e vuole che gli si racconti una favola e questa inizia sempre con “C’era una volta” e qui c’è Marcello Santilli che è campione nazionale del gratta e vinci per la felicità del Monopolio di Stato, giocando perde il ristorante perché ha fatto un accordo con un egiziano in nero, perché non voleva pagare le tasse, perde la famiglia, l’affetto della figlia, una seria di elementi che portano alla catarsi a un momento in cui lui decide di vincere la partita con la vita aprendo un negozio di pompe funebri e lì’ c’è il nocciolo di lettura. “Ma come pompe funebri? come facciamo?” e io mi dovevo calare dentro e lì c’è stato un momento in lettura in cui mi sono fermato, sono andato al bagno e ho detto “fatemi riflettere un secondo, anche perché sapevo che mi dovevo mettere dentro una bara e l’ultima che ho visto è stata quello di mio padre. Quindi è difficoltoso per uno che fa il comico tentare di far ridere con questi argomenti. Però confidavo in questi vecchietti descritti in maniera fantastica, pennellati con sfumature e lì abbiamo trovato questi attori-non attori, ragazzi di ottanta anni, a cui è stata data una nuova possibilità di raccontatore qualcosa di interessante, venivano sul set con il desiderio di essere importanti e per noi lo erano. Gente che aveva lavorato e voleva giocare a raccontare una storia con noi, c’è il desiderio di riportare un po’ tutto quanto al racconto e quindi non c’è un tentativo di sceneggiare un contratto, è una storia “Chi ci possiamo mettere?”, “Chi potrebbe fare questo ruolo?”, credo che le risate migliori questo film li abbia nelle sfumature e sul copione non si possono leggere e invece con Andrea abbiamo colto nel farlo. Quando eravamo nel dubbio ne facevamo una così e una colà e poi sceglieva al montaggio e credo l’abbia fatto. La difficoltà era nel trovare la linea giusta ma da quello che ha visto mi è sembrato che ci sia riuscito.

Francesca, i duelli che tu ingaggi con Enrico, come vi siete rapportati sul set con un personaggio un po’ bambinone?

ci-vediamo-domani-poster-italiFrancesca Inaudi: Tu dici? ma non so! forse perché io sono un inguaribile romantica, quindi voglio pensare che in realtà la punizione vera ce l’abbia stando con il personaggio di Tognazzi.
E che è la vera ricostituzione di se stessa sia nel momento in cui si lascia aperta la possibilità di un ritorno e di un avvicinamento, in parte quello che si dice attraverso il mio personaggio è che si pensa che la solidità ci restituisca qualcosa che noi stiamo cercando in questi tempi che generano ansia e paura; mentre in realtà quello che ci viene sottratto sono i sogni e la possibilità di immaginare ed è in nome di quelli che si va avanti, anche sul niente e con il niente, anche quello che ci consente e vale la pena di vivere, costruire e coltivare i nostri sogni.
Aldilà della sopportabilità di Enrico sul set…perché essendo un comico c’è un momento in cui lo devi fermare, è una produzione continua di battute quindi ogni tanto mettevo su la faccia da “in questo momento non rompere le scatole”

Come è stato lavorare con Francesca Inaudi?

EB:La Inaudi aveva 4 pose, poi 4 pose diluite nel tempo quindi la vedi e non la vedi. Quindi la Inauidi l’ho vista come la madonna di Civitavecchia, è apparsa in tutta la sua bellezza, giudicava e poi andava via. Lei diceva che facevo le battute, ma io cercavo di rompere l’atmosfera, pensate che io stavo in una stalla vera ripulita da me, e nel film si vede, piena di bare, guidando un carro funebre, non mi sono grattato per eleganza! quindi non facendolo dovevo sfatare e rompere lo schema facendo qualche battuta.

Enrico come è stato girare con Burt Young?

EB: Il suo metodo era d’introspezione,  in albergo ci siamo conosciuti e il produttore, che parla benissimo in inglese, mi ha detto “Burt ti vuole chiedere se può recitare in inglese” E lui era stato scelto come italo-americano, nella storia si parla di questo soldato che rimane in Italia ed ha un accento un po’ sporco, lui non poteva recitare in italiano perché gli avrebbe portato via un po’ di tempo e perché aveva difficoltà, io che conosco un po’ d’inglese ho detto che non c’era problema e che poi ci saremmo messi d’accordo con Andrea di trovare una voce italiana che darà comprensibilità a un viso e un attore che è molto espressivo di suo, poteva anche non essere tradotto e l’avremmo capito lo stesso. Noi sul set sentivamo un attore che in inglese, il suo inglese newyorchese per cui molto sporco, una voce trascinata, non aveva la dizione dell’attore, era per questo molto emozionante e cercava di far capire al suo modo di avere un bisogno di entrare nel personaggio e poi ostentava lezioni straordinarie di recitazione.

Come vedi la commedia Italiana al cinema in questo momento, quali commedie ti piacciono?

E.B: Quelli che mi piacciono, pochi e quelli che vado a vedere, tutti. Come vedo il cinema Italiano sempre in modo faticoso. I produttori dicono che non ci sono i registi, i registi dicono che non ci sono gli attori, gli attori dicono che non ci sono i produttori, qualcuno manca all’appello. Io credo che noi possiamo produrre molto meglio di quello che produciamo mediamente. Io non so perché i francesi sono ultimamente più bravi di noi a tirare fuori storie che noi già sapevamo, perché Benvenuti al Sud è un successo italiano di un idea francese e mi sembra assurdo perché il problema tra nord e sud ce lo portiamo da sempre. Forse non crediamo in noi stessi e questo è una accusa che faccio a tutto al settore, noi che siamo un paese di teatranti, non siamo capaci di celebrarci a dovere. Invece lo spettacolo lo dovremmo vivere come un business perché se un film come quello di Checco Zalone guadagna 43 milioni d’euro lì ce ne è per tutti. Il premio al cinema lo presenta soltanto uno, Tullio Solenghi, il quale ha finito gli aneddoti e bontà sua e lo ringrazio per quello che fa ma non posso pensare che sia solo uno che racconti di cinema a 24.40 “fatevi una domanda e diamoci una risposta” i primi a non crederci siamo noi.

Andrea, tu hai fatto una commedia assolutamente nuova nel panorama italiano, quanto è importante la sfida e non accertare determinate logiche

A.Z:Questo è uno di quei film in cui abbiamo avuto il coraggio di fare una cosa diversa, noi in qualche modo siamo tarati sulla farsa, perché in qualche modo funziona e me ne sono accorto io quando fortunatamente ho incontrato un produttore che ha creduto in quello che poi abbiamo fatto. Ma la forza magnetica che tende a spingerti a fare qualcosa che faccia contenti tutti prima di girare e di uscire, quella forza che impedisce di fare cose che siano un po’ più coraggiose e un po’ più nuove e poi ci confrontiamo con una cinematografia che deve avere delle certezze, che crea delle difficoltà bisogna avere molto coraggio dire “io faccio quello che credo e vada come vada” ti devi giocare tutto fino alla fine. Noi abbiamo cercato tutti insieme di fare un film che non fosse una farsa ma che raccontasse la realtà attraverso una chiave di racconto che possa emozionare, perché se pariamo sempre sulla farsa andremo sempre a parare sulla “farsità”

Enrico fate molti viaggi nel film

E.B: I viaggi sono significativi e li abbiamo fatti in sequenza. Qui ci sono viaggi nei sentimenti, nel profondo e una commedia raramente va a toccare corde più sottili, delicate, coraggiose, perché se no non è più commedia e viene considerata un film d’autore. Si è un film di viaggi e lo si vede, il viaggio più vero è quello nel passato.

Tognazzi parla di “nuova morale” c’è qualche riferimento alla realtà?

E.B: Il buon ricky in questo caso rappresenta un personaggio negativo quello di uno facente parte delle banche, io ci casco con tutte le scarpe, impegno l’appartamento di mia nonna solo per questa nuova morale che lui ostenta.

Questo è anche una grande storia d’amore come si vede nel finale.

A.Z:La prima volta in tutto il film e nella vita in cui il protagonista dice “non c’è problema” e lei risponde “allora vengo” in realtà è questo il tormentone, lui è cambiato questa storia lo ha portato a cambiare ed il rappresentante di questo male non paga, loro non si rimettono insieme, non ci sono sviluppi clamorosi in questo senso, ma la cosa bella è che grazie alla vicenda parallela dei due vecchi, si aprono opportunità perché sono cambiati loro. Come dice la bellissima canzone di Cristina Donà “niente è cambiato ma tutto è diverso” e questa è un po’ la morale del film.

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