Doppio passo: Lorenzo Borghini racconta la sua opera prima

Il film uscirà il 12 ottobre

Abbiamo chiacchierato con Lorenzo Borghini, regista di Doppio passo, sua opera prima. Un film che mette al centro i valori del giovane protagonista, Claudio (Giulio Baranek), e anche il suo conflitto interiore. Claudio è lo storico capitano della Carrarese, un trascinatore, ma quando viene scaricato dalla squadra la sua vita cambia. Un investimento sbagliato e altri eventi lo metteranno in crisi come uomo e come padre di famiglia.

 

Sei riuscito a unire calcio e cinema, due capisaldi del nostro paese, che ruolo hanno entrambi nella tua vita

Il calcio mi piace. Fin da piccolo mio papà mi portava allo stadio a guardare la Fiorentina. C’è sempre stata una grande passione da tifoso perché non ho mai giocato come professionista. Il mondo del cinema invece è entrato della mia vita a 15 anni in maniera seria quando mio papà mi faceva vedere le commedie all’italiana anni ‘60 e Kubrik da lì si è accesa una fiamma dentro di me. Ho studiato al DAMS, sono andato a Busan in Corea del Sud dove ho fatto una tesi sul cinema coreano e sudcoreano. Poi nel 2009 ho iniziato a fare i primi corti mentre ero in università e da lì ho coltivato la mia passione per il cinema fino al 2019 quando mio papà mi ha raccontato un aneddoto su una partita che aveva visto allo stadio. Un tifoso che imprecando verso un giocatore gli diceva “Sei un disutile” da lì è nata la battuta che dice il personaggio di Bebo Storti che interpreta il presidente della Carrarese nei confronti di Claudio Russo e dall’altra è nata l’idea del film che con il pretesto del calcio racconti il dramma di un uomo che perde il suo lavoro.

Per me è Doppio passo non è un film sportivo anzi è un racconto sociale di un uomo che vive un dramma familiare, che si scontra con le brutture della vita da cui il calcio lo aveva sempre protetto. Quando viene sputato fuori dall’industria purtroppo sbaglia questo investimento che gli avrebbe garantito la rendita futura una volta smesso di giocare. Alcuni giocatori lo fanno, soprattutto quelli che non giocano ad alti livelli, dopo una certa età devono fare questi investimenti per il bene della famiglia perché purtroppo non sanno fare altro se non giocare a calcio. Ho scelto il calciatore proprio per questo, anche se poteva essere un pallavolista o un tennista, perché a differenza degli impiegati A 36 anni nel mondo del calcio sei fuori se non ti metti in proprio. È anche un film sul capitalismo perché mostra tutto quel lato di promesse non mantenute e di contratti ma c’è di fondo una importanza legata allo status di una persona che prima è osannato e tutti gli stanno intorno e appena non conta più niente e va a lavorare alle cave nessuno lo aiuta più tranne la moglie che poi si allontana a sua volta spaventata. Il fil rouge calcio-cinema mi è venuto spontaneo perché conosco bene entrambi i mondi. Mi piace anche il tennis ma il calcio essendo uno sport di squadra con una storia del genere era l’arena giusta per raccontare questa vicenda”.

Un dramma interiore quello di Claudio ma alla fine lo subisce il “doppio passo”?

“Lo subisce ma allo stesso tempo impara a farlo. Per riuscire a uscire dall’empasse in cui si è cacciato deve fare quella finta che da giocatore non gli è mai riuscita, non era uno da dribbling come racconta suo padre nel film. Però deve fare questo doppio passo nel finale con un evento che si porterà dietro per sempre, perché Claudio è un buono. Anche se è cresciuto in periferia con amici non proprio raccomandabili mantiene la sua salda moralità”.

Dal dramma al thriller con qualche nota di mistero: c’è un genere che più ti piacerebbe provare a dirigere nel futuro.

“Sono molto iperattivo, ho una commedia surreale ambientata tutta in un giorno, in nove ore dalla mattina alla sera. Il protagonista è un uomo di 30 anni che si è laureato e ha preso l’abilitazione da avvocato ma vive un po’ alla giornata fino a quando arriva la chiamata da uno studio legale per un colloquio dove non sono ammessi barba troppo lunga o piercing. Lui ha una barba molto folta e la sua missione è farsi questa barba e vive una odissea lunga un giorno in cui lui non riesce a farsi questa barba. Comicità di Francesco Nuti ma approccio un po’ alla fratelli Coen. Non l’ho scritta io ma l’abbiamo acquistata con la mia società da uno sceneggiatore con cui collaboro e spero di farla uscire la prossima estate. È tutta ambientata a Firenze, con una deriva urbana. Una Firenze diversa, non si vedranno mai i monumenti un po’ più periferica”.

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