Quest’oggi al Festival Internazionale del film di Roma 2014 per la sezione Prospettive Italia, si è tenuta la conferenza stampa di Largo Baracche l’ultimo film di Gaetano di Vaio. Presso la sala Petrassi oltre al regista era presente il cast composto Carmine Monaco, Gianluca Curti e Giovanni Savio, il produttore Fabio Venditti e Toni D’Angelo l’autore del corto Ore 12 che ha ispirato il film.

Gaetano di Vaio: Ogni strumento è fondamentale, il cinema
e l’arte in particolare, ha quegli elementi in più per permettere
agli individui di operare anche su una presa di coscienza ma non è
il cinema che salva, ma esistono le persone che ad un certo punto
capiscono che si possono salvare da soli ed in seguito cercano gli
strumenti. Nel mio caso sicuramente, il cinema è stato uno
strumento, però onestamente se non mi salvavo io non lo faceva
nessuno, quindi se è valso per me potrebbe valere anche per gli
altri.
Dietro Largo Baracche c’è un progetto più
ampio chiamato Socialmente Pericolosi, io
avendo lavorato fino a quel momento solo su Scampia dove poi è nato
il laboratorio che ha permesso a Toni D’angelo di
realizzare il corto Ore 12 (presente
al Festival di Roma n.d.r.), c’era
già un percorso più lungo con determinati ragazzi che già sapevano
di quello di cui stavamo parlando. Con Largo Baracche ho
colto quel momento e i ragazzi dicevano sempre questa frase che mi
faceva incazzare ed entrare in conflitto con loro “Tu ci salvi a
noi” è stato difficile dire “nessuno ti salva se non ti rimbocchi
tu le maniche”, io alla fine non sono nessuno, non ho il potere di
salvarli, sono una persona che ha degli strumenti ma se i ragazzi
non erano in grado di recepire quello che avevo da offrire, potevo
stare anche dieci anni sullo stesso argomento ma loro sarebbero
stati sempre gli stessi. Il punto è che i ragazzi hanno capito
questo concetto, l’idea del salvatore non rovina Napoli, rovina
L’Italia. Aspettare i vari Renzi, Prodi e Berlusconi non serve, il
popolo deve reagire.

G.V.: In questi anni mi sono conquistato degli spazi e
ritengo che sia giusto utilizzarli non solo per se stessi anche
perché io nel momento in cui uso questi strumenti, rilancio e
contro rilancio e quindi già c’è un ritorno. Infondo è un dare e
avere, un prendere e un restituire, la mia produzione e la mia
realtà ha certamente una componente politica, vuole trattare
determinate cose e ovviamente da soli non andiamo da nessuna parte,
il nostro grido arriva piano piano, anche a quelle istituzionali in
maniera tale che il nostro scopo sia fattibile. Tutto ciò esige
tutto il nostro impegno, è una battaglia quella che facciamo. La
mia collaborazione con Rai Cinema ha pian piano
fatto capire che c’era la voglia, la volontà di raccontare un altro
punto di vista che non è per niente la verità assoluta ma
semplicemente qualcosa di interno che prova a venire fuori e questo
lo stiamo facendo un po’ alla volta, si sta allagando anche la rete
di rapporti per permettere ad una Napoli “sotto proletaria” di
potersi esprimere, di non essere sempre e solo precaria di
qualcuno, anche molto bravo, che riprende e racconta. Noi siamo un
gruppo di persone che di volta in volta cerca di fare delle cose,
ma con il concetto di “insieme”. Ci sono queste Napoli che
purtroppo non si incontrano mai, in questo caso specifico tentiamo
di farlo, lo strumento arte sicuramente favorisce questo
aspetto.
Toni il tuo documentario,
Ore 12 è un film viscerale che trasuda voglia di cinema e
di divertimento
Toni D’Angelo: Si hai toccato il punto che
preferisco di più del cinema, non ho paura di divertirmi, di
cercare l’autorialità nel genere e di cercare di poter arrivare a
tutti attraverso il cinema, cercando di dire qualcosa di importante
che sia fruibile a tutti. Con questo cortometraggio Gaetano mi ha
dato la possibilità di raccontare attraverso un genere, che guarda
un po’ al cinema di Hong Gong, i luoghi cosiddetti “a rischio” dove
l’amore è più forte della violenza e della camorra o quanto meno
l’amore ci può far sperare di distruggere la camorra.


