carmen-maura-giovane Si è tenuto sabato 26 gennaio presso il museo MAXXI di Roma un incontro con l’attrice spagnola Carmen Maura, tra i più grandi nomi del cinema europeo, portata alla ribalta internazionale dal suo lungo sodalizio con Pedro Almodóvar e poi confermatasi talento brillante e versatile, capace di spaziare tra i più svariati generi, dando sempre interpretazioni intense e pregnanti. In Italia il suo maggior successo è stato Donne sull’orlo di una crisi di nervi (1988), diretto appunto da Almodóvar, con cui aveva condiviso la strada fin dall’esordio cinematografico ai tempi dell’irriverente e dissacrante Pepi, Luci, Bom e le altre ragazze del mucchio (1980), ma ha collaborato con altri grandi registi spagnoli e non: da Carlos Saura a Alex De La Iglesia, da Damiano Damiani a Francis Ford Coppola. Durante l’incontro vengono mostrati alcuni spezzoni tratti da una selezione di suoi lavori.

 

L’occasione dell’incontro, promosso dalla Fondazione Cinema per Roma e condotto da Mario Sesti, è la presenza a Roma dell’attrice, dovuta alla realizzazione di una pellicola italiana: La madre, esordio di Angelo Maresca, tratto dall’omonimo romanzo di Grazia Deledda e prodotto da Flavia Parnasi. Carmen Maura spiega al pubblico intervenuto – circa 200 persone tra giornalisti e non, che hanno riempito l’auditorium del museo per omaggiare e conoscere più a fondo la grande attrice – che le riprese del film non sono ancora terminate. Lo è però il suo lavoro in questo progetto, per cui è di ritorno a Madrid anche se, ha confessato, “mi dispiace dover lasciare l’Italia”.

Mario Sesti nel presentarla la definisce: “La più grande attrice spagnola dal dopoguerra ad oggi, una delle più grandi interpreti viventi”, e la dimostrazione di come recitare significhi costantemente “rischiare sé stessi”.

Ha più volte raccontato di essere diventata attrice in modo piuttosto casuale, può dirci come?

Carmen Maura dice di non parlare la nostra lingua, eccetto quel poco che ha imparato durante le riprese del suo ultimo lavoro, appunto La madre, avendo memorizzato la sua parte in italiano, con la troupe e con il suo autista che, dice, “è stato il mio professore tutte le mattine”. Ma nel corso della conversazione – che ci svela una donna energica, allegra, ironica, con un temperamento molto forte e deciso, franca e schietta – adotterà un misto di spagnolo-italiano agevolmente comprensibile, usando spesso parole di apprezzamento per la nostra lingua: “me encanta parlare italiano”. Spiega: “Nella vita non avevo pensato di fare l’attrice. Vengo da una famiglia in cui non c’era nessuno che facesse questo mestiere, sono stata la prima. Quando ero giovane avevo già due figli e il mio gruppo di recitazione amatoriale. Mai avrei pensato di essere attrice professionista. (…) Poi feci una piccola parte e un critico molto importante mi disse che ero una bravissima attrice, che dovevo fare questo mestiere. Io ho pensato: perché no? Sono arrivata a casa, l’ho detto

a mio marito ed è cominciata una guerra molto dura: mi ha detto che ero vecchia – perché avevo già venticinque anni – che non conoscevo nessuno, che sarebbe stato difficile perché nessuno mi avrebbe aiutato. Questo è stato il primo momento della mia vita in cui ho sentito che volevo fare una cosa e non ne avevo la libertà. Fino a quel momento avevo fatto ciò che una donna deve fare: sposarsi, avere dei figli. Da lì è cominciata una vita personale molto complicata, molte volte sgradevole, e una vita da attrice meravigliosa, perché ho avuto sempre un angelo custode che mi ha fatto avere una buonissima stella. (…) La mia vita professionale è sempre stata piena di fortuna, mi sono trovata nel momento giusto al posto giusto,  perciò sono molto grata alla mia professione d’attrice”, sebbene ammetta che l’ascesa è stata molto lenta: “sono arrivata alla popolarità dieci anni dopo aver cominciato”.

carmen-maura-donne-cresi-di-nerviLa sua recitazione ricorda le grandi attrici della commedia americana (Katharine Hepburn, Ginger Rogers, Lauren Bacall), come si può vedere ne “La comunidad” di Alex De La Iglesia. È stata pensata assieme al regista?

C. M.:Questo era il primo film che facevo con lui. Abbiamo lavorato di nuovo assieme successivamente ed è veramente molto divertente. Non penso a queste cose quando preparo i miei personaggi. (…) Preparo moltissimo il testo, il testo mi dà la misura di quello che devo fare. Con De La Iglesia m’intendevo alla perfezione. La comunidad è uno dei miei film preferiti. Il mio era un personaggio scritto per un uomo: normalmente i personaggi maschili sono eroi. Il regista mi ha chiamato e mi ha detto che se l’avessi fatto io, l’avrebbe trasformato in donna. Io ho detto, certo, perché mi piace moltissimo questo regista e il personaggio è meraviglioso”.(…).

È stato faticoso?

C. M.:Sì, quando ho finito il film ero piena di lividi. (…) Quando lavori con De La Iglesia devi fare molta attenzione al tuo corpo perché corre dei rischi. Lui non ci fa caso, ti dice: cara, puoi montare qui sopra? Puoi andare lì?Anche nell’ultimo film che abbiamo fatto, faccio una strega che cammina sui tetti, che vola. È molto divertente, sono commedie che ti fanno ridere”..

Questo è un film sui rapporti fra condomini di uno stesso palazzo, credo una metafora dei condomini in generale: sono tutti dominati dall’avidità, dal conflitto continuo l’uno con l’altro.

C. M.:Sì, (…) quando abbiamo iniziato a fare il film, c’erano una quantità di notizie sul giornale di cose che succedevano nei condomini (…). Il condominio è una cosa molto complicata, soprattutto perché normalmente nel condominio ci sono persone che non hanno niente da fare (…) e quelle sono le persone pericolose, la gente molto libera (…). Perciò avere una casa in campagna, con gli animali, è più comodo. È un film che riunisce molte cose. È stato divertente girarlo, abbiamo avuto molti premi, ha incassato molti soldi. Perché è molto importante per me. io penso che il cinema sia un business e che lo facciamo per la gente. Perciò per me la verità è che la migliore soddisfazione è quando un film fa soldi”.

Film con Almodóvar hanno reso il cinema spagnolo redditizio in tutto il mondo, aprendo una nuova stagione cinematografica, portando un linguaggio nuovo, nuovi attori. Come per tanti altri sodalizi artistici, c’è una specie di simbiosi tra attore e regista. Cosa ha dato lei ad Almodóvar e cosa ha ricevuto?

C. M.:Ciò che ha fatto Almodóvar è stato molto importante, perché è stato il primo regista ad uscire fuori dalla Spagna”. A partire dal suo successo internazionale, però, prosegue l’attrice,“c’è stato un altro problema: tutti pensavano che il cinema spagnolo fosse solo Almodóvar”. Poi ripercorre il loro sodalizio artistico dagli inizi:“L’ho conosciuto quando ero giovane. Abbiamo lavorato insieme undici anni. Non aveva soldi, ma solo un enorme talento. Quando abbiamo fatto il primo film (Pepi, Luci, Bom e le altre ragazze del mucchio), tutti mi dicevano: perché lavori con un pazzo così? Quattro agenti mi hanno abbandonato perché lavoravo con lui (…), ma in quel periodo lavorare con lui era la cosa più divertante che avevo nella mia vita”. L’attrice racconta anche che la gestazione del primo lavoro fu lunga – due anni – e rocambolesca, a causa della cronica mancanza di fondi.

Aggiunge poi che in questo sodalizio, c’è stata anche molta casualità: “Ad esempio, il ruolo in Che ho fatto io per meritare questo non era per me. (…)  L’unico ruolo veramente scritto per me è stato quello di Donne sull’orlo di una crisi di nervi, ma è stato il peggior film, per quanto riguarda i nostri rapporti. Ha avuto un grandissimo successo, ma non è stato felice per me. Avevo sempre voglia di piangere. Lui diceva che era meglio, perché il personaggio del film, Pepa, doveva soffrire molto”. Ed infatti si tratta anche dell’ultima pellicola che li vede collaborare. Segue un lungo distacco, interrotto solo di recente, quando l’attrice accetta di interpretare un forte ruolo di madre in Volver, accanto all’altra musa di Almodóvar, Penélope Cruz. Facendo un bilancio della lunga collaborazione tra lei e il regista, Carmen Maura così sintetizza: “Credo che lui mi abbia dato i personaggi più belli della mia carriera. Io gli ho dato la mia anima per interpretarli. (…) So che è molto orgoglioso del lavoro che abbiamo fatto insieme”, e ci tiene a precisare: “Non ci dobbiamo nulla”.

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E sul rapporto con Almodóvar aggiunge: “La ley del deseo è stato il film più bello, con il miglior rapporto tra noi”. E commentando la clip tratta dal film, che la mostra inondata d’acqua dal getto di una pompa: “è una scena che dimostra come il cinema sia un miracolo. Il cinema fa il cinquanta per cento. Quello che chiede all’attore è di essere generoso con la telecamera, di non aver paura. (…) Il cinema è un miracolo, è il risultato di un insieme di cose. (…) Ricordo a volte, in certe scene, di non aver fatto davvero nulla, ottenendo poi delle critiche entusiastiche”. La stessa cosa accade, afferma l’attrice, quando ci si impegna moltissimo per una parte importante e si viene stroncati: “Quindi, la cosa migliore è prendere questo mestiere con molta calma: sia quando ti dicono che sei la più brava del mondo, sia quando dicono che sei stata orribile (…). È meglio essere un po’ distaccati, perché (…) è una professione molto pericolosa per la stabilità mentale”.

Immaginava che Almodóvar, all’inizio così provocatorio, sarcastico, anticonformista svelasse poi un’anima commovente e sentimentale?

C. M.:Gli dicevo sempre: sarai molto conosciuto e il primo posto dove ti conosceranno saranno gli Stati Uniti, ed è stato così. Quello che non mi sarei mai aspettata è che sarebbe diventato così ricco, questo mi ha sorpreso, perché era talmente povero quando l’ho conosciuto. (…) Però sapevo che avrebbe avuto grande successo perché aveva una personalità molto speciale e poteva fare ciò che voleva. Ora fa film più seriosi perché vuole essere più importante”.

Dopo essersi fatta conoscere, la chiamano grandi registi come Carlos Saura (viene mostrata una clip da ¡Ay Carmela!), com’è stato lavorare con loro?

C. M.: “Lavorare con Saura è stato meraviglioso. Era la prima volta che facevo un film grande, con molti attori, con il tema della guerra, era bellissimo fare questo personaggio, cantare, ballare (…). Poi avete visto uno spezzone del film che ho fatto in Italia con Damiano Damiani (Assassini nei giorni di festa ndr). Qui non parlavo in italiano. Poi una parte della pellicola che ho fatto con Francis Ford Coppola (Tetro ndr). È stato un caso: era una collaborazione che doveva fare Bardem e siccome lui non ha potuto farlo, hanno chiamato me. (…) Mi ha chiamato il produttore spagnolo. (…) Sono stata a girarlo in Argentina. È stata un’esperienza buona, ma non la migliore della mia vita. Coppola è molto simpatico, è un ottimo regista. L’unico problema che ho visto, quando ci sono grandi registi che vengono nel nostro povero paese: in Spagna o in Argentina, come con Woody Allen quando è arrivato a Barcellona, è che dobbiamo fare attenzione: arrivano nel nostro paese come i colonizzatori nelle Indie, e questo è un po’ pericoloso. In Argentina, ad esempio, Coppola ha preso attori importantissimi, la troupe lavorava moltissime ore, guadagnando meno di quanto normalmente guadagnano nel loro paese, perché si trattava di Coppola. (…) Quando è venuto Woody Allen a Barcellona, Barcellona gli ha dato soldi per fare il suo film, denaro che poteva essere destinato a film catalani o spagnoli, ha fatto provini a tutti i più importanti attori spagnoli, poi molti sono finiti a fare delle comparse. Perciò, è fantastico che le persone importanti vengano nel nostro paese, ma non bisogna perdere la visione della realtà. È impossibile guadagnare meno soldi con loro, che non con un’opera prima del tuo paese”.

È successo anche da noi che molti attori abbiano accettato di fare parti di figuranti pur di lavorare con Woody Allen.

“Bene, perché è interessante, però l’importante è che capiscano anche che non siamo idioti (…). Va bene viaggiare e conoscere il mondo, ma non si deve approfittare delle persone”.

Carmen-Maura-romaUn po’ di questa indignazione è finita nel ruolo di questo feroce critico che lei interpreta nel film di Coppola?

 C. M.: “Francamente non è stato un ruolo molto interessante. Con lui però è stato molto divertente. Gli piaceva molto ascoltarmi parlare in francese.(…) e ci fa sentire anche il suo francese perfetto, perché dice, per lavorare lì è fondamentale. “la Francia è il paese più difficile, lo è stato per lo stesso Almodovar (…), per noi tutti. Quando abbiamo fatto la promozione di Donne sull’orlo di una crisi di nervi, il paese che ci ha ricevuto più freddamente è stato la Francia. Un giorno stavo girando un film francese, circa cinque anni fa, e una persona del cast mi ha detto: Almodovar è conosciuto in Spagna?

Vengono poi proposte due clip in cui Carmen Maura interpreta due ruoli di madre: Volver, in cui la vediamo accanto a Penélope Cruz, e un breve spezzone tratto da La madre, che l’attrice ha appena finito di girare qui a Roma, per la regia di Angelo Maresca, presente in sala. La vediamo in un ruolo drammatico, madre di un prete, interpretato da Stefano Dionisi. L’attrice si dice molto emozionata dalla visione di queste ultime immagini: “Non avevo ancora visto nessuna immagine dell’ultimo lavoro e mi è venuto un po’ un nodo alla gola. È stata un’esperienza meravigliosa con tutta la troupe, col regista Maresca, una permanenza meravigliosa a Roma – anche se non ho visto per niente la città, perché non ho avuto tempo – l’allegria della troupe italiana non la dimenticherò mai. (…) Ancora sono (…) emozionata da questo film. (…) In questo momento sono un po’ triste perché devo andare via.”

È stata in Colombia, Cile, oltre che Argentina. Può dirci qualcosa in più su queste esperienze e se nei suoi progetti rientra un prossimo lavoro in questi paesi o comunque in America Latina?

C. M.: “ho lavorato anche in Messico e Costa Rica. L’esperienza è stata meravigliosa. (…) il mondo latinoamericano ha sempre una maniera speciale di vedere le cose. Suppongo che ci tornerò. La mia ultima esperienza lì è stato il primo film che ho fatto in Colombia e me ne sono innamorata. Avevo un’idea della Colombia come di un paese complicato, pericoloso, mentre io l’ho trovato meno pericoloso del Messico o del Venezuela. Mi piace molto andare in America Latina. L’unico problema è il lungo viaggio”.

Siccome si parla di una situazione molto critica del cinema spagnolo, mentre vediamo che continuano ad uscire film molto interessanti, girati molto bene, con risultati piuttosto lusinghieri, vorremmo sapere cosa ne  pensi.

“Il problema di tutta l’europa e anche il nostro sono i soldi, perché il talento lo abbiamo, la storia l’abbiamo. Non credo che la situazione spagnola sia molto diversa dal resto. È aumentata l’Iva per la cultura, è complicato, però ho vissuto in Spagna molti momenti di crisi. (…) Non credo che il cinema sparirà, la cultura non sparisce per problemi di soldi, anche se è difficile fare un film ora in Spagna. Non so qui in Italia, ma penso sia lo stesso. (…) Credo che di fronte a questa crisi sia necessario difendere il nostro paese, (…) far si che i giovani non perdano l’entusiasmo, perché è una professione meravigliosa e non morirà mai. carmen-maura-la-madre

La madre sembra essere molto drammatico, forse quello che si discosta di più dalla tua immagine. Cosa hai sentito più tuo di questo personaggio e cosa ti è piaciuto di più?

C. M.:Credo che questo de La madre sia il personaggio più drammatico per me in assoluto. Non è stato difficile perché non parlava molto e perché il regista mi ha spiegato benissimo quello che voleva, il che per me è molto importante. Sono un’attrice molto rilassata: studio il testo e poi faccio quello che il regista mi dice di fare, quindi non è complicato. La cosa che mi è costata di più in questo personaggio è non far ridere, non poter inserire piccoli tratti di commedia. Però è un film molto interessante, forte, non so se sarà anche un po’ scandaloso, perché parla della Chiesa, ho un figlio prete, sono una madre ossessionata e possessiva, con molti problemi con la religione. (…) Sono stata molto felice di farlo. E ora è difficile: da un lato voglio tornare a casa, dall’altro questo mi addolora molto. Oggi mi sento un po’ sentimentale”.

Come impieghi il tuo tempo tra un set e un altro?

C. M.: “Quando hai la popolarità e comincia ad essere difficile andare in luoghi con molta gente, (…)quando sono libera (…) vado in campagna, vado in palestra moltissimo (…), cammino per casa, apro l’armadio, cose molto semplici, , vado molto al cinema, adoro andare al cinema da sola, prendere la metro, occuparmi della mia cagnolina o della mia nipotina. (…) Mi piace fare una vita normale. Adoro la vita da donna normale.”

È una delle più grandi attrici contemporanee, ma ha avuto un limite obiettivo, come tutte colro che non sono anglofone. Il cinema che ha impatto sul mercato è quello di lingua inglese, seppur con delle eccezioni, come ad esempio Penélope Cruz, che hanno raggiunto un livello davvero internazionale, vincendo dei premi. Per lei questo è stato un limite? Pensa di non aver avuto le occasioni internazionali che meritava?

“A mi è piaciuto per niente. Sono arrivata lì avevo quarant’anni. Probabilmente non sarebbe stato lo stesso se ci fossi arrivata a vent’anni. Il giorno dopo essere arrivata a Los Angeles, tutto quello che pensavo era: questa città non mi piace. Antonio Banderas invece andava in decappottabile dicendo che doveva arrivare lì, che adorava quel paese. Per avere successo negli States bisogna avere voglia, altrimenti è molto difficile. Io ci sono arrivata molto tardi (…). Non è una cosa che ho considerato molto importante per la mia vita. Non volevo arrivare da nessuna parte. Quando ho cominciato non pensavo che sarei stata attrice di cinema, pensavo che sarei stata un’attrice di teatro. Perciò, tutto quello che mi ha dato la professione è molto di più di ciò che mi aspettavo.  Ammiro moltissimo gente come Bardem o Penélope o Antonio,che lo ha voluto e perseguito perché non è facile, ma per me no n è mai stato importante nella mia vita. Quando ho fatto un ruolo in inglese non mi sono sentita a mio agio, mentre lavorando in italiano mi sono sentita molto a mio agio”.

Carmen Maura

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