Lukas Dhont presenta il suo nuovo film Close: “Cerco il linguaggio per esprimere le emozioni”

In Close, al cinema dal 4 gennaio, Lukas Dhont affronta la fine di un'amicizia per riflettere sul mondo interiore presente in ognuno di noi.

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Affermatosi come una delle maggiori rivelazioni del Festival di Cannes del 2019, dove il suo film d’esordio Girl ha vinto ben tre premi, il regista belga Lukas Dhont è ora pronto a portare al cinema la sua opera seconda: Close. Anch’esso presentato a Cannes, stavolta nel concorso ufficiale, dove ha vinto il Grand Prix Speciale della giuria (il più importante premio dopo la Palma d’Oro), il film ha per protagonisti due ragazzi di nome Léo e Rémi, la cui amicizia fraterna viene improvvisamente messa in crisi da alcune novità nella loro vita. Con Close, Dhont torna dunque ad indagare il mondo emotivo dei più giovani con uno sguardo attento ad ogni sua sfumatura.

 

Dopo essere stato presentato ad Alice nella Città, sezione parallela e autonoma della Festa del Cinema di Roma, il film arriverà finalmente nelle sale italiane a partire dal 4 gennaio 2023, distribuito da Lucky Red. Giunto a Roma per presentare il film, Dhont ha avuto l’occasione non solo di parlare di esso ma anche della sua idea di cinema e dei suoi principali interessi come regista. “Tutti abbiamo fatto esperienza di un’amicizia e di come il cuore si spezza quando questa finisce. – racconta Dhont – Probabilmente quando il cuore ci viene spezzato in tale ambito di solito non se ne parla, abituati a vivere in una società che dà poco importanza ai rapporti che non siano di tipo romantico.”

“Oggi ai ragazzi che crescono e diventano uomini viene infatti insegnato che devono prendere la distanza dalle emozioni ed essere più competitivi ed indipendenti. Queste sono le caratteristiche che contraddistinguerebbero la mascolinità, mentre tutto il resto finisce soffocato. I ragazzi imparano a trovare intimità solo nel sesso e non nell’amicizia, verso cui si prende sempre più distanza. Andando controcorrente, è questo quello che ho cercato di raccontare con Close.”, afferma il regista introducendo il film. Prima di voler fare il regista, volevo fare il ballerino. – spiega poi, interrogato sul suo metodo di lavoro – Quindi quando scrivo, il ballerino dentro di me prende vita e finisco per scrivere più come un coreografo che non come uno sceneggiatore.”

Close e la ricerca del vero nelle emozioni

“Pertanto scrivo principalmente intenzioni di movimento, di distanza, di vicinanza e tutto ciò diventa l’elemento portante del film. Nel corso di sei mesi, – continua poi Dhont – io e i due giovani protagonisti abbiamo trascorso molti tempo insieme, senza mai provare una singola scena. Non è una cosa che faccio, provare prima le scene, perché penso che tolga spontaneità. Quindi facevamo altre attività, come passeggiare lungo la spiaggia o organizzare serate a tema e di tanto in tanto con molta informalità chiedevo loro cosa ne pensassero dei loro personaggi, se fossero curiosi di sapere perché si comportavano come gli si vede fare poi nel film.” 

“Li ho fatti diventare dei detective alla ricerca del perché succede ciò che è stato scritto nella sceneggiatura. Volevo che capissero davvero quale è il loro ruolo, – spiega il regista – che vi entrassero dentro e sentissero anche la libertà di esprimersi. Non voglio che le persone davanti la macchina da presa abbiano troppa consapevolezza di essa e di ciò che vi accade dietro. Con il mio direttore della fotografia prepariamo dunque nel minimo dettaglio ogni scena, dai colori all’atmosfera e fino alle intenzioni, così da poter poi permettere massima libertà agli attori. È come se fossimo una troupe documentaristica perdutasi in un set di fiction.”

Close-intervista

Raccontare il non detto

“Il desiderio sin dall’inizio era quello di fare un film su due ragazzini ma anche sulle loro madri, due donne che cercano un modo per gestire ed affrontare i propri sentimenti. In particolare la madre di Rémi indossa una specie di armatura, non mostra i propri sentimenti. Lei è molto simile a Léo in questo. Entrambi si ritrovano a dover portare il peso di aver perso una persona loro carissima, rapportandosi con tale fardello e il senso di colpa. Non tutte le cose però possono essere comprese e molto spesso può capitare che ci troviamo davanti a situazioni di cui non possiamo comprendere tutto”

“Credo dunque che il non detto sia un tema importante di questo film. – conclude Dhont – I giovani sperimentano sempre qualcosa per la prima volta, come i sentimenti o il senso di colpa. Tutte queste sensazioni poi crescono dentro di noi ma spesso non siamo capaci di esprimerle. Credo sia importante cercare di rappresentare tutto ciò sullo schermo, perché potrebbe essere un modo per invitare gli spettatori a parlare della propria interiorità. Trascorriamo la vita andando a scuola e studiando materie come matematica e grammatica, ma non impariamo mai a trovare il linguaggio per esprimere quello che abbiamo dentro e questo penso che sia una forte mancanza per la nostra società.”

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