Oggi al Cinema
Barberini è stato presentato il documentario
Noi,Zagor di Riccardo Jacopino. Alla
conferenza stampa hanno partecipato il regista, Moreno
Burattini il curatore di Zagor, Walter Velturi il
disegnatore e Tito Ammirati produttore e presidente di
Arcobaleno Produzioni.
C’è un po’ di paura quando si
entra in una storia così strutturata in un’esperienza in cui le
sensibilità sono tante?
R.J.: È difficilissimo raccontare qualcosa di nuovo su Zagor
perché c’è un ampia esegesi sul personaggio, bisognava stare
attenti a non sbagliare, abbiamo scelto la strada di raccontare le
emozioni di chi questo fumetto è appassionato. In qualche modo c’è
una doppia lettura, volevamo sia far conoscere questo personaggio a
chi non lo aveva mai letto e non lo conosceva, da un’altra parte
però c’erano tutto il pubblico degli appassionati zagoriani e con
loro abbiamo fatto una scelta di creare uno specchio delle loro
emozioni, insomma cercare, tramite il racconto di tutti loro di far
immedesimare questa grande passione.
Hai corso anche dei rischi?
Perché hai raccontato questo rapporto con Gianlugi?
R.J: Questa cosa è stata sviluppata insieme a Giovanni
Iozzi che mi ha aiuto a costruire il documentario, ce ne siamo
accorti un po’ subito, che in Zagor aleggiava questo conflitto. Lui
scappa da questa figura paterna e in qualche modo Sergio non
essendo in conflitto, anzi avendo una venerazione, come dice lui
stesso per suo padre, grande autore di fumetti, aveva questo
colosso, questa ombra grande alle spalle da cui in qualche modo lui
stesso dichiara di non voler competere. Guido Nolitta ci ha
messo tutta questa umanità nel suo personaggio e negli altri che ha
scritto, e credo che questo lavoro sia anche un ringraziamento per
Sergio Bonelli e a tutti i suoi autori e disegnatori, che mi
hanno fatto passare ora e quando ero più giovane dei momenti
bellissimi. Ed è anche un po’ un ringraziamento a tutti gli autori
di fumetti e in qualche modo una promessa che ho mantenuto, che non
sapevo di essermi fatto quando avevo 10 o 12 anni che era un po’ di
entrare dentro questo fumetto, rompere un po’ il velo e capire cosa
c’era dietro, come nasceva, come si struttura, come arriva in
edicola.
Moreno Burattini come è stato il vostro rapporto, voi siete un po’ i sacerdoti, i custodi di questo mondo, avete una certa responsabilità.
M.B.: Io da quando è morto Sergio sono diventato il punto di riferimento generale della redazione, ecco perché Riccardo Jacopino si è rivolto a me. La parola responsabilità cerco sempre di cancellarla dal vocabolario, perché se ci penso non lavoro più, se io penso alla responsabilità che ho nel raccogliere l’eredità di Sergio nell’accontentare tutti questi lettori, sono custode di una tradizione di che dura da oltre cinquant’anni, quindi io lavoro assecondando l’istinto. Riccardo Jacopino lo conoscevo già da ragazzo perché abbiamo frequentato lo stesso Liceo Classico a Prato. Ma ho capito che era la persona giusta per due motivi, il primo che mi ha raccontato che fin da bambino lui voleva fare il regista e che era il suo sogno, inoltre ho visto il suo film, 40 percento con Luciana Litizzetto, l’ho visto e ho detto, è bravissimo è un regista straordinario e automaticamente ho detto “va bene”. Lui ha cominciato a venirci dietro, ha visto tutti questi raduni, ci spiava in redazione è venuto nelle case case dei collaboratori, siamo stati a stretto contatto per due anni.
Walter Velturi Che emozione si
prova da disegnatore a vedere un film in cui viene riconosciuto il
valore di un lavoro di questo tipo, inoltre, quanta responsabilità
ha un disegnatore di un personaggio?
W.V.: È colui che consegna l’immaginario, io sono l’ultimo
arrivato quindi ho tutto da imparare nei cinquant’anni e oltre di
pubblicazioni, quindi lavorare su Zagor è una responsabilità
illustrando quel mondo e quindi hai delle regole ferree a cui devi
badare, però lasciando sempre un minimo d’interpretazione nel
personaggio anche se il riferimento grafico a cui guardo io è
sempre Galliano Ferri che è stato anche il copertinista di
Mister No. Ne ho disegnate solo 120 di pagine di
Zagor, del Zagor Color che è uscito un mese fa in Edicola.
Sto iniziando ad entrare in questo mondo, da disegnatore. Un mondo
che non sapevo essere così sanguigno e una cosa che non si ferma
nella fascia adolescenziale, ma interessa una grande fascia. Sapere
che dovrò disegnare qualsiasi cosa, perché abbiamo visto alieni,
vichinghi e samurai, per un disegnatore è stimolante, in quanto non
sei fermo solo al west, come iconografia, non si ci annoia, hai
sempre qualcosa da inventare. Poi con Zagor non abbiamo dei
riferimenti così ferrei, come le armi e vestiti, possiamo inserire
anche cose di che non sono di quel periodo, siamo abbastanza
liberi.
Tito Ammirati hai portato dalla carta allo schermo questo fumetto, visto anche le tante ispirazioni cinematografiche, era in qualche modo naturale il suo approdo al cinema?
T.A.: Arcobaleno è una cooperativa sociale di inserimento lavorativo e lo fanno persone che in passato hanno avuto molti problemi di dipendenza, sono stati in carcere e che oggi rappresentano il capitale sociale della cooperativa che ha deciso di sostenere questa nuova iniziativa imprenditoriale, aprendo una sezione cinematografica. Sono 280 lavoratori che credono nella forza e nel linguaggio del cinema per questo che abbiamo cominciato a fare una commedia diretta sempre da Riccardo, un talento, lo avrete capito guardando questo documentario. Abbiamo sposato questa idea perché il nostro tentativo è quello di diffondere una filosofia imprenditoriale quindi usare il cinema per raccontare che è possibile contribuire allo sviluppo di un paese coniugando saper fare, capacità di creare occupazione e reddito accanto a una relazione tra le persone, ecco Zagor potrebbe essere un ennesima occasione per diffondere questa filosofia, ci piaceva l’idea di poter raccontare ciò che non si vede e quindi questa idea di mostrar cosa c’è, quali sono le fatiche, quali sono i segreti, quali sono le criticità e le tensioni dietro ad un opera come Zagor.
Ci sono scene che hai sofferto a non montare nel film?
S.J.: Ci sono venti ore di materiale! Ci sono tutte quelle
parti degli autori in cui ho cercato di scavare di più la persona,
per cercare di capire da dove nasce questa passione per questa
forma di racconto e cosa li ha spinti a cominciare. E poi anche i
lettori particolarmente fedeli che conoscono Bonelli, perché una
delle caratteristiche della Sergio Bonelli Editore è di
avere un continuo rapporto con i lettori, se il lettore gli scrive
loro rispondono; questa una cosa importantissima e credo che sia
una delle ragioni del successo e della fedeltà dei lettori.
Un altro discorso interessante era lo sviluppo e il futuro del fumetto, com’è e se c’è un futuro e come sarà, anche se ci vuole molto lavoro per parlare ai ragazzi di oggi che sono il pubblico di domani. Inoltre nei fumetti Bonelliani c’è una trasmissione di valori che va a quello che è l’essenzialità dell’uomo, e anche perché l’attenzione di Bonelli e dei suoi collaboratori è non cadere nelle trappole del contingente, tipo la politica, un modo per essere ecumenici e piacere a tutti e quindi si va a cercare quelle cose che veramente sono condivisibili e universali, veramente i fumetti quando sono belli sono una favola, un qualcosa che prende.
Quali potrebbero essere gli attori per recitare in un eventuale film di Zagor?
R.J.: Non è facile, ma Joaquin Phoenix ci starebbe, forse anche Antonio Banderas, ma io una faccia da Zagor italiana la vedo in Vinicio Marchioni.
Noi, Zagor sarà
distribuito in 200 copie grazie a Microcinema il 22 e il
23 Ottobre, un estratto del documentario verrà mostrato anche
al Romics insieme ad un intervento dello storico
illustratore Galliano Ferri e dove sarà possibile, in alcune
città, saranno presenti in sala i disegnatori che collaborano ai
fumetti.