La regista Sarah Gavron e la produttrice Faye Ward presentano a Roma la loro ultima fatica, Suffragette, faticosa e sensibile pellicola che ha già riscosso numerosi successi in festival importanti in giro per il mondo (incluso il suo debutto alla 59esima edizione del BFI).

 

Ad introdurre il vivace dibattito è Laura Delli Colli, Presidente del Sindacato Nazionale Giornalisti Cinematografici Italiani (SNGCI), annunciando che a Sarah Gavron ha ricevuto il Premio Internazionale Afrodite, la prima di una lunga serie di occasioni pubbliche italiane- tra proiezioni speciali previste perfino nelle scuole e a Montecitorio-che permetteranno al film di avere una maggior distribuzione sul nostro territorio.

Suffragette 1La prima domanda da parte dei giornalisti riguarda l’essenza stessa del film: infatti, non si tratta di una semplice pellicola in costume, figlia dei tempi che mostra, ma è in realtà un primo passo per riflettere sulla condizione delle donne-e la loro mancanza del diritto di voto-in tutto il mondo, condizione che si è protratta fino ad oggi.

La Gavron è la prima a prendere la parola, spiegando la vera ragione che ha spinto lei e la sceneggiatrice Abi Morgan (Shame) a scrivere questo film: mai prima d’ora si era parlato in modo così completo e strutturato del movimento delle suffragette e della sua storia, considerando che la condizione della donna nel mondo è un argomento ancora “caldo”- dati alla mano-che mostra le ingiustizie alle quali sono sottoposte tuttora le donne, con una infinita ed invalidante serie di limiti: vincoli posti negli ambiti sociali, lavorativi, politici. Questo film mostra quindi le difficoltà, le lotte affrontate e il “calvario” sopportato dalle prime “pioniere” del movimento per conquistarsi la strada verso i diritti.

Quante difficoltà produttive sono state incontrate?

La produttrice Ward afferma che questo film tratta di un tema mai analizzato, in modo approfondito, precedentemente, né al cinema né in tv (a parte una serie tv britannica degli anni ’70); il tema avrebbe suscitato grande interesse, ri-evocando vecchi fantasmi del passato. Dopo cinque anni passati a sviluppare l’idea del film, ci sono stati una serie di elementi che sono cambiati in modo repentino: sono stati aperti gli archivi della polizia, che mostravano come gli stessi tutori della legge controllassero/spiassero il movimento delle suffragette.

Entrambe (regista, produttrice e sceneggiatrice) avevano chiara l’idea di realizzare un film sulle donne, ma con una forte connotazione politica. Il loro intento era quello di dare un forte taglio politico/mascolino al film, inteso proprio come una lotta, senza esclusione di colpi, per ottenere i propri diritti.

Un’ulteriore domanda riguarda le figure maschili del film: perché non emerge una figura forte, pronta a supportare le donne nel loro percorso?

Secondo la Gavron, ci sono stati uomini che hanno appoggiato e sostenuto le suffragette (come il personaggio del farmacista marito di Edith Ellyn, interpretata da Helena Bonham Carter); nel film sono pochi ed incarnano più personaggi realmente esistiti, in mezzo ai quali c’erano anche dei politici o dei tutori della legge (come Arthur Steed interpretato da Brendan Gleeson nel film, in bilico tra la propria missione e la piega travolgente degli eventi; oppure il personaggio di Sonny- Ben Whishaw-marito di Maud- Carey Mulligan, intrappolato nelle convenzioni sociali). Ma essendo un film focalizzato sulle figure femminili, l’intento era quello di dare maggiore risalto alle loro voci.

suffragette filmRispetto al movimento femminista degli anni ’70 (nato in seno alle università e all’intellighenzia culturale) il movimento delle suffragette nasce dal basso, nelle lavanderie, tra le classi lavoratrici più povere e sottoposte a condizioni di lavoro estreme, ai limiti della schiavitù: perché? Quali sono le differenze?

Per la Gavron era abbastanza inusuale questo movimento nell’Inghilterra del XX secolo perché- in una realtà divisa, marcatamente, tra le varie classi sociali- il movimento è riuscito ad unire trasversalmente le donne di ogni ceto sociale, soprattutto quelle delle classi più povere, le militanti della prima linea pronte a perdere tutto (lavoro, vita e status) pur di seguire una propria causa.

Una domanda provocatoria riguarda il diritto di voto delle donne: una volta raggiunto, quali diritti effettivi si sono conquistati? Quanto questo elemento ha permesso di accelerare il processo di emancipazione?

La regista replica che se si osserva bene cos’è successo in Inghilterra dopo che le donne hanno ottenuto il diritto di voto, molte leggi sono cambiate in favore del sesso femminile: hanno potuto studiare, vantare diritti maggiori sui propri soldi, sulla propria indipendenza; hanno avuto ruoli importanti a livello giuridico e diritti nuovi legati ai propri figli.

Una nuova domanda riguardo l’impatto a livello di ricezione e fruizione che il film ha avuto sui giovani, di entrambi i sessi: la pellicola è mirata proprio a loro, l’intento non era quello di fare un film in costume e basta; quindi è una grande vittoria vedere i giovani che sono andati al cinema all’uscita del film e soprattutto i dibattiti avviati sui social media.

Anche la produttrice Ward aggiunge- riguardo al discorso- che la cosa straordinaria del cinema è che unisce e trascende le differenze geografiche, di genere, razziali etc: oggi il movimento delle suffragette è studiato a scuola, grazie anche al potere comunicativo della settima arte.

La composizione del cast e la scelta delle attrici come si è svolta?

Hanno impiegato sei anni per scrivere la sceneggiatura, e Carey Mulligan è sempre stata la loro prima scelta: il giorno dopo la loro proposta l’agente della Mulligan ha chiamato e così l’attrice è “salita sulla barca”. La Bonham Carter è stata la seconda ad entrare nel gruppo, nonostante il suo bisnonno fosse il primo ministro britannico nemico proprio del movimento. Anne-Marie Duff è un’attrice prodigiosa a livello teatrale e televisivo, ma si vede molto poco al cinema, per cui è stato un vero piacere trascinarla nel progetto; il loro intento era quello di assemblare un cast variegato, in grado di dare voce alle diverse sfumature femminili presenti nella storia. Per il ruolo della Pankhurst avevano bisogno di una donna iconica, e quale scelta migliore di Meryl Streep? Un’attrice grandiosa che ha sostenuto la produzione fino in fondo, dando una grande mano per superare le difficoltà.

Per i ruoli maschili è stato più difficile: gli agenti richiamavano lamentandosi che non ci fossero ruoli forti ed iconici nella pellicola. La risposta della Gavron e colleghe? “Benvenuti nel mondo che noi donne abbiamo frequentato per anni!”

La Ward riprende il discorso aggiungendo che la loro produzione è stata la prima ad avere la possibilità di girare fuori e dentro il Parlamento inglese, e la Carter avvertiva ancora lì la presenza del bisnonno che si continuava ad aggirarsi, insieme a quello della Pankhurst presente lì ed evocato dalla presenza della nipote. Non a caso la Carter si è- ironicamente- scusata per il “suo” scomodo passato!

Una domanda polemica riguarda i diritti umani, oggi messi in dubbio in un’Europa divisa che si sente minacciata (e che minaccia di “sgretolarsi”): secondo la Gavron l’uscita del Regno Unito dall’Europa sarebbe la mossa peggiore e tutte le donne devono lottare per ottenere i propri diritti, ma non solo loro: tutti devono lottare insieme per ottenerli.

Tra poco sarà l’8 Marzo: vale ancora la pena festeggiare? E il termine “suffragette”, che etimologia specifica ha?

Secondo la Gavron il termine “Suffragette” nasce dal “Daily Mail” che gli diede una connotazione dispregiativa; poi le donne se ne appropriarono, dando questo nome al loro giornale. Le donne se ne appropriarono, per indicare il loro movimento che preferiva metodi di disobbedienza civile.

L’8 Marzo è importante da festeggiare, per ricordare alle donne quello che è stato fatto ma anche quello che si dovrà ancora fare, restando sospesi tra passato, ricordo e futuro.

Il film uscirà il prossimo 3 Marzo in 124 copie.

Suffragette

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