Vietato Morire: l’incontro con il regista e i protagonisti del documentario

Vietato Morire

Ieri mattina, alla Casa del Cinema di Roma, è stato presentato il documentario Vietato Morire, esordio alla regia di Teo Takashi in cui vengono raccontate quattro storie che si incontrano all’interno della comunità di recupero per la tossico dipendenza di Villa Maraini a Roma. Presenti in sala a rispondere alle domande della stampa, il distributore, il regista Teo Takahashi, il cast e gli operatori sociali della Villa.

 

Teo quale è l’urgenza e cosa ti ha spinto a fare un film del genere?

Innanzitutto vorrei ringraziare Marcello Romani (il cantante di strada che canta per l’intero film n.d.a.) senza il quale questo progetto non sarebbe nato e Fernando Alba che si è occupato della post produzione audio che con la sua mano e bravura artistica mi ha aiutato molto con la realizzazione del film.

Più che un urgenza o una spinta emotiva c’è la necessità di raccontare uno stato di cose, che non può non interessare la maggior parte della mia generazione, forse è stata anche una necessità egoistica. Sicuramente è stato un evento nel realizzarsi, un alchimia particolare in tutti i giorni delle riprese tra la villa e noi della troupe.

Teo quanto è costato il film? Come è stato organizzato e ci sono stati problemi?
Il film è stato prodotto da Adrea Pirri Ardizzone, un mio amico che produceva video rap e underground, ci siamo trovati ad un certo punto in cui lui voleva fare un film e io raccontare questa storia. Il film è costato sui sei mila euro contando anche la post produzione ed ha avuto i problemi produttivi come è normale che si vengano a creare nelle produzione indipendenti, ma le abbiamo superate con la buona volontà e il coscienzioso utilizzo delle nuove tecniche che abbiamo il privilegio di poter sfruttare.

Quanto c’è di costruito e quanto invece ti sei fatto sorprendere dalla realtà, per raccontare queste storie?
Pasolini diceva “Il Cinema è il linguaggio scritto della realtà” questo per dire che la realtà non sempre è una cosa esterna a noi che possiamo solo catalogare, sfruttare ed osservare senza far nulla, molte volte diventa proprio un ingrediente vivo, cosciente e coscienzioso dell’opera, per cui c’è stato un enorme lavoro da parte di tutti gli attori e dico attori perché quello che si vede sullo schermo non è una semplice registrazione di una realtà che sta lì ferma da riprendere, bensì riprende una prova attoriale non indifferente, tranne per pochi casi, le persone con cui ho lavorato non avevano alcun esperienza della recitazione eppure hanno dimostrare come la creatività e l’arte sono presenti all’interno della parte passionale delle persone, serve solo una sorta di detonatore ad attivarla.

Il personaggio di Cristiana Gaggioli non era presente nella proiezione di 55′ per la sala, cosa che invece sarà possibile vedere nella versione da 70′ nella on Demand su Own Air, e aggiunge:

Io sono la parte più costruita se vogliamo, non faccio parte dell’ambiente, di villa Maraini, sono un’attrice che ha studiato e posso dire che comunque tutti hanno fatto vedere loro stessi, non hanno finto una narrazione quella è la realtà di Villa Maraini, che io ho potuto vedere come reale perché il primo giorno in cui Teo ha spiegato le sue intenzioni di girare, è stata la prima volta che sono entrata in un centro di accoglienza e l’impatto è stato molto diffidente e anche per i tossicodipendenti, il giorno dopo è cambiato tutto, perché grazie a Teo, è bastato contattare un po’ l’anima, la loro e la mia e tutto è cambiato, erano persone non diverse dalla realtà di tutti i giorni. Questo documentario lo dimostra, è una realtà durissima con cui tutti noi siamo costretti a fare i conti.

Teo, Il cinema di Pasolini, se e quanto ha influito nel tuo cinema?
Pier Paolo Pasolini è una personalità che ha influenzato completamente l’Italia che viviamo, visto che sto tentando di fare questo mestiere sto cercando di seguire dei filoni più aperti, era indispensabile accogliere l’insegnamento di questo maestro, infatti l’insegna che si vede nel film, è la targa che si trova all’idroscalo di Ostia. Quindi si l’influenza è innegabile.

Teo, nel film c’è anche una frase di Paul Morrisey, quando lo ha visto?
È uno dei registi che ha collaborato con Andy Warrol e faceva parte della factory, un nostro amico è il suo aiuto regista, abbiamo dato il documentario facendoci dare le sue impressioni e opinioni.

Teo questa è una realtà che un ragazzo della tua generazione è interessato a conoscere, ma perché Villa Maraini?

Villa Maraini è un posto assolutamente fuori dall’ordinario soprattuto nel circuito della disintossicazione, è un posto straordinario perché si adopera “la filosofia della riduzione del danno”,

peculiarità che ti interessa non appena entri nel centro, poiché non prevede una cura unica per tutti ma una cura individuale, è uno sviluppo, che progredisce con chi chiede e ha bisogno di aiuto. Questa è una delle caratteristiche che si respira in maniera tangibile nel centro.

Teo come è stato l’impatto con gli operatori quando hai proposto il progetto?

Abbiamo fatto un gruppo ed è stato subito accettato senza alcun problema, dimostrando come le cose possano essere funzionali e funzionino, c’è stato un grande entusiasmo e partecipazioni da parte di tutti, molti ragazzi hanno collaborato, Antono D’annucci ha fatto da fonico, la risposta al film è stata immediata e positiva.

L’ambientazione introno a te è casuale, oppure si ricollega all’invisibilità?
Operatori di Villa Maraini: No è tutto reale, noi abbiamo cominciato nel 1992 alla Stazione Termini su dieci ragazzi che vedevamo otto erano tossicodipendenti tutto quello che Teo ha firmato è uno spaccato di quello che noi abbiamo visto e viviamo tutti i giorni, oggi sta migliorando la situazione ma ancora c’è da fare. Abbiamo sposato questo progetto proprio per far vedere, Teo lo ha visto, e noi lo abbiamo aiutato a raccontarlo. Da un cortometraggio di otto giorni è diventato un film di un mese e mezzo, dando la stima anche ai ragazzi che sono lì ancora oggi.

Teo il finale è aperto, perché?

Il finale è aperto perché la realtà è aperta, è una questione individuale e inconscia, le problematiche del documentario sono abbastanza grandi per poterle risolvere.

Arianna Di Cori anche tu hai un passato nella villa?

Si, anche io sono stata nella villa e ho conosciuto questa realtà, e per me così come tutti quelli che hanno partecipato a questo film il ritrovarsi a Villa Maraini con questa veste, molto diversa, è stato molto importate anche come crescita personale e io personalmente essendone uscita, so che restano le ferite che siamo riusciti a comunicare è qualcosa che non si chiude in nessun caso, non si può porre una fina definita e per questo il finale per me è giusto aperto.

Patrick Romhalho per te come è stato vivere questo film e fare questo viaggio attoriale?

Per me è stato interpretare me stesso, mi sono appassionato a questo progetto Teo ci ha proposto questa racconto che non ci ha pesato, anzi ci ha uniti. È nata anche una spinta a frequentare di nuovo villa Maraini.

Per il distributore “Distribuzione Indipendente”, avete pensato al futuro di questo film?

I nostri film hanno una vita molto lunga perché a differenza delle circuitazioni classiche escono ad una data e continuano ad essere proiettati per mesi e mesi, costruendo grazie all’appoggio di Cineclub, Cine Circoli e Cinema d’essay una continua visione.
Noi siamo deboli per le multisale, le grandi produzioni e distribuzioni, ma siamo abbastanza forti in determinati spazi o mezzi, quali il DVD, che vengono utilizzati male, sfruttiamo diversi canali per cercare di creare quella vetrina indispensabile e importantissima per tutti i giovani e non, talenti che con una logica non sana della distribuzione italiana non hanno possibilità di emergere. Abbiamo una porta a Los Angeles e una piccola a Pechino dove presenteremo otto opere da marzo a luglio. Quello che stiamo cercando di fare è creare delle strade parallele,  perché questi film nelle periferie e province animano la vita culturale dei centri urbani.
Questa pellicola in particolare ha un messaggio molto forte e profondo, benché non c’è una rivoluzione a cui molti giovani aspirano, c’è un contenuto e un punto di vista non ordinario, questo è buono e importante, noi  scegliamo molte opere tra l’horror, commedie, gialli ma la profondità e i contenuti molto spesso mancano, qui no.

Progetti Futuri?

Teo Takahashi: Pensavo a qualcosa di fantascientifico perché andiamo verso un assetto del potere Orwelliano…

Patrick Ramhalho: Sto cercando di riprendere la mia vita, ho delle passioni, faccio tatuaggi sono diplomato come fonico, sto cercando lavori.

Arianna di Cori: Sicuramente rimanere coinvolta in progetti di questo tipo, non sono sempre un attrice, però vorrei continuare su questo filo in generale, proporre cose che abbiano un valore e che possano comunicare qualcosa.

Operatori Villa Maraini: sta andando a presso alla crisi, tutto questo lavoro non viene ricompensato dallo Stato e ci mette sempre in difficoltà, le persone soffrono per la crisi mondiale e non possono aiutare le persone che sta male, noi stiamo combattendo anche con la regione Lazio che non ci risponde, poi molti lavoratori non sono retribuiti, stiamo cercando finanziatori per mantenere in vita il centro.

Il 20 Febbraio 2010 ci sarà una proiezione in una sala del circo di Distribuzione Indipendente, una cena con la proiezione del documentario e tutto l’introito sarà devoluto a Villa Maraini.

 

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