Mr. Turner: recensione del film di Mike Leigh

Mike Leigh porta a Cannes un film in costume (il secondo, dopo Tupsy Turvy), ripercorrendo gli ultimi anni del celebre paesaggista inglese. Mr. Turner propone un immagine del pittore rozza e egoista ma allo stesso tempo affascinante, affidata all’attore Timothy Spall, che si esprime grandiosamente attraverso un registro di biechi ed esilaranti grugniti per tutto il film. Ma Turner per Mike Leigh non è soltanto un eccentrico pittore di paesaggi marittimi: la sua arte si fonda sulla totale immersione nella natura (impressionante la scena in cui si fa legare all’albero di una nave durante una tempesta); tuttavia l’avvento delle tecnologie, la fotografia, i treni a vapore, lo portano a distaccarsi dalla rappresentazione naturalistica in favore di una nuova sensibilità per la luce e la realtà. Sensibilità necessariamente incompresa dai colleghi della Royal Academy, che lo renderà un precursore dell’impressionismo e più in generale dell’arte moderna.

 

Tutto questo passa attraverso una vita personale tormentata, segnata profondamente dalla morte del padre, e divisa tra un rapporto squisitamente erotico con la domestica e l’amore frugale e romantico di una vedova.

Timothy SpallMr. Turner fa i conti con pregi e difetti del cinema biografico (in particolare quello britannico): narrativamente garbato e suggestivo, ma, senza essere mai del tutto scontato, spesso incline ai cliché dei film in costume. Anche la fotografia tenta di mettersi al servizio del linguaggio dell’artista, creando atmosfere esteticamente interessanti e funzionali.

Mike Leigh adotta uno stile molto posato ed elegante, evitando le soluzioni estreme degli ultimi film che infrangevano (non senza una certa cura) i codici del cinema narrativo, privilegiando una esecuzione pulita, ritmicamente semplice, che forse non convince del tutto la sala. Il timido applauso ci fa pensare che forse il pubblico si aspettava qualcosa di più.

scritto da Enrico Baraldi

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cannes-2014-mr-turner-recensione-film-mike-leighMr. Turner fa i conti con pregi e difetti del cinema biografico (in particolare quello britannico): narrativamente garbato e suggestivo, ma, senza essere mai del tutto scontato, spesso incline ai cliché dei film in costume.