Si possono raccontare le contraddizioni dell’Italia di oggi, cinica e corrotta, attraverso lo sguardo disilluso e disincantato tipo del noir? La risposta è il film di Marco Risi (figlio dell’illustre Dino) Cha Cha Cha, in uscita nelle sale italiane dal 20 Giugno.
La storia di Cha Cha Cha riprende le classiche atmosfere tipiche del noir classico con una metropoli indifferente e spietata sullo sfondo (in questo caso Roma) sempre testimone involontaria di piccoli e grandi segreti, mentre si muovono in primo piano personaggi “fissi” come l’ispettore Corso (Luca Argentero), ex poliziotto dal fiuto infallibile costretto a reinventarsi detective privato dopo un “affare sporco” che gli ha stroncato la carriera, grazie pure alla “collaborazione” della sua eterna nemesi Torre, ispettore interpretato da un Claudio Amendola ruvido e coriaceo che ben si adatta ai panni di questo tutore della legge sui generis. Corso vive immerso nella sua solitudine, ma dal suo passato riemerge un grande amore: è un’attrice bionda, bella, algida e sofisticata, una “creatura pericolosa” (Eva Herzigova). Michelle adesso è legata ad un ricco e potente avvocato, tale Argento (Pippo Delbono), un uomo meschino, ma la donna chiede a Corso, l’unico uomo di cui si fida, un favore: seguire e controllare il figlio Tommaso (avuto da un’altra relazione), un adolescente che potrebbe mettersi nei guai. I guai non tardano ad arrivare.
Cha Cha Cha, il film
Risi costruisce un ottimo thriller/noir nella migliore tradizione americana o francese, con una sceneggiatura solida e una storia che è un continuo gioco di specchi, dove non tutto è come sembra e non tutti siamo al sicuro: c’è tutto questo in un ritratto impietoso e ben confezionato, nascosto tra le pieghe di una trama ferrea da film “di genere”, nascosto tra le espressioni indecifrabili dei suoi protagonisti. Luca Argentero esibisce una prova d’attore di ottima qualità, misurato, mai sopra le righe, restituendo i fasti dei tanti detective solitari che hanno popolato il cinema fino ad oggi: schivo, sdrucito, ma allo stesso tempo virile e testardo, il suo detective Corso è dotato di un’incrollabile morale, è un esempio di correttezza in un mondo popolato dalla falsità e dalle ambiguità; una mosca bianca che alla fine dovrà però piegarsi a questo “grande gioco di società” pur di salvarsi e di salvare la donna che ha tanto amato, la diva inaccessibile che ha perfino il terrore di sfiorare…
Risi orchestra una sinfonia “nera” confezionando un meccanismo tecnicamente perfetto, fedele ai canoni del genere, senza mai tradirlo e senza mai eccedere troppo in nessuna sperimentazione; la scelta di una metropoli apparentemente “anonima” (ma in realtà capiamo benissimo che si stratta di Roma e la scelta non è nemmeno tanto casuale: la città eterna è il centro del potere) immortalata di giorno e- soprattutto- di notte impreziosisce il film insieme alla colonna sonora che oscilla tra il jazz malinconico di un sassofono e le sonorità ovattate e sintetizzate dal tono claustrofobico ed ipnotico.