Un sapore di ruggine e ossa (De rouille et d’os) è il film del 2012 diretto da Jacques Audiard basato sulla raccolta di racconti Ruggine e ossa (Rust and Bone) di Craig Davidson.
In Un sapore di ruggine e ossa, Alì, giovane arrabbiato senza arte né parte, si ritrova improvvisamente a dover gestire il figlio Sam, che ha solo 5 anni e suo padre lo conosce appena. Senza casa e senza soldi, i due si trasferiscono nella città dove vive la sorella di Alì e dove lui trova un primo lavoro come buttafuori in un locale. È qui che incontra Stéphanie, affascinante ammaestratrice di orche in un parco acquatico. Le loro esistenze, apparentemente inconciliabili, sono destinate a incontrarsi e scontrarsi ancora, in seguito ad un tragico incidente che li costringerà entrambi a fare i conti con sé stessi e a far pace con la vita.
A due anni dall’acclamatissimo Il profeta, Jacques Audiard torna con un altro film denso e coinvolgente, Un sapore di ruggine e ossa (De rouille et d’os), liberamente ispirato a una serie di racconti brevi di Craig Davidson e presentato in concorso all’ultimo Festival di Cannes. Un film “fisico”, in tutto e per tutto. A cominciare dal titolo, così semplice – quasi didascalico – eppure così evocativo.
Due parole che subito si fanno immagine: l’immagine di qualcosa che è stato trascurato, abbandonato a sé stesso, e di qualcosa che si rompe, ma che forse riuscirà a rigenerarsi. Parole che evocano tristezza, dolore, ma anche speranza, rinascita. “Fisica” è la regia, con la macchina da presa sempre in movimento, e il fiato sul collo dei protagonisti. Letteralmente. La macchina gli sta addosso, li segue da vicino, ci immerge nella loro realtà, rendendoci partecipi fino in fondo dei loro drammi e delle loro fragilità. Ci sbatte in faccia i loro corpi e la loro sofferenza, e ci spinge a chiederci cosa faremmo noi al loro posto…
Un sapore di ruggine e ossa recensione del film con Marion Cotillard
Ma la “fisicità” sta anche nei rapporti fra i personaggi, soprattutto nel modo in cui Alì (il formidabile Matthias Schoenaerts) si relaziona con le persone attorno a lui. Tanto per iniziare, è fisico il rapporto che ha con se stesso e con la sua vita, un rapporto fatto di rabbia e aggressività repressa, cui darà libero sfogo combattendo negli incontri clandestini di boxe. È fisico il rapporto di Alì col piccolo Sam, con cui l’uomo non riesce a comunicare se non con le maniere forti (non è esattamente un padre amorevole, ecco).
Ed è fisico il suo rapporto con Stéphanie (una Marion Cottilard tormentata e straziante), già dal loro primo incontro. I due, infatti, si vedono per la prima volta al locale dove Alì fa il buttafuori e dove interviene dopo che la ragazza è stata malmenata da un brutto ceffo.
Stéphanie si troverà a vivere una situazione drammatica e all’apparenza irrisolvibile, in cui la dimensione fisica si imporrà con violenza ma “per sottrazione”, mettendo quindi in evidenza tutti i limiti cui sarà costretta la ragazza, e rafforzando inevitabilmente il contrasto con l’esuberanza quasi animalesca di Alì.
Tanta “fisicità” farebbe pensare a un film (Un sapore di ruggine e ossa) ruvido e povero di sentimenti, invece Audiard ci regala ancora una volta un film che è, sì, crudo ed estremamente diretto nel rappresentare la realtà dei suoi personaggi, ma anche ricco di sfumature e di emozioni potenti. E che ti lascia con quel sapore tutto particolare di ruggine e ossa.