I fratelli Jean- Pierre e Luc Dardenne tornano dietro la macchina da presa, arricchendo il mosaico della loro vasta filmografia con un nuovo tassello intitolato Due Giorni Una Notte, dramma umano con protagonista la tenace e intensa Marion Cotillard, qui nei panni di Sandra, un’operaia in una fabbrica di pannelli solari che viene licenziata dopo una brutta depressione. Ha a disposizione solo due giorni per convincere tutti i suoi colleghi a votare nuovamente per lei, salvandole il posto di lavoro e rinunciando ad un bonus di mille euro. Ma la via verso la salvezza è lunga e ardua, e non sempre la realtà corrisponde alle proprie speranze ed aspettative.

 

I Dardenne, da sempre impegnati nel sociale, tornano a mettere in scena- utilizzando un linguaggio crudo e realistico, senza virtuosismi pleonastici o scivolate nel sentimentalismo- un dramma umano prima che sociale, raccontando una piaga che affligge la nostra società: la disoccupazione.

Il dramma della perdita di un lavoro si riflette sull’identità dell’individuo, che si sente sempre più ai margini di un tessuto sociale che ha da sempre alimentato, condiviso e vissuto in prima persona, finché non ne è stato escluso forzatamente. Il dramma messo in scena è quello della classe media odierna, sempre più povera e sempre più incline ad un meccanismo da “cane mangia cane” per salvaguardare sé stessa e il proprio status; una classe che ha perso il suo potere d’acquisto e, parallelamente, il suo ruolo attivo nella vita sociale e nazionale.

I Dardenne utilizzano gli occhi limpidi della Cotillard come specchi in cui riflettersi, carichi di pietà e dignità, frutto pure del contegno di un personaggio- quello di Sandra, appunto- che non perde la sua integrità morale mai, in nessuna situazione, nemmeno quando si ritrova faccia a faccia con i suoi colleghi, creature impaurite e spaventate come lei che, almeno in questa occasione, si sono ritrovate dall’altro lato della barricata.

A metà strada tra il neorealismo e la nouvelle vague, lo sguardo della macchina da presa si snoda tra le villette dei quartieri residenziali e le case di periferia, dove si racconta di una moderna classe operaia che, anche stavolta, è ben lontana dal paradiso.

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Ludovica Ottaviani
Ex bambina prodigio come Shirley Temple, col tempo si è guastata con la crescita e ha perso i boccoli biondi, sostituiti dall'immancabile pixie/ bob alternativo castano rossiccio. Ventiquattro anni, di cui una decina abbondanti passati a scrivere e ad imbrattare sudate carte. Collabora felicemente con Cinefilos.it dal 2011, facendo ciò che ama di più: parlare di cinema e assistere ai buffet delle anteprime. Passa senza sosta dal cinema, al teatro, alla narrativa. Logorroica, cinica ed ironica, continuerà a fare danni, almeno finché non si ritirerà su uno sperduto atollo della Florida a pescare aragoste, bere rum e fumare sigari come Hemingway, magari in compagnia di Michael Fassbender e Jake Gyllenhaal.