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Il condominio dei cuori infranti: recensione del film

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Il condominio dei cuori infranti: recensione del film

In Il condominio dei cuori infranti un uomo rimasto temporaneamente paraplegico in seguito a un bizzarro incidente con una cyclette si finge un fotografo professionista per conquistare l’infermiera del turno di notte nell’ospedale in cui si rifornisce in segreto di snack. Un astronauta della NASA, durante un inaspettato rientro sulla Terra, si trova a dover chiedere ospitalità a un’anziana donna di origine magrebina appassionata di sit-com. Un giovane e apatico studente stringe un occasionale e complesso rapporto di amicizia con una nevrotica vicina, attrice di mezza età in piena crisi artistica. Queste le storie e questi i destini che s’incontrano (e scontrano) all’ombra di tre angusti appartamenti situati in un diroccato condominio della periferia francese, scatenando una serie di reazioni a catena che progrediscono allo straordinario ritmo di una favola grottesca e a tratti surreale. Prendendo spunto da due strambi racconti contenuti nell’antologia «Chroniques de l’Asphalte» la quinta pellicola del regista transalpino Samuel Benchetrit, presentata fuori concorso al 68° Festival di Cannes, si pone come uno dei casi cinematografici più interessanti degli ultimi tempi, in primis grazie alla straordinaria capacità di saper conciliare una garbata messa in scena squisitamente minimalista con tocchi di surrealtà e humor degni delle più acute opere sperimentali brechtiane.

Il condominio dei cuori infranti, il film

Il racconto si dipana attraverso uno stile straordinariamente essenziale che ricalca l’estetica kafkiana di Roy Andersson, rinunciando a barocchismi nei movimenti di camera e scegliendo invece di impiegare una serie di inquadrature per lo più statiche e teatrali, le quali ben sanno descrivere il doppio rapporto fra il dentro e il fuori, fra la “clausura” dei singoli locali e la brumosa atmosfera degli esterni, sempre ripresi attraverso illuminazioni crepuscolari o con aperture di campo molto ristrette.

Facendo ricorso a una prima parte affidata esclusivamente alla predominanza dell’immagine-azione e a una seconda in cui prevale il peso dell’immagine-parola (meglio, discorso) Il condominio dei cuori infranti impiega il procedimento della narrazione episodica – già sperimentato da Benchetrit nei precedenti lavori – per intersecare fra loro tre improbabili coppie, le quali non possono che affidarsi alla natura effimera e ambigua di rapporti destinati a sorprendenti trasformazioni, in una narrazione nella quale la donna si trova a ricoprire il ruolo centrale e contraddittorio di amica-amante, madre-salvatrice e sconosciuta.

Avvalendosi di partecipazioni internazionali eccellenti quali Michael Pitt, Isabelle Huppert e Valeria Bruni Tedeschi, il film appare come una divertente e profonda riflessione sul ruolo della solitudine, della solidarietà e delle relazioni d’occasione, spingendo lentamente il proprio eccellente pedale qualitativo entro un mondo suburbano fatto di cemento e apparente freddezza, dove uno sporadico e inquietante rumore di sottofondo contribuisce a sottolineare la natura criptica e a tratti perturbante.