Il Mundial Dimenticato

In Il Mundial Dimenticato tra il 1938 e il 1950 le manifestazioni sportive si fermano per la seconda guerra mondiale. Così fa anche il calcio, che quindi non fa disputare i mondiali nel 1942 e nel 1946. Anche se, da un racconto di Osvaldo Soriano, sembra trapelare un’altra verità: nel 1942 nella terra lontanissima di Patagonia, nel sud dell’Argentina, si sono disputati i mondiali di calcio, con alcune squadre europee, e la squadra dei Mapuche, gli indios argentini. Questa “scoperta” solletica la curiosità di Lorenzo Garzella e Filippo Macelloni, documentaristi esperti, e con un interesse particolare per il calcio giocato, visto che precedentemente avevano realizzato documentari sui Mondiali e alcune monografie di atleti, che partono per andare a vedere se tutto  fosse solo un’intuizione geniale dello scrittore o celasse un minimo di verità.

 

Il quantitativo minimo di realtà di Il Mundial Dimenticato, che è un mockumentary in piena regola, risiede nella spontaneità degli intervistati, vecchietti che ricordano i bei tempi, e che magari avrebbero davvero voluto che invece della guerra, ci si disputasse la supremazia tra nazioni giocando per la coppa Rimet. L’inganno è perfetto e ben calibrato, tanto che ricorda un’altra opera che è addirittura stata selezionata prima a Cannes e poi nella cinquina degli Oscar per il miglior documentario, Exit through the gift shop, del celebre street artist di cui nessuno ha mai visto il volto, il britannico Banksy. In quel caso però, il mockumentary attorno allo street artist francese inventato era un mezzo per portare in scena un vero documentario sulla street art e vedere all’opera artisti come Obey, Space Invader e lo stesso Banksy.

In questo caso il mockumentary è perfettamente ricostruito: filmati di repertorio, alcuni targati Istituto Luce, per gentile concessione, alcuni ex atleti accondiscendenti che hanno dissertato sul metodo Mapuche, diventato anche un video viral sul web ad opera dell’agenzia pubblicitaria Tbwa che ha ingaggiato Gianluigi Buffon, prestatosi con un visibile divertimento a raccontare quanto questo metodo lo avesse aiutato ad esempio durante i mondiali in Germania. Insomma, Il mundial dimenticato è una vera opera dell’ingegno, studiata a tavolino, con molto materiale e molti argomenti; il calcio infatti è un pretesto per parlare ad esempio delle popolazioni Mapuche, una minoranza etnica con una lunga storia alle spalle sia in Cile che in Argentina, di cinema perchè ha un ruolo molto importante per lo sviluppo della storia il ritrovamento delle bobine di quello che fu l’operatore dei mondiali.

C’è quindi, come dicono i registi, una “messa in scena” di un documentario, un racconto della realtà reso film di finzione. Un’opera crossmediale e moderna che mette in gioco tutte le nuove tecniche di comunicazione e messa in scena, il film è stato girato totalmente in digitale e non è stato ancora “gonfiato” in pellicola, quindi gli effetti di invecchiamento e di adeguamento del materiale moderno ad un cinegiornale degli anni ’30 sono un risultato della lavorazione in postproduzione momento in cui si è inserito anche un contributo in grafica 3D nel film. Insomma un piccolo film che racchiude in sé molti film, un paio di generi e qualche decennio di tecnica cinematografica, un mix riuscito che svela soprattutto la passione e l’amore per il racconto cinematografico dei due registi.

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