Love For Life – recensione

In un piccolo villaggio cinese un traffico illecito di sangue ha diffuso l’AIDS nella comunità. La famiglia Zhao è al centro della vicenda: Qi Quan, il figlio maggiore, è stato il primo a indurre i vicini a donare il sangue con la promessa di denaro veloce. Il nonno, disposto a tutto pur di rimediare al danno causato dalla sua famiglia, trasforma la scuola locale in una casa di cura per i malati. Fra i pazienti c’è il suo secondo figlio De Yi (Aaron Kwok), che affronta la morte imminente con rabbia e incoscienza. De Yi incontra la bellissima Qin Qin (Zhang Ziyi), moglie del cugino, recente vittima del virus. I due sono attratti l’uno dall’altra, condividendo l’amarezza e la paura del loro destino. Pur senza aspettative per il futuro, diventano amanti ma si accorgono presto di essere davvero innamorati l’uno dell’altra. Il sogno di vivere la loro relazione in modo legittimo e libero viene compromesso quando i compaesani li scoprono: con il tempo che scivola via, devono decidere se arrendersi o dare una possibilità alla felicità prima che sia troppo tardi.

 

Gu Changwei, cresciuto alla scuola di Zang Yimou e premiato all’esordio registico (Peacock, 2005) con l’Orso d’Oro a Berlino, porta sullo schermo un dramma romantico dal sapore orientale, ambientato all’inizio degli anni ’90 e pienamente calato in quell’atmosfera socio culturale della Cina di quegli anni. Il regista si fa scudo di due volti molto noti: Aaron Kwok è De Yi, e la bellissima Zang Ziyi è la splendida protagonista Qin Qin, elegante e vivace, è consapevole del suo imminente destino, ma che non rinuncia alla vita e all’amore. Il ritmo molto lento del film potrebbe rappresentare un ostacolo per lo spettatore, ormai molto più abituato ai ritmi ‘oltreoceanici’, tuttavia l’eleganza della pellicola, soprattutto da un punto di vista della fotografia, riesce a catturare l’attenzione e lascia appassionare gli animi ad un problema universale raccontato attraverso la lente di una potente storia d’amore.

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