Il primo lungometraggio
di Francesco Prisco si apre con l’immagine di una
mano su di un vetro appannato, immagine che vedremo spesso durante
i 90 minuti del film Nottetempo.
La mano è della giovane Assia
(Nina Torresi), una ragazza che coltiva il sogno di un amore
impossibile per il poliziotto Matteo (Giorgo Pasotti nelle
vesti inedite di un personaggio dark), un uomo misterioso di cui
lei conosce solo la professione e la passione per il Rugby.
Nonostante le fantasticherie di Nina, la realtà di Matteo è del
tutto diversa e la ragazza avrà modo di scoprirlo in seguito ad un
terribile incidente stradale: il pullman su cui la ragazza sta
viaggiando esce fuori strada e si capovolge. Matteo salverà Assia
dall’esplosione ma non riuscirà a tirar fuori dall’inferno di
lamiere l’altra superstite, una donna incinta.
Questa terribile
tragedia unirà al destino dei due anche quello di Enrico
(Gianfelice Imparato), un ex comico televisivo alle prese
con il proprio declino professionale ed una tragedia personale.
Nottetempo è una riflessione sul caso, il destino, e gli equivoci in cui si può cadere quando si vive molto nel mondo della propria fantasia e delle proprie proiezioni. Francesco Prisco utilizza l’escamotage stilistico del vetro appannato per mostrarci il mondo interiore di Assia. In questo universo parallelo Matteo incarna l’ideale dell’uomo buono e giusto che la ama e la protegge. Il disvelamento della realtà sarà un duro colpo per lei ma le permetterà di vivere finalmente la sua vita al di fuori dei sogni.
Anche il personaggio di
Enrico vive in un sogno di vendetta che ha come protagonista Matteo
ma anche lui non sa nulla di cosa si cela nella vita e nell’animo
del ragazzo. Infine Matteo, un uomo egoista che si è lasciato alle
spalle tutto per rincorrere un sogno di carriera e successo, vive
nella vana speranza di poter tornare dopo nove anni a Bolzano, il
suo paese d’origine, e poter ricominciare tutto come se niente
fosse, utilizzando come mezzo per raggiungere il suo scopo la
prevaricazione e la violenza.
Nottetempo è un film particolare per il panorama cinematografico italiano, non solo perché esce dal genere commedia che di questi tempi va per la maggiore, ma anche perché è un film dalla forte impronta stilistica autoriale.
Francesco Prisco lavora senza la base di una sceneggiatura solida, senza dare coerenza alla storia, concentrandosi sull’indagine delle le emozioni e della psicologia dei personaggi. Tuttavia questa mancanza di struttura, durante la visione, si fa sentire, e si ha l’impressione che uno spietato montatore abbia tagliato anche troppo lasciando in sospeso molti punti che potevano essere sviluppati.