Paulette recensione di Jérôme Enrico

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In un momento in cui i nostri anziani campano a stento di misere pensioni e sono sempre più considerati un peso sociale, il regista francese Jérôme Enrico propone la sua personale ricetta anticrisi, un fantasioso manuale di sopravvivenza che individua rimedi…a dir poco anticonvenzionali!

Paulette (Bernadette Lafont) è una vecchia signora che, rimasta vedova, è stata costretta a cedere la sua adorata pasticceria a quei “maledetti musi gialli” che hanno invaso la periferia di Parigi. Ormai ridotta a frugare tra la spazzatura per rimediare qualcosa da mangiare, comincia a notare i loschi traffici che si agitano nel suo quartiere, e decide di entrare a farne parte: d’altronde, con lo spaccio di hashish si guadagna piuttosto bene, e la sua pratica mentalità imprenditoriale la aiuterà a farsi strada nella nuova attività, in uno slalom continuo tra il genero poliziotto, la minacciosa concorrenza e amiche rimbambite e ficcanaso (tra queste si distingue il nome di Carmen Maura, musa di Almodovar immigrata d’eccezione).

paulette posterSpicca per genialità questa moderna favola urbana che prende spunto da una reale notizia di cronaca, segnalata da una studentessa del laboratorio di scrittura tenuto dallo stesso Enrico: il coinvolgimento nel commercio di Cannabis di un’anziana signora in serie difficoltà economiche. Da questo eccezionale nucleo poteva nascere la più straziante delle tragedie o la più spassosa delle commedie: per fortuna, il regista è riuscito a intravedere e sviluppare le possibilità della seconda opzione.

Il prodotto finale è un piccolo gioiello che brilla di entusiasmo e di fine humor, raro caso di uno spettacolo insieme intelligente e divertente al massimo grado.

Xenofoba incattivita, Paulette incarna la degenerazione della povertà e della solitudine a cui i nostri vecchi sono spesso condannati. Poco portata per l’autocommiserazione e il lamento, ella è più incline all’insofferenza nei confronti del prossimo, che viene puntualmente esternata: è proprio qui che l’esilarante sceneggiatura si scatena, ideando battute e sberleffi che, fregandosene del politicamente corretto, fanno di “Nonna Spinello” e della sua lingua tagliente il cuore pulsante della pellicola.

Il ritmo narrativo è così incalzante da non contemplare tempi morti: mirabilmente costruito e mai scontato, il film si fa forte delle situazioni assurde che racconta. L’alleanza tra giovani spacciatori immigrati e una tradizionale vecchietta col foulard in testa non è cosa da tutti i giorni, e permette così di battere inesplorati territori di comicità: giudicando dalle risate sguaiate della sala, l’operazione si può dire straordinariamente riuscita.

Bernadette Lafont si ritrova nei panni di quella che potrebbe essere la versione invecchiata della ragazza a cui quarant’anni fa aveva dato il volto in Mica scema la ragazza! di Francois Truffaut: entrambe anime ribelli e noncuranti delle regole sociali, sono sorprendenti cicloni di vitalità.

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