Shirley: in corsa per la Casa Bianca, la recensione del film diretto da John Ridley

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Chi scrive adora le aree classificazioni di Netflix: nel caso del film Shirley: in corsa per la Casa Bianca diretto da John Ridley (Premio Oscar alla miglior sceneggiatura non originale per 12 anni schiavo del 2014), disponibile sulla piattaforma dal 22 marzo, le etichette di presentazione sono ‘linguaggio’ e ‘temi forti’. Il biopic ripercorre l’ascesa politica di Shirley Chisholm, la prima deputata di colore eletta al Congresso degli Stati Uniti d’America: una donna che ha fatto di entrambe le parole la linea guida della propria carriera politica a partire dal suo motto: mai accettare le cose come sono. Nel biopic, tuttavia, emerge il linguaggio, sì, ma i temi davvero forti che sconvolgevano non solo l’America ma il mondo intero negli anni Sessanta e Settanta rimangono ai margini dell’inquadratura.

 

Shirley racconta la storia di Shirley Chisholm ma non dei suoi anni

Il film inizia nel 1968: le proteste contro la guerra del Vietnam infiammano i campus, ai giochi olimpici di Città del Messico i pugni chiusi alzati sul podio da John Carlos e Tommie Smith portano la protesta antirazzista in mondovisione e il movimento femminista avanza stringendo tra le mani il libro di Betty Friedan ‘La mistica della femminilità’. È una società in fermento quella in cui la protagonista Shirley Chisholm matura la decisione di correre per la presidenza agli Stati Uniti d’America: emergono la straordinaria forza di volontà che la porta ad affermarsi come un’orgogliosa mosca bianca in un contesto di WASP in giacca nera e il carattere granitico di una donna in cui la determinazione va di pari passo con l’incapacità di sottostare a convenzioni e gerarchie, forse per le sue origini caraibiche, sottolineate, nella versione originale, da un’interpretazione che vede la lingua inglese accentuata da forti influenze creole.

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Shirley - In corsa per la casa bianca Regina King
Lance Reddick è Wesley “Mac” McDonald, Regina King è Shirley Chisholm e Brian Stokes Mitchell è Stanley Townsend in Shirley – In corsa per la casa bianca. Cr. Glen Wilson/Netflix © 2023.

Si rimane cioè nell’ambito della storia personale, per quanto straordinaria, di una donna che non era disposta ad aspettare per fare grandi cose, come le veniva suggerito, e ha lottato per rimanere fedele a se stessa e alla difesa dei diritti delle donne, delle persone di colore, degli immigrati, degli operai. Quello che non si comprende appieno è la portata della corsa di Shirley Chisholm e la sua rappresentatività per un’opinione pubblica divisa da anni di violenza, fuori e dentro gli Stati Uniti, con gli attentati del gruppo Black Panthers. Anche l’ingresso in scena del loro leader, Huey Percy Newton, scorre via incolore e così le strategie di potere che tessono maglie sempre più strette attorno alla campagna elettorale dell’aspirante candidata, determinandone l’esito.

I sette mesi della corsa alla Casa Bianca

Il film ripercorre i sette mesi che intercorrono tra la presentazione dell candidatura di Shirley Chisholm, nel gennaio del 1972, e la vittoria alle primarie del Partito Democratico del candidato che si contese la presidenza alla Casa Bianca, nel mese di luglio; momento spoiler: vincerà perla seconda volta il repubblicano Richard Nixon. A giugno scatta lo scandalo Watergate e non è un dettaglio da poco, dal momento che le forze democratiche si coalizzeranno per scongiurare la rielezione del presidente corrotto. La parabola di Shirley Chisholm dipende anche e soprattutto da questo, non è un’avanzata legata esclusivamente alle sue capacità oratorie o alla bravura e coesione del suo staff ma tutto questo rimane fuori da una ricostruzione che scorre a ritmo forzato e mantiene il campo troppo stretto, il tutto, va detto, condito da buona musica anni Settanta.

Interprete della protagonista Shirley Chisholm è Regina King, premio Oscar 2019 come miglior attrice non protagonista per Se la strada potesse parlare, qui anche co-produttrice del film, mentre Christina Jackson presta il volto a Barbara Lee, attualmente deputato democratico al Congresso, che ha lavorato nella campagna elettorale di Shirley Chisholm e ne ha seguito le orme fino a raccoglierne il testimone politico per cambiare le cose dall’interno, per citare un mantra ripetuto più volte nel film.

Sommario

La parabola di Shirley Chisholm dipende anche e soprattutto da questo, non è un'avanzata legata esclusivamente alle sue capacità oratorie o alla bravura e coesione del suo staff ma tutto questo rimane fuori da una ricostruzione che scorre a ritmo forzato e mantiene il campo troppo stretto, il tutto, va detto, condito da buona musica anni Settanta.

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La parabola di Shirley Chisholm dipende anche e soprattutto da questo, non è un'avanzata legata esclusivamente alle sue capacità oratorie o alla bravura e coesione del suo staff ma tutto questo rimane fuori da una ricostruzione che scorre a ritmo forzato e mantiene il campo troppo stretto, il tutto, va detto, condito da buona musica anni Settanta.Shirley: in corsa per la Casa Bianca, la recensione del film diretto da John Ridley