Words with Gods-3

 

Words with Gods mostra nove potenti storie in cui le credenze religiose giocano un ruolo centrale nella vita dei protagonisti che sono accomunatati dall’esperienza di nascita e di morte, di fede perduta e ritrovata. Le nove diverse culture si incontrano nell’originalità delle firme dei nove registi internazionali che attraverso il loro sguardo raccontano: la spiritualità aborigena (Warwik Thoron), la religione umbanda (Héctor Bebnco), l’induismo (Mira Nair), il buddismo (Hideo Nakata), l’ebraismo (Amos Gitai), il cattolicesimo (Álex de la Iglesia), il cristianesimo ortodosso (Emir Kustica), l’islam (Bahman Gobadhi) e infine l’ateismo (Guillermo Arriga).

orig-poster-wwg-portraitPresentato Fuori concorso alla 71° Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia e basato su un’idea di Guillermo Arriaga con la supervisione a cura di Mario Vargas Llosa, il documentario trascina lo spettatore in un racconto esistenzialista, che sottolinea la filosofia predominante di ogni religione in maniera tale da cogliere l’essenza e di far conoscere quel “diverso” che tanto fa paura.
Contraddistinto da tratti ironici, allegorici con un accurata e precisa idea registica, i nove capitoli rendono il documentario comprensibile a tutti andando a creare un forte legame tra un episodio e l’altro. I grandi silenzi, le musiche, le domande della quotidianità rendono la visione un immersione in una conoscenza che supera la barriera linguistica trovandoci a seguire questi personaggi che riflettono sui grandi eventi della vita. La macchina da presa diventa l’occhio, che si esime da ogni concetto che potrebbe spostare il discorso in questioni socio-politiche e che preferisce suggestionare con le sue inquadrature. Si attraversano così i silenziosi e interminabili scenari australiani della cultura aborigena che si oppongono alla frenesia della parentesi induista, caricata di ironia e metafore. Mentre dall’altra parte de la Iglesia predilige il paradosso in chiave tragicomica sul sacramento cattolico della Confessione che inevitabilmente si contrasta con il bellissimo piano sequenza con movimento laterale del Libro di Amos per l’ebraismo. Ma il documentario non perde di vista il suo scopo universale, ovvero mostrare come la religione affronta le perdite o i grandi cambiamenti epocali, come ci mostra Bebnco nella storia del padre che perde il figlio o vivendo le emozioni di un superstite dello Tsunami del 2011 con Nakata.

Seppur le storie siano caratterizzate da un grande dramma narrativo, la maestria di questi registi sta nel tessere storie di religione e non trattati di teologia, ideate con un taglio attuale e fresco fatto di esempi a noi vicini senza ricordare trascorsi storici. Si elimina così tutto lo sconcerto a cui ci ha abituato il rimpallo mediatico della cronaca di guerra e presentando una bella fotografia globale sulle diversità e il significato delle religioni.

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