I ruoli dei grandi volti maschili del cinema hanno seguito in gran parte la strada del biopic, esigendo un grande sforzo di immersione da parte di coloro che hanno avuto l’incombenza di dare corpo ai protagonisti di alcune delle pellicole più sorprendenti dell’anno.

 

Dopo ben due nomination nel giro di appena due anni, Bradley Cooper si trova a vestire gli eroici panni di Chris Kyle, il migliore cecchino dei Navy SEAL e reduce di guerra per eccellenza. Nell’interpretare un personaggio realmente vissuto e morto prematuramente, nel controverso American Sniper, Cooper ha dato uno strepitoso esempio di immersione totale all’interno della mente progressivamente sempre più distorta del protagonista. Ottima prestazione che sa andare ben oltre la superficie storica e biografica, unendo la realtà con una rielaborazione personale mai fuori tono.

Portentosa e caleidoscopica appare la prestazione di Beneditct Cumberbatch nell’indossare l’eccentrica uniforme di Alan Turning, matematico e crittoanalista britannico artefice del primo prototipo di computer capace di decrittare i messaggi tedeschi durante il secondo conflitto mondiale. La performance di Cumberbatch in The Imitation Game è curatissima e profonda, capace di far emergere appieno la psicologia complessa di un uomo in lotta costante con sé stesso, incapace di instaurare un legame affettivo ma al contempo genio dalla mentre inafferrabile.

Dopo una carriera folgorante, rinasce dai meandri di Hollywood Michael Keaton, il quale si trova a dare corpo al protagonista di Birdman, un attempato ex-divo del cinema che vuole portare in scena, tra mille difficoltà, una personalissima quanto rocambolesca opera teatrale dal sapore intimista. All’interno della pellicola la prova di Keaton crea una mimesi impressionante fra realtà e finzione, fra attore e personaggio, dando vita ad una maschera che dimostra la psicosi e la sete di successo che ogni uomo, dopo i cinque minuti di gloria, è portato ad inseguire ad ogni costo.

In stato di grazia appare invece la prova di Eddie Redmayne, chiamato a dare sfoggio di bravura interpretando Stephen Hawking, famoso astrofisico britannico capostipite delle teorie sui buchi neri, mente eccellente imprigionata in un corpo affetto da artrosi muscolare. Redmayne in La teoria del tutto riesce con garbo ed eleganza a dare sfogo all’immagine inedita dell’uomo dietro l’uomo, delle emozioni che hanno attraversato uno dei maggiori cervelli dei nostri tempi, riuscendo a dare forma al sentimento celato dietro alla mente. Redmayne si fonde totalmente con Hawking, diventa lui, senza però perdere il distacco capace di far emergere in primis la sua umanità.

Non è possibile non rimanere folgorati da uno Steve Carrell dalle sembianze totalmente irriconoscibili in Foxcatcher, una parte più che mai insolita come quella di John du Pont, eccentrico e ambiguo miliardario che nel 1988 decise di mettere in piedi una squadra di spietati lottatori per rinfrancare l’onore americano alle Olimpiadi di Seul. Carrell da libero sfogo a tutto un armamentario di espressioni e di atteggiamenti che lo rendono perfetto per una figura d’uomo che si trasforma come in un gioco di specchi distorti, un ombroso e indecifrabile essere che l’attore sa far emergere senza troppi trucchi.

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