Archiviato il grandissimo successo de Il capitale umano, Paolo Virzì torna dietro la macchina da presa con La Pazza Gioia, per raccontare il dramma della malattia mentale attraverso i toni della commedia che a volte si traveste da avventura on the road e altre da favola dolceamara sull’indegnità come condizione che differenzia e sulla vulnerabilità come sentimento che unisce. Per farlo il regista e sceneggiatore italiano si avvale della collaborazione della collega e amica di lunga data Francesca Archibugi (che con Virzì firma la sceneggiatura) e del talento di due bravissime attrici: Valeria Bruni Tedeschi e Micaela Ramazzotti.

 

In La pazza gioia la sedicente contessa Beatrice e la tatuata e silenziosa Donatella sono due donne affette da disturbi mentali, entrambe in custodia giudiziaria presso una struttura riabilitativa in quanto ritenute socialmente pericolose. Molto diverse tra loro, le due stringeranno col tempo una forte amicizia che le porterà a fuggire da quel manicomio per ricercare la felicità, lasciandosi andare alla pazza gioia…

La pazza gioia, il film

Le atmosfere fredde e beffarde della Brianza lasciano spazio ai toni più caldi ed euforici dell’immaginaria Villa Biondi (una comunità terapeutica per donne ritenute pazze), specchio di un realtà disprezzata e condannata che si apre a riparo contro la ferocia del mondo, e in cui si muovono Beatrice e Donatella, la prima con sofisticata autoironia, la seconda con dolcezza e fragilità.

Paolo Virzì affida al personaggio della Bruni Tedeschi (Beatrice) la componente più allegra, umoristica ed eccitante del film, mentre lascia nelle mani della Ramazzotti (Donatella) il lato più misterioso, cupo e anche violento della storia. Il risultato è un duetto al femminile in cui è la prima ad aver la meglio sulla seconda, che con slancio temerario si cala nei panni di una personalità istrionica, divertente e umana, facendosi carico di buona parte della riuscita di un film sorprendentemente leggero per le tematiche che affronta, ma sviluppato in maniera estremamente semplicistica.

Ne La Pazza Gioia (in uscita nelle sale italiane il 17 maggio dopo la presentazione nella sezione Quinzaine des Réalisateurs al Festival di Cannes 2016) la scrittura è un mezzo per “ficcare il naso” in vissuti tumultuosi e stigmatizzati, ma non uno strumento per scavare nella profondità di due esistenze sconclusionate che, narrativamente e cinematograficamente parlando, si sarebbero prestate ad un’analisi e ad una rappresentazione molto più brutali.

Un film che, rispettando lo stile di quasi tutti i precedenti lavori di Paolo Virzì, cerca di tenersi in equilibrio tra due generi diversi, risultando convincente nella delineazione di una presunta felicità all’interno della costrizione, ma meno incisivo quando prova a raccontare l’inevitabile oscurità di un mondo imprevedibile in maniera disinvolta, quasi spensierata.

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