
Ti ho cercata in tutti i necrologi segna il ritorno alla regia di Giancarlo Giannini, dopo Ternosecco, datato 1987. Il regista s’ispira a una storia vera per costruire un racconto intrigante sin dal titolo, in una commistione di stili che fanno del lavoro di Giannini, un’opera difficilmente inquadrabile in un unico genere. 
L’evoluzione e il dramma del protagonista non è però costruita su momenti statici o particolari riflessioni, ma attraverso un racconto dinamico, strutturato intorno alle caccie, che permette al film di mantenere una certa tensione per tutto l’arco narrativo. La recitazione è volutamente enfatica, grazie anche al copione ricco di battute curiose e grottesche, e riporta sullo schermo ancora una volta tutto l’istrionismo di Giancarlo Giannini, oltre alla bravura di Silvia De Santis e Murray Abraham, capaci di dare spessore a due personaggi contraddittori come Helena e Braque.
Giannini realizza un film difficile e ambizioso, col coraggio di distaccarsi dalle tipiche produzioni del nostro paese, alla ricerca di una miscela originale di generi e influenze dalla riuscita difficoltosa ma lodevole. Il soggetto è interessante, soprattutto a livello di tematiche, e riesce a mantenere la tensione dello spettatore sempre vigile. Ti ho cercata in tutti i necrologi pone quesiti di una certa rilevanza, risultando forse pretenzioso, preferendo comunque non dare risposte precise, sicuramente complesse. Come Nikita gioca con la morte, Giannini si diverte a giocare con le sue capacità attoriali e registiche, alla ricerca di qualcosa di diverso, mostrando tutta la sua passione per il cinema e mettendosi alla prova, così come il suo protagonista sfida se stesso prima che la morte.
