My Father’s Shadow, recensione dell’edordio di Akinola Davies Jr.

Presentato al MUBI Fest e premiato a Cannes, My Father's Shadow è un esordio lirico e intenso che racconta una giornata del 1993 in Nigeria attraverso lo sguardo di due bambini. Un ritratto familiare delicato e politico insieme, candidato dal Regno Unito agli Oscar 2026.

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Con My Father’s Shadow, presentato al MUBI Fest e al cinema a partire dal 6 febbraio 2026, distribuito da MUBI, Akinola Davies Jr. firma un esordio che conferma il suo talento poetico e la capacità di guardare il mondo con delicatezza. Il film, primo titolo nigeriano selezionato nella sezione ufficiale del Festival di Cannes – in Un Certain Regard, dove ha ottenuto una menzione speciale della Caméra d’Or – è stato inoltre scelto dal Regno Unito come candidato per l’Oscar al miglior film internazionale. Girato interamente in pellicola da 16 mm tra Lagos e Ibadan, racconta una sola, intensa giornata di giugno del 1993: un giorno cruciale per la storia politica della Nigeria che diventa il teatro privato di una piccola grande storia familiare.

Una giornata che racconta una vita

La vicenda segue due bambini, Akinola e Remi, che trascorrono una giornata con il padre, Folarin, che per motivi di lavoro vedono raramente. Mentre il Paese affronta il suo destino collettivo, i fratellini vivono piccole avventure che servono a rivelare loro, e a noi spettatori, la realtà quotidiana del padre: il suo lavoro, le sue stanchezze, i compromessi, ma anche gli affetti tenaci che lo legano alla famiglia. La narrazione, concentrata e modulata come un racconto orale, procede per dettagli, gesti, sguardi: tutto ciò che non viene detto affiora nelle immagini e nei primi piani.

La forza del film sta proprio nella scansione minuta del tempo: una giornata che si dilata fino a diventare una biografia in miniatura, in cui le grandi questioni storiche – la politica, la tensione nazionale – si intrecciano con gli affetti più piccoli eppure decisivi. È il paradosso della storia rappresentata dal basso: mentre un Paese decide il suo futuro, una famiglia decide il suo presente.

La domanda che squarcia il film

Al centro della scrittura emotiva c’è una battuta semplice ma terribilmente struggente, pronunciata dai bambini: “Mamma dice che Dio ci vuole bene ma non lo vediamo mai; non vediamo spesso neanche te e dici che ci vuoi bene, quindi chi si vede poco è perché ci vuole bene?” La domanda, ingenua e tagliente, lascia scoperte le contraddizioni dell’amore e della presenza; nel volto del padre si legge la difficoltà di rispondere, e in quel vuoto si misura l’intero patto morale del film. Davies Jr. costruisce attorno a quella domanda un discorso universale: come si dimostra l’affetto quando la vita impone distanze e doveri?

My Father’s Shadow: linguaggio visivo e scrittura sonora

La scelta del 16 mm non è un vezzo nostalgico ma una decisione estetica che conferisce al film una grana tattile: la pellicola fotografa la polvere delle strade, la luce scaldata dal sole nigeriano, i volti come mappe di esperienza. Le inquadrature di Davies Jr. sanno essere intime e al tempo stesso larghe, capaci di inserire il microcosmo familiare nel respiro più ampio della città e del paese. Il suono è ugualmente calibrato: i rumori della strada, i canti, i silenzi domestici partecipano alla costruzione di un’atmosfera che è insieme realistica e lirica.

Un ritratto politico senza retorica

Pur collocandosi in una giornata politicamente cruciale, My Father’s Shadow evita il giornalismo militante o la retorica storica: la politica resta sullo sfondo, percepita più che spiegata. Questo non è un limite ma una scelta: la regia preferisce sondare l’impatto della storia sulle vite individuali, mostrando come le scelte nazionali si riverberino in scelte personali e affettive. Lagos e Ibadan non sono scenografie esotiche, ma paesaggi vivi, popolati da persone che lottano, ridono e trovano modi per essere felici nonostante le difficoltà.

My Father’s Shadow: un debutto che impressiona

Uno dei meriti più profondi del film è la restituzione di dignità ai personaggi mostrati: Akinola Davies Jr. non cerca il pittoresco né il pietismo, ma un realismo rispettoso che abbraccia la complessità dei suoi protagonisti. I bambini non sono simboli, ma presenze vive, concrete, mentre il padre non è un archetipo, bensì un uomo attraversato da limiti e  responsabilità. La Nigeria che il film ritrae non è sfondo esotico, ma una comunità che resiste, che inventa forme di felicità nelle fessure del quotidiano.

In questo contesto umano, la menzione speciale alla Caméra d’Or appare più che meritata: My Father’s Shadow è un debutto consapevole e potente, un’opera che parla di affetti, assenze e identità con una scrittura visiva sorprendentemente matura e una sensibilità rara. Una pellicola che, più che raccontata, viene ricordata: nelle immagini, nei silenzi, e soprattutto in quella domanda dei bambini che continua a risuonare ben oltre i titoli di coda.

My Father's Shadow
3.5

Sommario

Un esordio intimo e potente, capace di trasformare una giornata qualunque in un ritratto familiare ed emotivo che resta impresso.

Camilla Tettoni
Camilla Tettoni
Romana, classe 1997, è laureata in Lettere Moderne all’Università di Siena e in Italianistica all’Università di Bologna, con lode. Ha conseguito un Master in International Journalism presso l’University of Stirling e un corso avanzato in Geopolitica presso la Scuola di Limes. Appassionata di cinema, dal 2025 collabora con Cinefilos.it con recensioni e approfondimenti cinematografici, affiancando attività di critica culturale e pubblicazioni su riviste italiane e internazionali.

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