5 Bambole per la Luna d’Agosto è il film del 1970 di Mario Bava con protagonisti nel cast Edwige Fenech, William Berger, Ira von Furstenberg.
Presentato all’interno della retrospettiva che la nona edizione del Festival di Roma ha dedicato al regista Mario Bava, 5 Bambole per la Luna d’Agosto rientra nella categoria di quei cult un po’ dimenticati che il celebre “artigiano” del cinema italiano ha saputo realizzare nel corso della sua longeva carriera dietro la Macchina da presa.
Il film, pur essendo stato girato e distribuito nel 1969, appartiene a pieno titolo per via delle tematiche trattate, il gusto visivo, lo stile, la fotografia e le altre scelte registiche al filone della new wave di celluloide che ha caratterizzato la rinascita cinematografica degli anni ’70, soprattutto nell’Italia del neorealismo e della commedia, da questo momento in poi dominata dai generi e dai loro sommi guru; non a caso, la protagonista della vicenda è una giovane e sensuale Edwige Fenech, diva e volto caratterizzante del nostro cinema del decennio seguente.
5 Bambole per la Luna d’Agosto, il film
La pellicola è ambientata in una lussuosa villa su un’isola deserta dove si incontrano, per una vacanza apparentemente normale, alcuni uomini d’affari con le rispettive mogli, oltre ad uno scienziato. L’obbiettivo degli uomini è convincere il luminare a vendere il brevetto di una sua nuova invenzione che- per motivi etici- non ha intenzione di cedere a terzi, a nessun prezzo. Per impossessarsi della misteriosa e potente formula alla base del brevetto, qualcuno comincia misteriosamente ad assassinare uno per uno tutti gli ospiti della dimora.
Su una base narrativa che ricorda da vicino un classico racconto di Agatha Christie, come Dieci Piccoli Indiani, Bava utilizza le sue visionarie doti di artigiano dell’orrore per creare un racconto carico di suspense e tensione: attenendosi al gusto che caratterizzerà poi un’intera epoca cinematografica, orchestra una spirale perfetta di delitti e nefandezze, mostrando le potenzialità pericolose della natura umana quando ci sono in gioco interessi e denaro; il tutto re- interpretato attraverso lo sguardo di una spy story a base di scienziati, formule, belle donne e pistole fumanti, come se si trattasse di un film alla Bond, ma senza nessun agente segreto protagonista. Le inquadrature, le scelte musicali, la location sono un preludio ad un modo di fare cinema che segnerà un’intera generazione di registi; e Mario Bava si riconferma, anche in questo caso, come un precursore dei tempi, in grado di anticipare ed influenzare i gusti e le scelte tecniche di numerosi registi che hanno visto in lui un Maestro del genere- prima ancora che del brivido, della suspense, o dell’orrore.
Anche quando Bava si allontana dai territori classici del genere che ne hanno segnato la fortuna, non perde mai il suo inconfondibile “graffio”, una firma che è sinonimo di qualità.