Skellig: la recensione del film tratto dal romanzo di David Almond

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Tratto dal celebre romanzo di David Almond, Skellig si colloca tra quelle opere che cercano di superare il confine del semplice intrattenimento per ragazzi, avventurandosi su terreni più complessi, in cui fantasia e introspezione si intrecciano. Diretto da Annabel Jankel, il film propone un racconto sospeso tra il realismo del quotidiano e l’inquietudine del mistero, affidandosi a interpreti capaci di restituire intensità a una storia che si muove tra dolore, speranza e scoperta.

La pellicola apre spunti narrativi che non si limitano alla dimensione infantile, ma invitano a riflettere sul senso della cura, della fragilità e dell’accettazione. È un fantasy che poggia le sue basi sulla dimensione intima dei personaggi, un viaggio in cui il giovane protagonista trova nel fantastico la forza di affrontare le difficoltà più grandi.

Trama: Michael e l’incontro con l’enigmatico Skellig

Michael si trasferisce con la sua famiglia in una vecchia casa decadente alla periferia di Londra. Il motivo è la gravidanza della madre, che presto darà alla luce una sorellina. Ma la bambina nasce con una grave malformazione al cuore, lasciando la famiglia nell’angoscia.

Nel pieno delle sue paure, Michael scopre in giardino un uomo misterioso nascosto in un magazzino abbandonato. Sporco, debole, coperto di polvere e con un aspetto inquietante, questo essere – che si presenta come Skellig – sembra a metà tra un clochard e una creatura fantastica. Accudito con pazienza e dedizione, l’uomo recupera lentamente le forze, rivelando a Michael la sua vera natura e conducendolo verso un percorso di crescita personale e scoperta interiore.

Tim Roth e il giovane Bill Milner: un duetto intenso

Il cuore pulsante del film è rappresentato dalle interpretazioni. Tim Roth, trasformato da un trucco accurato che ne accentua l’aura inquietante, regala una performance intensa e stratificata, incarnando Skellig come un essere al tempo stesso spaventoso e fragile, enigmatico e salvifico.

Accanto a lui, il giovane Bill Milner dimostra notevole maturità, riuscendo a reggere il confronto con l’attore britannico e a farsi spazio con una recitazione sensibile e autentica. In alcune sequenze, il suo Michael riesce persino a rubare la scena al carisma di Roth, contribuendo a costruire un rapporto credibile e coinvolgente tra i due personaggi.

Regia e atmosfere tra fascino e incertezze

Se sul piano interpretativo il film funziona, la regia di Annabel Jankel mostra qualche limite. L’intreccio tra realismo e fantastico non sempre trova un equilibrio stabile: gli enigmi legati alla figura di Skellig si trascinano a lungo, generando un’attesa che in alcuni momenti si rivela eccessiva. La durata complessiva, un po’ dilatata, rischia di appesantire un racconto che avrebbe beneficiato di maggiore sintesi.

Nonostante ciò, Skellig mantiene un fascino particolare. La Londra sullo sfondo appare quasi neutrale, priva di tratti distintivi, scelta che accentua la centralità dei personaggi e della loro vicenda. Alcuni riferimenti simbolici legati alla figura di Skellig suggeriscono interpretazioni più profonde, lasciando spazio a letture metaforiche sul significato del personaggio e sul suo ruolo di “angelo caduto” o di guida spirituale.

Un fantasy intimo e malinconico

In definitiva, Skellig è un film che si rivolge a un pubblico ampio, disposto a lasciarsi coinvolgere da una storia sospesa tra realismo e mistero. Pur con i suoi difetti, soprattutto sul piano della regia e del ritmo, riesce a lasciare un segno grazie all’intensità dei protagonisti e al modo in cui affronta temi universali come la malattia, la paura e il bisogno di credere nel fantastico.

Skellig
3.5

Sommario

Skellig è un fantasy intimo e malinconico, sostenuto dalle interpretazioni di Tim Roth e Bill Milner, che riflette su fragilità, mistero e crescita personale.

Francesco Madeo
Francesco Madeo
Laureato in Scienze Umanistiche-Cinema e in Organizzazione e Marketing della Comunicazione d'Impresa è l'ideatore di Cinefilos.it assieme a Chiara Guida e Domenico Madeo.

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