Dominik Moll torna a indagare le zone grigie della giustizia con Dossier 137, presentato in concorso a Cannes 78. Dopo La notte del 12, premiato e acclamato per il suo rigore narrativo, il regista francese si misura con un tema altrettanto scottante: le violenze della polizia e il lavoro degli ispettori dell’IGPN, l’organismo di controllo interno delle forze dell’ordine. Un’indagine complessa, spesso scomoda, che porta la protagonista Stéphanie — interpretata da Léa Drucker — a interrogare i propri colleghi più che dei veri e propri criminali, in un clima di ostilità, reticenza e continua messa in discussione.
3Un’indagine dall’interno della polizia
L’episodio da cui prende avvio il caso è un fatto di cronaca che ha fatto discutere la Francia: durante una manifestazione caotica a Parigi, un giovane manifestante, Guillaume, viene gravemente ferito. I sospetti cadono subito su un reparto di agenti chiamati a contenere la folla nonostante fossero palesemente impreparati alla gestione dell’ordine pubblico: in una delle battute più amare del film, si dice che abbiano preso i kit anti-sommossa “dal Decathlon”. Mentre uno dei ragazzi coinvolti finisce in ospedale, l’altro, Rémi, viene incarcerato: solo lui potrebbe testimoniare ciò che è accaduto davvero, ma è messo a tacere da un sistema che sembra più interessato a proteggere se stesso che a scoprire la verità.
Moll costruisce il racconto come un’indagine che diventa sempre più personale: Stéphanie scopre che la vittima è originaria di Saint-Dizier, la sua stessa città natale. Questo dettaglio, apparentemente irrilevante, diventa un elemento destabilizzante. La protagonista si ritrova sospesa tra il suo dovere di imparzialità e un legame emotivo che affiora contro la sua stessa volontà. Il conflitto tra etica professionale e senso di appartenenza si fa più acuto man mano che l’indagine procede, in un contesto in cui tutti sembrano avere qualcosa da perdere: la polizia, l’IGPN, i manifestanti, i familiari.