Home Blog Pagina 3116

Joaquin Phoenix a caccia di vampiri?

0
Joaquin Phoenix a caccia di vampiri?

Dopo l’anno sabatico, che si è poi scoperto essere nient’altro che un esperimento fatto insieme all’amico Casey Affleck, l’amato e talentuoso Joaquin Phoenix torna al lavoro, e a quanto pare lo fa con una pellicola molto discussa e molto attesa.

Pare infatti che Joaquin sia in trattative per il ruolo di Henry Sturgess nel film Abraham Lincoln: Vampire Hunter. Diretto da Timur Bekmambetov e prodotto da Tim Burton e dalla 20th Century Fox, il film può già contare su Benjamin Walker per il ruolo protagonista. Sturgess è un altro personaggio importante: un vampiro che incontra il giovane Lincoln e gli salva la vita durante la lotta con un’altra e più feroce creatura della notte. I due fanno amicizia e Sturgess diventa una specie di mentore per il ragazzo e lo addestra per combattere i suoi simili.

Fonte: comingsoon.it

Javier Bardem nel nuovo James Bond?

0

biutiful

Padre novello, nominato all’Oscar e in lizza per il ruolo da protagonista nell’adattamento della saga kinghiana della Torre Nera. La carriera di Javier Bardem è sempre più slanciata e ora arriva anche la notizia che  potrebbe avere un ruolo di primo piano anche nel 23esimo film di James Bond.

 

The Conspirator Trailer: nuovo film di Robert Redford!

0
The Conspirator Trailer: nuovo film di Robert Redford!

James_Macavoy

E’ stato pubblicato il trailer di The Conspirator, nuovo film da regista per Robert Redford, con un cast davvero interessante: Robin Wright, James Mcavoy, Evan Rachel Wood, Kevin Kline, Alexis Bledel, Toby Kebbell, Danny Huston, Johnny Simmons, Stephen Root, Justin Long e Tom Wilkinson.

Nicolas Cage e Michele Soavi?

0
Nicolas Cage e Michele Soavi?

Il regista Michele Soavi  autore de “Il sangue dei vinti” è stato accostato recentemente a Nicolas Cage. A quanto pare è stato proposto all’attore americano il ruolo del protagonista del suo prossimo film Treasure of Pompeii, un racconto famigliare in stile Goonies ambientato a Pompeii, che apparentemente dovrebbe essere il prossimo progetto di Soavi.

Nicolas Cage è attualmente impegnato sul set di Ghost Rider 2, e dovrebbe in seguito girare anche National Treasure 3. Non si sa nient’altro sulla notizia, ma dall’agenda apprendiamo che l’attore sia abbastanza impegnato.

Dylan Dog il film: tantissime foto!

0

Dylan dog: il film: la Moviemax ha rilasciato un sacco di foto del film diretto da Kevin Munroe con Brandon Routh.

 

 

Into Paradiso: recensione del film con Peppe Servillo

0
Into Paradiso: recensione del film con Peppe Servillo

In Into Paradiso Alfonso (Gianfelice Imparato) è un ricercatore scientifico napoletano recentemente licenziato che, superata la cinquantina, deve reinventarsi una vita e trovare un nuovo lavoro. Un suo amico gli consiglia di chiedere aiuto ad un vecchio conoscente, ora noto politico, Vincenzo (Peppe Servillo) e farsi raccomandare. Gayan (Saman Anthony) è un ex campione di cricket dello Sri Lanka, che pensa di trovare una vita migliore in Italia, rispetto ad un futuro come modesto cronista sportivo in patria. Ad alimentare questa illusione è stato il cugino, che ha raccontato diverse bugie sul suo stile di vita nel nostro paese.

Gayan si ritrova così a dover vivere in un lavatoio sul tetto di un palazzo del quartiere Cavone a Napoli, in cui realmente vivono molti cingalesi, e a dover fare da badante ad un’anziana signora altoborghese appassionata di telenovele sudamericane. Vincenzo, candidato alle prossime elezioni, viene convocato e costretto da un capo locale della camorra a far consegnare un “pezzo” ad alcuni suoi scagnozzi, il politico non vede persona migliore del disperato Alfonso per svolgere questa missione, che viene illuso di stare portando un regalo ad un fantomatico rettore di università. La consegna va male oltre ogni aspettativa e la storia si complica. Alfonso trova rifiugio nel palazzo dei cingalesi e nel casotto di Gayan, Vincenzo va alla sua ricerca, con la missione di metterlo fuori gioco, obbligato dalle minacce del camorrista.

Into Paradiso, il film

Il resto della  storia quindi si sviluppa attorno al terrazzo dal quale Alfonso non può scendere, la sedia a cui viene legato Vincenzo per evitare di commettere sciocchezze e il paese in cui Gayan è costretto a restare contro la sua volontà. Il film di Paola Randi, che esce il 10 febbraio in sole 30 copie, è frutto di un’impressione: durante una passeggiata per Napoli, la regista ha visto un gruppo di ragazzi cingalesi giocare a cricket con accanto un gruppetto di ragazzini italiani che giocavano a calcio. Da qui l’idea di raccontare una storia di convivenza ma anche di costrizione, come precisa durante la conferenza stampa Peppe Servillo, voce degli Avion Travel prestata al cinema, che ha un ruolo anche nella colonna sonora, visto che le musiche sono realizzate da un altro componente del gruppo napoletano: Fausto Mesolella.

Più che di coabitazione, Into Paradiso narra infatti lo estraniamento e la reazione al cambiamento dei personaggi principali. Alfonso si deve rimettere in gioco ad un’età in cui normalmente si dovrebbero avere delle certezze,  di colpo perde il lavoro e, a causa di Vincenzo, si trova in una situazione che non gli appartiene, rinchiuso in un luogo che è in Napoli, ma in cui i napoletani sono gli estranei che lo vogliono morto, mentre i normalmente “stranieri”, i cingalesi, sono coloro che lo aiutano. Vincenzo, d’altronde si trova costretto in una complicazione che non aveva pianificato. E’ l’unico effettivamente in prigionia, visto come viene legato alla sedia e reso inoffensivo dai tranquillanti che Alfonso gli somminstra.

Gayan è invece emigrato in un paese che non ha niente in più da offrirgli rispetto a quello di origine, che anzi gli prometteva un lavoro adatto alle sue competenze. Il suo problema è pratico: deve trovare i soldi per comprare il biglietto di ritorno in Sri Lanka. Intorno a tutto ciò c’è Napoli, che non è però protagonista ingombrante di Into Paradiso, come spesso accade. Il tutto si racchiude nei pochi metri quadri del casotto e nella stanza della signora bene dove lavora Gayan. I camorristi, il motore della storia, sono tratteggiati in maniera quasi comica, ognuno perfettamente aderente allo stereotipo del mariuolo un po’ guascone. A differenza di ciò che avviene in molte altre storie di questo tipo in cui i due personaggi costretti a convivere alla fine perdono di vista il proprio obiettivo iniziale in nome della nuova amicizia, i due personaggi principali sono molto razionali nel perseguire la loro missione di tirarsi fuori dai guai.

La logica di Into Paradiso è permeata però da momenti realmente onirici: la regista ammette infatti una certa fascinazione per gli effetti girati nel momento di ripresa o realizzati non in postproduzione. Fatto che dà vita a due sequenze molto interessanti che non sono un “corpo estraneo” ma sono perfettamente inserite nella dinamica della storia. Nella prima, Alfonso ricostruisce il delitto a cui ha assistito e che lo ha portato in quella situazione: crea un plastico sul quale viene proiettata, su diversi angoli, la scena a cui ha assistito e con la quale lui interagisce. La seconda è un sogno girato a passo uno nel quale Alfonso immagina di sedurre l’affascinante cugina di Gayan. Queste ed altre sono alcune soluzioni che rendono il film molto divertente, di certo con alcuni punti da smussare, ma sicuramente una buona prima prova da regista per Paola Randi.

Box Office USA 31 gennaio 2011

0

Un diabolico Anthony Hopkins in testa al BOX Office Usa. Non poteva essere altrimenti. Una commedia senza troppe pretese di essere la più demenziale al mondo, ma, anzi con velleità di essere sofisticata non poteva non cedere all’uscita di un “filmone  de paura” in cui Anthony Hopkins dà nuovamente il volto ad un personaggio controverso; The Rite infatti, con un incasso di 15 milioni di dollari realizzato nella prima settimana di uscita scalza dalla vetta No strings attached “rom-com” con Natalie Portman e il signor “Demi Moore” Ashton Kutcher,che segue il primo in classifica con un incasso lordo di 13,7 milioni di dollari.

In terza posizione un film d’azione: The mechanic in cui Jason Statham, attore scoperto da Guy Ritchie ma ormai abbonato ai ruoli da duro ha a che fare con un apprendista mercenario.

Il film che ha ottenuto più candidature ai prossimo Oscar, The king’s speech, si ferma alla quarta posizione, il film, uscito lo scorso 28 Novembre, totalizza ad oggi un incasso lordo di 57 milioni di dollari.

Il nuovo film dei fratelli Coen, anch’esso sicuro protagonista della serata al Kodak Theatre, True Grit, scende in sesta posizione.

A seguirlo, la commedia di Ron Howard con protagonista  Vince Vaughn The dilemma.

Black swan di Darren Aronofsky convince critica e le giurie dei premi ma a quanto pare non il pubblico, visto che non riesce ad abbandonare la zona bassa della classifica, dove resta in ottava posizione con un incasso lordo di 50 milioni di dollari a fronte delle oltre 5 settimane di uscita.

Anche The fighter con Melissa Leo, Mark Whalberg e Christian Bale rimane in nona posizione, nulla hanno potuto i Golden Globes ottenuti dagli attori.

A chiudere la classifica, Yogi bear che totalizza 92 milioni di dollari di incasso a un mese dall’uscita.

Box Office ITA al 31/01/2011

Box Office ITA al 31/01/2011

Week end dominato ancora una volta dalle commedie italiane, rispettivamente Qualunquemente, Immaturi e Che bella giornata. Buon esordio per Parto col Folle e Il discorso del re, ma le altre new entry non si piazzano nemmeno nella top10. Per sapere i risultati al box office italiano…

Qualunquemente mantiene la testa della classifica italiana dei film più visti del weekend, ottenendo 3,7 milioni di euro che gli consentono di giungere a 11,3 milioni complessivi in dieci giorni. La commedia con Antonio Albanese è però tallonata da Immaturi, che ha migliorato la propria tenuta rispetto all’esordio, incassando altri 3,5 milioni per 8,4 milioni totali: un risultato inaspettato, considerando l’ “overdose” di commedie nelle sale italiane da almeno un mese.

Che bella giornata perde una posizione, con 1,9 milioni raccolti negli ultimi tre giorni che gli consentono di arrivare a ben 41,6 milioni complessivi: il film di maggiore incasso della stagione è proprio l’opera seconda di Checco Zalone, che sta ottenendo cifre da capogiro difficilmente raggiungibili.

Sorprende il quarto posto di Parto col folle con i suoi 1,4 milioni: ancora una commedia nelle prime posizioni, segno che il periodo è decisamente fortunato per il genere.

Si cambia decisamente tono con Il discorso del re, che debutta in quinta posizione con 953.000 euro: di sicuro un ottimo risultato per una pellicola puramente british che in altre circostanze non avrebbe suscitato interesse nel nostro Paese. Invece, grazie alle 12 nomination agli Oscar, ai numerosi premi vinti e al suo attuale status di pellicola favorita ai prossimi Academy Awards (non soltanto per la splendida interpretazione di Colin Firth), il film potrà riscontrare una buona tenuta nelle prossime settimane, grazie al passaparola e alla curiosità generata dai vari riconoscimenti ottenuti.

Vallanzasca – Gli angeli del male scende al sesto posto con 628.000 euro per 2 milioni complessivi: il film di Michele Placido sta registrando una performance al di sotto delle aspettative. Potremmo dunque pensare che il film avrebbe ottenuto una prestazione positiva se fosse stato distribuito qualche mese fa, poco dopo la Mostra di Venezia dove fu presentato.

Settimo posto e 480.000 euro per Animals United, arrivato a 1,4 milioni, e seguito da The Green Hornet: la new entry ha ottenuto un’accoglienza molto fredda, di certo influenzata dal 3D che, ultimamente, allontana gli spettatori invece di attirarli.

A chiudere la top10 troviamo Vi presento i nostri (401.000 euro) e Hereafter (300.000 euro), arrivati rispettivamente a 4,6 e 7,1 milioni totali.

Da segnalare infine il pessimo risultato di altre due novità del fine settimana: Febbre da fieno, presentato in molti festival internazionali, si rivela un vero e proprio flop con i suoi 63.000 euro e il quattordicesimo posto ottenuto. Discorso simile per Vento di Primavera, quindicesimo, uscita tecnica in occasione della Giornata della Memoria, che debutta con appena 52.000 euro (72.000 euro nei quattro giorni).

Il Discorso del Re: recensione del film con Colin Firth

0
Il Discorso del Re: recensione del film con Colin Firth

Le avventure di un Monarca riluttante’, questo potrebbe essere un sottotitolo adatto per Il Discorso del Re, bellissimo film di Tom Hooper, in questi giorni nelle sale. La storia è semplice, ben scritta e magistralmente interpretata: quando Re Eduardo VIII abdica per poter sposare una donna divorziata, tocca al timido Bertie, secondogenito di Giorgio V, salire al trono, con il nome di Giorgio VI.

Il Discorso del Re, la trama

Bertie però non è solo timido, ma è balbuziente, un vero e proprio handicap per un re che dovrebbe guidare il suo popolo in una guerra mondiale, la Seconda, attraverso l’utilizzo della nuova tecnologia radiofonica. Il film si apre su un discorso fallimentare che Bertie, all’inizio Duca di York, non riesce a pronunciare in pubblico a causa della sua invadente balbuzie.

In questo modo veniamo immediatamente proiettati nel cuore della vicenda, e nel dramma di quest’uomo che si vede impedito a svolgere i suoi doveri di componente della famiglia reale; il regista Tom Hooper si incolla così al suo protagonista, dall’inizio il suo problema, la sua difficoltà diventa la nostra e la sua ansia è condivisa con il pubblico che incondizionatamente si pone dalla parte di quest’uomo che avendo tutte le caratteristiche dell’uomo comune, è costretto dagli eventi ad assumere un ruolo straordinario. Ben presto si accorgerà di esserne all’altezza, ma non prima di aver mostrato la sua umanità, la sua irascibilità e il suo temperamento orgoglioso.

A capo di questa messa in scena eccellente il grandissimo Colin Firth, che già ha impressionato lo scorso anno nella sua interpretazione del dolore in A Single Man, e che adesso incanta e commuove con la sua performance ne Il Discorso del Re: l’imponenza fisica e la duttilità attoriale di Colin sono state messe a disposizione di un personaggio, il lavoro mimetico, dal gesto, alla postura, alla dizione, tutto è stato curato nel minimo dettaglio e il risultato è straordinario. Firth riesce ad apparire fragile, nonostante la sua imponenza, a sembrare sconfitto nonostante l’immensa statura morale del suo personaggio, lui è Giorgio VI. Accanto a Colin Firth traviamo due attori di ottimo livello: Helena Bonham Carter, che interpreta la consorte Elizabeth, e Geoffrey Rush, nel ruolo del controverso logopedista che viene incaricato di guarire il futuro sovrano, Lionel Logue.

Entrambi gli attori sono perfettamente all’altezza dei ruoli loro assegnati, e se la Carter appare una discreta ma salda spalla per Bertie, Geoffrey Rush da vita ad un personaggio spiritoso, ironico e decisivo per lo svolgimento narrativo della vicenda. A quanto pare l’attore si trova molto bene a corte, più che altro nei ruoli di consigliere o amico reale! Da sottolineare anche la presenza molto breve di Timothy Spall che interpreta Winston Churchill. L’attore ritrova la Carter con la quale ha già lavorato in Sweeney Todd, Alice in Wonderland e nella saga di Harry Potter e anche lui si conferma un ottimo attore capace di un lavoro mimetico davvero notevole.

Ma artefice della bellezza del film è in primis Hooper, che con una regia molto visibile segue i suoi personaggi e li posiziona con precisione all’interno del quadro, privilegiando il decentramento del soggetto e lasciando respirare l’inquadratura, riprendendo grandi pareti spoglie e ponendo il personaggio in un angolo, a voler lasciare spazio intorno, a voler far vedere oltre per far respirare il quadro, e con esso lo spettatore, proprio come il re balbuziente impara a fare a poco a poco da Lionel. L’elegante e preciso balletto che Hooper mette in scena con i suoi attori è coronato e perfezionato dall’accompagnamento musicale di Alexandre Desplat, che con discrezione prima e con decisione poi accompagna nel giusto modo la vicenda, senza imporsi ma rimanendo sempre presente, accompagnando.

La grande forza de Il Discorso del Re però è insita nella storia e nella straordinaria empatia che riesce ad instaurare con il pubblico, nell’altissimo grado di tensione che riesce a trasmettere e nella grande emozione che restituisce. Non è solo tanta bella forma, come solo le produzioni inglesi sanno fare, è anche tanto significato, una storia di grande forza e grande umanità, con una bellissima sceneggiatura, attenta e calibrata e avvalorata dalla storia vera che il film racconta, in una confezione perfetta, coronata da Colin Firth nella sua interpretazione più bella (e forse anche fisicamente impegnativa) di sempre.

In un mondo in piena rivoluzione, quando la comunicazione (e i mezzi di comunicazione) comincia a diventare  davvero importante attraverso i mass media (la radio), cosa che il film sottolinea più volte, un uomo riesce a superare i propri limiti ed a diventare un simbolo  sotto il quale un intero impero si rifugerà durante il secondo conflitto mondiale. Assolutamente un film da vedere, e di rigore, in versione originale!

Burlesque: recensione del film con Nicole Kidman

0
Burlesque: recensione del film con Nicole Kidman

Arriva a cinema distribuito da Sony Pictures Releasing Italia Burlesque, il nuovo musical diretto da Steve Antin con Kristen Bell, Cher, Stanley Tucci, Eric Dane, Cam Gigandet, Alan Cumming, Julianne Hough, Peter Gallagher, David Walton, Wendy Benson-Landes, Stephen Lee, Katerina Mikailenko

In Burlesque La giovane cameriera Ali (diminutivo di Alice) decisa e con una voce spettacolare sogna di cambiare vita, e si trasferisce dall’Iowa a Los Angeles, dove per caso e per determinazione entra a far parte del corpo di ballo del Burlesque Lounge, un teatro che offre spettacoli di varietà molto apprezzati dal pubblico pagante. Qui fa amicizia con la proprietaria Tess, con il bel barista Jack e con il costumista, Sean. Tra piccole invidie e grandi amicizia Ali riuscirà a raggiungere il successo ed a trovare l’amore.

Questo è Burlesque, per il quale poche righe bastano a tratteggiare per sommi capi una delle trame più banali degli ultimi tempi che vede protagoniste tante belle donne ma davvero poca sostanza. Ma scendiamo nel dettaglio: la giovane protagonista è interpretata da Christina Aguilera, la nota cantante che con questo film debutta al cinema. Christina non lascia spazio all’immaginazione, se da un lato si vede benissimo che non è un’attrice, prova ne è la mediocre interpretazione, dall’altro si conferma grande performer, catalizzando l’attenzione su di sé con la sua presenza scenica e le sue grandi doti canore (com’è possibile che quel corpicino contenga una voce del genere?).

A far da mentore alla giovane ragazzina campagnola una più che mai pallida Cher che sprezzante del tempo che passa, si presenta sempre in ottima forma fisica, peccato che le sue belle espressioni facciali che le valsero l’Oscar per Stregata dalla Luna siano sparite molti interventi chirurgici orsono! Fortuna che la sua profonda e particolare voce è (più o meno) rimasta la stessa, come ci testimonia il brano You Haven’t Seen the Last of Me, vincitore del Golden Globe e cantato splendidamente in una scena che sembra un tributo all’attrice/cantante, forse necessario per renderla un po’ più partecipe di un film che ruota assolutamente intorno alla bella Christina.

Se il mondo delle paillettes e delle belle donne ha sempre il suo fascino, per Burlesque si fa un’eccezione: la quasi totale assenza di spunti narrativi rende il film molto noioso e sicuramente più di uno spettatore noterà le molte somiglianze con altre trame, dal piccolo e divertente Le ragazze del Coyote Ugly, al più noto e maestoso Moulin Rouge, con il quale ha in comune il numero di Diamonds are a Girl’s Best Friends. Non pensiamo certo di scomodare la memoria della divina Marilyn, ma anche il confronto con la ‘poco meno divina’ Nicole Kidman è perso in partenza! Ma tra il vecchio (Cher) e il nuovo (Aguilera) ecco spuntare nella trama anche il semi-nuovo (o semi-vecchio che dir si voglia) e quindi ecco il personaggio di Nikki, interpretato da Kristen Bell, stella del Burlesque Lounge soppiantata dalla più brava e diligente Ali. L’idea di un personaggio che introducesse un elemento di conflitto nella linearità della vicenda è sicuramente buona, ma sviluppato in maniera pessima questo spunto si affloscia su se stesso, risultando solo un altro dei tanti elementi che nel film non funzionano.

Per quanto riguarda i maschietti del film invece qualche parola va sicuramente spesa per Stanley Tucci, che si trova ad interpretare un ruolo fotocopia di quello del Nigel de Il Diavolo Veste Prada, ma senza Meryl Streep al suo fianco. Come al solito impeccabile! E poi ci sono i belli che si contendono le grazie della protagonista: il giovane e squattrinato Jack (l’ex vampiro Cam Gigandet), cameriere con ambizioni da musicista che si innamora perdutamente di Ali; e Marcus (Eric Dane, Dr. Bollore di Grey’s Anatomy), il cliente abituale, ricchissimo uomo d’affari che vuole comprare il locale e circuire la protagonista. In pratica le versioni mal fatte di Christian e il Duca, co-protagonisti di Moulin Rouge!

Resta poco altro da dire su un film che sebbene molto pubblicizzato resta una brutta delusione. Una regia timida, una sceneggiatura debolissima e degli interpreti che guidati diversamente avrebbero potuto fare sicuramente meglio. Bocciato il regista e sceneggiatore Steve Antin, alla sua prima prova cinematografica, promosso con la sufficienza Christophe Beck compositore della colonna sonora del film, buono il lavoro di scenografia e costumi. Molto bello invece il numero di chiusura, sulla note di Burlesque cantata dalla Aguilera, che lascia una bella impressione ma non riesce a sopperire ai precedenti 115 minuti. Peccato, fallire quando a disposizione si hanno paillettes e belle donne è davvero difficile!

Morto John Barry, autore colonna sonora James Bond

0

E’ morto John Barry, compositore famoso per le colonne sonore dei film di James Bond, ma non solo.Barry aveva all’attivo quattro premi Oscar – nel 1966 per “Nata libera”, nel 1968 per “Il leone d’inverno”, nel 1985 per “La mia Africa” e nel 1990 per “Balla coi lupi” – ed è deceduto ieri per un infarto a 77 anni, secondo quanto scrive la Bbc.

Il suo primo arrangiamento del theme di James Bond come spalla di Monty Norman in “Agente 007 – Licenza di uccidere”, lo portò a comporre le colonne sonore per 11 film della serie tra il 1962 e il 1987, tra cui “Goldfinger” nel 1964 (per cui scrisse la canzone cantata da Shirley Bassey, campione di vendite in tutto il mondo). Con il film successivo “Agente 007 – Dalla Russia con amore”, Barry ebbe la completa responsabilità delle musiche componendo in appoggio al James Bond Theme di Norman il tema d’azione “007” utilizzato poi in altri episodi.

Per “Agente 007 – Thunderball: Operazione tuono” ricorse alla voce di Tom Jones, mentre per il dolce tema di “Agente 007 – Si vive solo due volte” usò quella di Nancy Sinatra. Con l’uscita dalla serie di Sean Connery e l’arrivo dell’australiano George Lazenby per “Agente 007 – Al servizio segreto di Sua Maestà” Barry reinventò il James Bond Theme. All’anagrafe John Barry Prendergast, era nato nel 1933 a York e trovò la sua prima notorietà come leader del “John Barry Seven”. Nel 1971 scrisse il tema della famosa serie tv “The Persuaders” (“Attenti a quei due”) con Roger Moore e Tony Curtis. Nel 1981 vinse anche un simpatico Razzie Awards, per la peggiore canzone scritta, assegnato a “The Man in the Mask” del film “The Legend of the Lone Ranger”.

Morto John Barry, autore colonna sonora James Bond

0

E’ morto John Barry, compositore famoso per le colonne sonore dei film di James Bond, ma non solo.

Barry aveva all’attivo quattro premi Oscar – nel 1966 per “Nata libera”, nel 1968 per “Il leone d’inverno”, nel 1985 per “La mia Africa” e nel 1990 per “Balla coi lupi” – ed è deceduto ieri per un infarto a 77 anni, secondo quanto scrive la Bbc.

Il suo primo arrangiamento del theme di James Bond come spalla di Monty Norman in “Agente 007 – Licenza di uccidere”, lo portò a comporre le colonne sonore per 11 film della serie tra il 1962 e il 1987, tra cui “Goldfinger” nel 1964 (per cui scrisse la canzone cantata da Shirley Bassey, campione di vendite in tutto il mondo). Con il film successivo “Agente 007 – Dalla Russia con amore”, Barry ebbe la completa responsabilità delle musiche componendo in appoggio al James Bond Theme di Norman il tema d’azione “007” utilizzato poi in altri episodi.

Per “Agente 007 – Thunderball: Operazione tuono” ricorse alla voce di Tom Jones, mentre per il dolce tema di “Agente 007 – Si vive solo due volte” usò quella di Nancy Sinatra. Con l’uscita dalla serie di Sean Connery e l’arrivo dell’australiano George Lazenby per “Agente 007 – Al servizio segreto di Sua Maestà” Barry reinventò il James Bond Theme. All’anagrafe John Barry Prendergast, era nato nel 1933 a York e trovò la sua prima notorietà come leader del “John Barry Seven”. Nel 1971 scrisse il tema della famosa serie tv “The Persuaders” (“Attenti a quei due”) con Roger Moore e Tony Curtis. Nel 1981 vinse anche un simpatico Razzie Awards, per la peggiore canzone scritta, assegnato a “The Man in the Mask” del film “The Legend of the Lone Ranger”.

Ecco i vincitori del Sundance Film Festival 2011

0
Ecco i vincitori del Sundance Film Festival 2011

Sundance

Sono stati proclamati i vincitori dell’ultima edizione del Festival ideato da Robert Redford, il Sundance Film Festival. Il riconoscimento più importante dell’intero Festival: Il Gran Premio della Giuria, è stato consegnato a Like Crazy, film che racconta una storia d’amore nata al college tra uno studente americano e una studentessa inglese.

Kurtzman e Orci producono Il gioco di Ender!

0

Alex Kurtzman e Roberto Orci sceneggiatori di successo per film come Star Trek, Transformes, produrranno l’adattamento del romanzo di fantascienza Il gioco di Ender. Alla regia dovrebbe essere confermato Gavin Hood (Wolverine, Il suo nome è Tsotsi) che sta ultimando una nuova versione dello script.

Kurtzman e Orci lo aiuteranno con la loro casa di produzione indipendente Odd Lot Entertainment. A rivelarlo è stato lo stesso Orci in un post su Twitter:

Il gioco di Ender! Noi (K/O), la Oddlot e Gavin Hood stiamo portando questo fantastico script in città. A qualcuno interessa??

Il romanzo, uscito nel 1985 e vincitore di numerosi premi, è stato inizialmente adattato dal suo stesso autore Orson Scott Card, che si sta interessando da vicino delle sorti del film.

In un futuro in cui l’umanità è a mala pena sopravvissuta a due successive invasioni da parte degli alieni Scorpioni, il romanzo segue la storia dei bambini più brillanti del mondo, incluso l’eccezionale Ender Wiggin, che vengono portati nella Scuola di Guerra in età precocissima: l’intenzione è quella di addestrare i migliori comandanti in vista dell’imminente Terza Invasione.

Fonte. Twitter,badtaste

Henry Cavill è Superman!

0
Henry Cavill è Superman!

Henry Cavill che ha partecipato alla sfortunata serie The Tudors interpreterà Clark Kent nel reboot di Superman, diretto da Zack Snyder e targato WB. La Major insieme alla Legendary Pictures, hanno annunciato il casting dell’attore, che sarà sugli schermi a novembre nel ruolo di Teseo in Immortals. Cavill era già stato opzionato da Zack Snyder per il suo Superman Returns prima che il ruolo venisse affidato a Brandon Ruth.

Zack Snyder ha commentato così l’annuncio del casting di Cavill:   Nel pantheon dei supereroi, Superman è il personaggio più riconosciuto e riverito di tutti i tempi, e io sono onorato di far parte del suo ritorno sul grande schermo. Mi unisco alla Warner Bros., alla Legendary Pictures e ai produttori nel dire quanto siamo eccitati del casting di Henry. E’ la scelta perfetta per indossare il mantello e lo scudo con la S.

Fonte: JustJared

Oscar 2011: primi spot per i conduttori!

Oscar_505x180

La ABC sta avviando la campagna promozionale per la cerimonia degli 83esimi Academy Awards, sono online due divertenti spot con James Franco e Anne Hataway che provano lo show!

Beyond: recensione del film di Pernilla August

0
Beyond: recensione del film di Pernilla August

Pernilla August dirige Beyond, uno struggente dramma interiore, la lotta di una donna contro un passato che si era solo illusa di aver dimenticato.

In Beyond una giovane donna che vive felice insieme alla propria bellissima famiglia, una telefonata che improvvisamente la riporta di fronte ad un angoscioso passato, un passato che si era solo illusa di aver sepolto nella memoria. Un film che parla di una lotta, la lotta di Leena contro i ricordi di un’infanzia terribile, una lotta contro le proprie radici,   la fuga da ciò che si credeva ormai dimenticato. Svezia, oggi. Una giovane donna, Leena (Noomi Rapace), vive in armonia e serenità con l’amatissimo marito Johan (Ola Rapace) e le due piccole e bellissime figlie; una famiglia unita, una famiglia felice.

Una mattina, nel giorno di Santa Lucia, la serenità di questa famiglia viene interrotta bruscamente da una telefonata, dall’altra parte del telofono Leena riconosce la voce roca e malferma della madre (Outi Maenpaa), una madre che non vede e non sente ormai da molti anni. Leena istintivamente riattacca ma quando il telefono torna a squillare ed il marito la obbliga a rispondere nuovamente, non udirà più la voce della madre ma quella di un’infermiera che le annuncia il desiderio della donna, ormai molto malata, di vedere la figlia per un’ultima volta.

Beyond è l’opera prima di Pernilla August

Improvvisamente riaffiorano dalla memoria immagini, emozioni e ricordi che Leena si era illusa di aver sepolto per sempre, reminiscenze di una vita passata, quell’infanzia traumatizzante al fianco di genitori alcoolizzati e violenti che si era quasi convinta appartenessero non più a lei, ma ad un’altra persona. Nel viaggio verso l’ospedale, nell’incontro con la vecchia madre gravemente malata e riaprendo la porta del piccolo appartamento teatro della sua tormentata fanciullezza, la protagonista è continuamente pervasa da ricordi e immagini, flash back che permettono allo spettatore di conoscere le terribili esperienze della piccola Leena (Tehilla Blad). Gradualmente e con angoscia sempre crescente abbiamo così modo di capire cosa induce Leena a chiudersi anche nei confronti dell’amato marito; i ricordi del padre Kimmo (Ville Virtanen), emigrante finlandese mai adattatosi alla moderna Svezia, alcoolizzato e disturbato mentalmente; la madre, vittima delle violenze del marito ma a sua volta debole e incline al bere; e sopratutto lo struggente ricordo del fratellino minore, Sakari, debole ed indifesa vittima di tale squallore da cui la giovane Leena cerca disperatamente di proteggerlo.

Beyond è l’opera prima di Pernilla August, famosa attrice svedese scoperta da Ingmar Bergman per cui ha recitato prima a teatro e poi per il cinema con ” Fanny e Alexander”; una carriera proseguita in modo brillante e con diversi riconoscimenti anche internazionali ( miglior interprete femminile al festival di Cannes nel 1992 con il film ” Con le migliori intenzioni” di Billy August ). Il film in questione, Beyond, che vede il suo esordio alla regia, narra una storia tratta dal best-seller “Svinalangorna” dell’autrice svedese-finlandese Susanna Alakoski.

“Quando ho iniziato a lavorare a questo film” dichiara la regista, “ho pensato che il tema sarebbe stato: crescere in una famiglia violenta”, una storia sulle difficoltà e, aggiunge la August, “su quanto sia terribilmente difficile essere poveri, venire da un altro paese, non parlarne la lingua”.

Procedendo con la stesura della sceneggiatura però, la regista svedese si convince che  “sarebbe stato più interessante” afferma lei stessa, “combinare la storia dell’infanzia di Leena con la storia della sua vita da adulta e raccontare cosa voglia dire mentire a se stessi e alle persone che ci circondano”. E’ in questa sua ultima riflessione che risiede il segreto, l’anima, di questo bellissimo film dalla coinvolgente e struggente intensità. Beyond è la storia di una donna e della sua battaglia per la felicità, una felicità intesa come una vita tranquilla accanto ad un marito amorevole e due bellissime figlie. Questa battaglia si disputa contro il proprio passato, un passato che Leena si illude di aver sepolto, rigettato dalla propria mente, lasciatosi definitivamente alle spalle. Ma quando questo passato si ripresenta nella pace del suo presente, tutto quel muro interiore crolla come un castello di carta e le immagini, le angoscie di quegli anni terribili riaffiorano spietate e intatte. “Ho capito che Svinalangorna” afferma sempre la August, ” era un libro sul vivere dentro e insieme alla menzogna”, ed così che la protagonista, Leena, interpretata dalla stupefacente Noomi Rapace, rimane arroccata per quasi tutto il film nei suoi silenzi, nella tremenda desolazione interiore che la induce ad una totale chiusura anche e sopratutto verso le persone più care, più amate.

Il dolore di Leena è solo di Leena, è troppo intimo, un dolore rigettato per anni di duro lavoro interiore tanto da crederlo non più suo, non reale; un viaggio dentro i ricordi che non concede aiuti esterni, un viaggio esclusivamente personale. Eppure tra quei ricordi non c’è solo violenza e squallore, non c’è spazio solo per le violente litigate tra i genitori, il padre abbandonato nel salotto agonizzante tra i suoi rifiuti o la madre ubriaca che non si cura del debole figliolo in attesa di un pranzo decente. Tra quei ricordi ci sono anche i pochi momenti felici, gli scostanti gesti di tenerezza del padre, i consigli della madre ed i suoi racconti su un adolescenza da provetta nuotatrice, i giochi con l’amato fratellino a cui cercava, da giovane donna più matura della sua età, di risparmiare le urla e le scenate dei genitori. Ed è proprio questo che Leena teme, la sua paura più grande è ammettere e realizzare che quanto lei possa sforzarsi quella era e rimarrà sempre la sua famiglia, le sue inestirpabili radici. Quando il suo rifiuto e questo timore raggiungono l’apice arriva a litigare furiosamente con il marito Johan, con il quale si abbandona agli stessi isterismi della madre tanti anni prima in quella stessa casa; a porre fine a quell’esplosione di ira ci penserà proprio sua madre, la cui morte è annunciata da una telefonata improvvisa.

Ecco quello che non ti aspetti: dopo aver mostrato, per tutto il corso del film, prima indifferenza e poi odio e rabbia verso la madre morente, Leena, alla notizia della sua morte, scoppia in un pianto disperato e inconsolabile non riuscendo a dire altro che “la mia mamma…il mio papà…”. Nonostante tutto erano loro i suoi genitori, erano loro la sua famiglia, bella o brutta che potesse essere quella era. Non c’è scelta, non c’è possibilità di accettare o meno, Leena ritrova quel sentimento filiale, la tenerezza verso persone che a loro modo l’hanno amata e che a in qualche modo sono stai la “sua mamma” ed il “suo papà”. Un film dalla potentissima carica emotiva e dall’intensità drammatica notevole; una schiera di interpreti eccellenti su cui spicca per bravura e passione recitativa Noomi Rapace, unica tra loro conosciuta al grande pubblico come la Lisbbeth Salander nella Trilogia Millenium tratta dai romanzi di Stieg Larsson.

Con il personaggio di Leena, Noomi Rapace riesce con sorprendente bravura ad alternare le stesse espressioni dure e severe della Lisbeth di “Uomini che odiano le donne” con la tenerezza di una madre amorevole e le sequenze finali dove Leena esplode in tutta quella disperazione rimasta così a lungo trattenuta. Oltre al bravo Ola Rapace, marito nella realtà di Noomi e attore e musicista alquanto amato in patria, sono da segnalare le degnissime interpretazioni di Outi Maenpaa e di Ville Virtanen, attore, scrittore e sceneggiatore finlandese. Senza il minimo dubbio una considerazione particolare va concessa alla giovanissima Tehilla Blad, Leena da giovane, la quale affronta un ruolo di tale difficoltà in un film tanto impegnativo con ammirevole maturità ed indubbia personalità. Sesta di otto fratelli, tutti impegnati nel mondo dello spettacolo, siamo quasi certi che di questa piccola grande attrice sentiremo, in futuro, ancora parlare.

Femmine contro Maschi: recensione del film di Fausto Brizzi

0
Femmine contro Maschi: recensione del film di Fausto Brizzi

Arriva al cinema Femmine contro Maschi, contraltare di rito a Maschi contro Femmine uscito lo scorso ottobre, sempre per la regia di Fausto Brizzi e sempre incentrato sulle relazioni di coppia, più o meno verosimili e più o meno apprezzabili sullo schermo.

Se Femmine contro Maschi ha sicuramente il buono ed onesto proposito di far ridere, purtroppo l’intenzione resta tale senza un vero e proprio slancio di comicità che possa aiutare lo spettatore a godersi il film. Dei tanti attori che compongono il cast forse solo Emilio Solfrizzi riesce a strappare qualche sorriso, soprattutto nei suoi pseudo-razzisti discorsi iniziali e nella sua messa in scena di difetti e manie così comuni nell’italiano medio da far pensare allo spettatore: “Sembra mio zio!” e simili. Il resto del cast, purtroppo, è sacrificato sull’altare della sceneggiatura, che a detta del regista è l’elemento fondamentale per un buon film, ma che a ben vedere il prodotto finale, non sembra poi così sicuro che il nostro Fausto tenga presente questa dichiarazione!

Femmine contro Maschi, il film

Forse mai così sacrificati, Claudio Bisio, Ficarra & Picone, Luciana Littizzetto e tutti gli altri offrono interpretazioni mediocri: il primo troppo intento a fare se stesso su un testo che forse non gli suggeriva altro, la coppia di comici messa alla prova su un banco che davvero non gli appartiene, essendo la dimensione televisiva molto più consona ai loro modi. La strizzata d’occhio alla coppia Totò e Peppino, mentre scrivono la lettera d’amore per il ragazzino non eguaglia certo l’altro omaggio che i comici napoletano ebbero da Benigni e Troisi! Ed infine Luciana Littizzetto che tanto diverte con la sua tagliente e spietata ironia, ma che così poco bene sta al cinema, anche lei in un ruolo e una sceneggiatura che assolutamente non si adattano al suo personaggio.

E che dire di Serena Autieri, Nancy Brilli e Francesca Inaudi? La prima sembra poco più che una comparsa così come la più giovane e meno brava Inaudi, per quanto riguarda la Brilli forse ha troppo sacrificato la sua espressività facciale in nome dell’eterna (o quasi) giovinezza per sembrare ormai un’attrice a tutti gli effetti! Purtroppo questa volta Fausto Brizzi fa un buco nell’acqua, né forma né sostanza accorrono in soccorso ad un film che invece come formula produttiva (due film girati back to back) ha dell’innovativo, almeno per quello che riguarda il nostro lato dell’oceano (Atlantico).

Valeria Marini continua a produrre!

0

Valeria_mariniIniziano in questi giorni a Barcellona le riprese del film 11/11/11 prodotto da Capacity Pictures, Canónigo Films e la Stars Pictures di Valeria Marini per la regia di Darren Lynn Bousman, uno dei più importanti registi del genere horror (Saw II, Saw III, Saw IV).

Brizzi presenta Femmine contro Maschi

0

femmine_contro_maschi

Maschi contro Femmine è uscito qualche mese fa, ed ora anche Femmine contro Maschi, il suo completamento (parlare di sequel sarebbe sbagliato) è stato presentato alla stampa. Il cast al completo, con un Brizzi in forma smagliante ha presieduto l’incontro. Come sempre più spesso accade la conferenza si è risolta in un’allegra chiacchierata tra la stampa e questa famiglia allargata che ha realizzato il film.

Joe Manganiello sempre più Superman?

0
Joe Manganiello sempre più Superman?

A quanto pare Joe Manganiello è sempre più lanciato per il ruolo da protagonista nel nuovo Superman di Zack Snyder. Ora arriva anche Il Los Angeles Times a dare sostegno ai rumors che nei giorni scorsi si erano susseguiti.Si apprende che il protagonista di True Blood è definitivamente in lizza per il nuovo Superman”. Questa tesi è stata avvallata da Hero Complex, blog del Times che alcuni giorni fa aveva twittato:

Il lupo mannaro di True Blood Joe Manganiello è il frontrunner per interpretare Superman? Questo è il rumour del giorno a Hollywood.

The Envelope invece sostiene: Al Bake Off dell’Academy della settimana scorsa, un evento legato al mondo degli effetti visivi cinematografici, in molti (specialmente chi fa parte del team al lavoro sul nuovo Superman) parlavano del fatto che Manganiello continua a essere citato nelle conversazioni legate al nuovo volto che avrà l’eroe del franchise.

Manganiello stesso, ultimamente ha dichiarato  più volte ai media: Sarei onorato. Adoro Zack Snyder e Christopher Nolan.

Du tutto questo susseguirsi di voci una verità è certa. Visto l’imminente inizio delle riprese, previste per l’inizio della prossima estate, certamente il casting per il ruolo principale inizia ad intensificarsi e sicuramente a breve, massimo qualche mese sapremo chi sarà il nuovo Clark Kent.

Superman, scritto da David S. Goyer e diretto da Zack Snyder, uscirà a natale 2012.

Fonte:badtaste

Hugh Jackman sarà il Coniglio Pasquale?

0

hugh-jackman

Secondo Variety lo sceneggiatore David Lindsay-Abaire sta lavorando all’adattamento cinematografico di una serie di libri per bambini scritti da William Joyce dal titolo The Guardians of Childhood.

Il film in progetto che si intitolerà probabilmente Rise of the Guardians, sarà prodotto dalla DreamWorks Animation e racconterà le storie di un gruppo di ‘eroi’ per bambini che uniscono le forze per impedire ad uno spirito maligno chiamato Pitch di conquistare il mondo. Numerosi sono i nomi degli attori in lizza, tra questi Hugh Jackman per la parte di Bunnymund (il coniglietto pasquale), Alec Baldwin come Nord (Babbo Natale), Chris Pine nei panni di Jack Frost e Isla Fisher come Tooth (la fatina dei denti). Ovviamente stiamo parlando di doppiatori, poichè il progetto è un film d’animazione, e tra questi ci potrebbe essere anche Jude Law che sarà la voce del cattivo Pitch, un personaggio simile all’Uomo Nero.

Joyce sarà co-dirigerà il film accanto a Peter Ramsey, mentre in veste di produttori esecutivi ci saranno Guillermo del Toro e Michael Siegel.

Fonte: Imdb

Schwarzy confessa: “Mia madre credeva che fossi gay”

0
Schwarzy confessa: “Mia madre credeva che fossi gay”

Giornaletti con le foto di body-builder dal fisico oliato e poster di uomini palestrati affissi alle pareti avevano destato i sospetti della madre

Chi lo avrebbe mai detto. Il simbolo della mascolinità per eccellenza negli anni ’80-’90, creduto un gay dalla madre quando era adolescente. Parliamo di Arnold Schwarzenegger, che da poco ha concluso (con scarso successo) il suo mandato come Governatore della California.

A destare i sospetti della madre sono stati i tanti giornaletti attraverso cui Schwarzy ammirava omaccioni muscolosi dal fisico oliato; dei quali possedeva anche molti poster che aveva affisso fieramente sulle pareti della sua camera. Normali passioni di un adolescente, che di lì a poco avrebbe cominciato a frequentare assiduamente la palestra, trasformando il suo fisico in un invidiabile corpo statuario. Lo stesso che ha dato la sagoma a personaggi quali Konan il barbaro o Terminator.

La madre di Schwarzy non si è limitata alle preoccupazioni, ma lo ha portato anche da un medico. Quest’ultimo però le ha scherzosamente risposto: “non si preoccupi signora, tanti hanno i poster dei Beatles nella propria stanza, ma non per questo sono gay. Eppure quelli sì che sono uomini”.

Il monello, il film culto di Charlie Chaplin

Il monello, il film culto di Charlie Chaplin

Il monello è il film culto del 1921 di Charlie Chaplin con protagonisti lo stesso Charlie Chaplin con Jackie Coogan, Edna Purviance.

Una lacrima e un sorriso. Questo è il cinema di Charlie Chaplin. E questo film del 1921 ne è la massima riprova. Chaplin comincia ad andare oltre i cortometraggi divertenti; comincia a proporre film dalla media durata o veri lungometraggi (il presente dura 83’) che fanno riflettere su tematiche sociali.

Il monello, la trama

Il monelloIn una Londra divisa tra ricchi e poveri, una giovane madre sola dalla disperazione abbandona il suo neonato, e vive nel rimorso anche quando arriverà per lei il successo e diventerà ricca. Un povero vetraio trova il fagotto abbandonato e decide, nonostante il proprio stato di povertà, di allevarlo.

Quando poi il neonato diventa un po’ più grande, si fa aiutare dal piccolo monello facendogli rompere i vetri delle case che egli poi ripara, guadagnandosi un minimo per vivere. Dopo una rissa con un altro monello, il bimbo si sente male e chiamato il medico, quest’ultimo decide di chiamare l’orfanotrofio per far vivere il piccolo in condizioni più consone. Il vetraio però riesce a riprenderselo, ma la legge ha la meglio. Non fino in fondo però, e al povero ma ricco di amore, alla donna disperata e al piccolo orfanello, il destino sorriderà…

Il monello richiese complessivamente diciotto mesi di lavoro, dalla prima scena girata alla prima proiezione, un periodo non particolarmente felice per la vita privata di Charlie: poco prima dell’inizio della lavorazione perse il primo figlio avuto dalla prima moglie (Mildred Harris), Norman Spencer, nato con gravi deformazioni e sopravvissuto solo tre giorni. Il matrimonio non fu mai felice, fallì nel corso della lavorazione del film; l’opera stessa rischiò di finire sotto sequestro unitamente ai beni di Charlie nella causa di divorzio intentatogli dalla moglie: Charlie, previdente, consegnò in custodia una copia dei negativi al fratello Sidney, terminò il montaggio della pellicola spostandosi in incognito (per quanto la sua popolarità lo consentisse) in diverse località, tra alberghi e studi tecnici.

Il monelloSecondo alcuni fu proprio la perdita del figlio ad ispirargli il soggetto. L’incontro tra Chaplin e Jackie Coogan fu un colpo di fulmine, nacque prima un’amicizia speciale tra i due, solo in seguito pensò di scritturarlo nella sua compagnia, e quando la lavorazione del film iniziò Jackie fu perfetto: Chaplin, non potendo interpretare lui il ruolo, così come desiderava per tutti i ruoli dei suoi film, lo trovò spontaneo, naturale e perfettamente plasmabile alle sue indicazioni. Probabilmente, l’intesa tra i due, fu dovuta anche alla peculiarità della personalità di Chaplin capace di vedere gli aspetti della vita attraverso gli occhi di un bambino. Un film toccante, con una tenera interpretazione del piccolo Jackie Coogan. Un attore che però non ha fatto molta strada da allora, essendo anche immischiato in una vicenda giudiziaria per sfruttamento dei suoi diritti da parte dei genitori. Grazie alla sua vicenda, la California emise “The Child Actors Bill”, meglio conosciuto come il “Coogan Act”, nel quale venivano tutelati i diritti dei minori impegnati nel cinema.

Il monello

Oltre al Il monello, nel 1930-31 Coogan interpretò i popolari personaggi di Mark Twain: Tom Sawyer e Huckleberry Finn. Poi una serie di film minori, tornando alla popolarità indovinate come? Interpretando il turpe Zio Fester nella famosissima serie tv “La famiglia Addams” del 1964 (trasmessa anche in Italia).

Charlie Chaplin inizia a trattare struggenti tematiche sociali con “Charlot emigrante” del 1918, in cui mette in scena la scandalosa «quarantena» cui venivano sottoposti gli immigranti a Ellis Island prima di sbarcare a New York. Seguiranno “Vita da cani” e “Charlot soldato”: col primo pone sotto i riflettori la vita dei senzatetto, perseguitati dalla legge disuguale e accanita verso i poveri. Col secondo ironizza sulla guerra, nella fattispecie l’intervento americano in Europa durante la Prima guerra mondiale. Un tema che riprenderà con un capolavoro del 1940  “Il grande dittatore”, dove sbeffeggerà Hitler e il suo folle progetto di sterminare gli ebrei; ma lancerà anche uno struggente messaggio finale di speranza ai popoli in guerra. I dittatori i sovrani sono ridicolizzati anche nel film “Un Re a New York” del 1957.

La filmografia di Chaplin ha prevalentemente preso di mira i potenti, ironizzando su di loro fino a ridicolizzarli. In tal modo tratterà anche il capitalismo, in modo lapalissiano nel film “Monsieur Verdoux”, che ha come protagonista un bancario (dal quale prende il nome il film) che con l’arrivo della crisi finanziaria del 1930 divenne disoccupato. Per mantenere il tenore di vita della propria famiglia che ormai vede molto poco, ma soprattutto, per un acquisito sadismo ed egoismo innescato in lui da una società post crisi sempre più egoista ed arrivista, nonché violenta dati i regimi dittatoriali che si diffondevano nel mondo, Verdoux da tre anni si da alla truffa sposando donne ricche per poi ucciderle e derubarle. Chaplin voleva dimostrare come la società capitalista ed egoista potesse ridurre gli uomini, renderli avidi e alienati. Per queste sue posizioni, fu mal visto dall’America e dall’Inghilterra. Siamo negli anni ‘50, in piena Guerra Fredda, ed in pieno maccartismo. Chaplin decise di stabilizzarsi in Svizzera con la famiglia dove morì nel 1978.

Il Grinta: recensione del film con Jeff Bridges

Il Grinta: recensione del film con Jeff Bridges

Il Grinta dei Coen è certamente uno dei film più attesi di questo inizio di nuovo anno come del resto gran parte dei loro film da Fratello dove sei? in poi. E tornano in grande spolvero dopo la parentesi un po’ sottotono di A serious Man. Tratto dal romanzo di Charles Portis, da cui fu tratto anche l’omonimo classico del cinema western che nel lontano 1969 fruttò l’unico Oscar della sua carriera all’icona hollywoodiana John Wayne, il film è un’avventurosa storia di vendetta e coraggio impregnata del loro schietto umorismo e da un capacità narrativa coraggiosa, supportata da un intreccio classico di genere che impreziosisce il tutto rendendolo un film di raffinato gusto.

La storia racconta le vicende della quattordicenne Mattie Ross  (Hailee Steinfeld) che ha perso di recente il padre ucciso vigliaccamente da un certo Tom Chaney (Josh Brolin), uno sbandato col vizio del gioco e dell’alcool che dopo avergli sparato a bruciapelo fugge per unirsi ad una banda di rapinatori di treni. Spinta dalla sete di vendetta la piccola Mattie si rivolge ad un vecchio sceriffo federale di nome Marshall Rooster Cogburn (Jeff Bridges), che oltre ad avere una passione smodata per la bottiglia ha anche un pessimo carattere, ma in quanto ad acciuffare criminali sa il fatto suo. I due accompagnati da un terzo personaggio, un Texas Ranger chiamato LaBoeuf (Matt Damon), anch’egli in cerca di Chaney per un omicidio commesso in Texas, daranno la caccia al fuorilegge per le strade dell’America di Frontiera.

Il Grinta, il western secondo i Fratelli Coen

Uno dei punti forti è senza dubbio una messa in scena di grande levatura che ha il pregio di facilitare il processo immersivo e accompagna con algida spinta le vicende narrate, impreziosita ancora di più dalla stupenda fotografia di Roger Deckins, ormai avvezzo a casa Coen e che ci ha abituato a splendidi colori nella sua straordinaria carriera. Sono degne di nota anche le notevoli interpretazioni di tutto il cast a partire dalla piccola Hailee Steinfeld, coraggiosa e naturale, per passare dal Jeff Bridge e il sempre verde Matt Damon. Una nota di merito va anche a Barry Pepper che riesce sempre ad essere strepitoso nonostante i ruoli da comprimario.

Il Grinta

Dal canto loro i Coen non sono da meno. La loro regia è sobria ed attenta, meticolosa ed equilibrata, accorta al susseguirsi delle vicende dando sempre un impronta leggera e visibile, facilitati anche da una buona sceneggiatura che è dosata al punto giusto, arricchita da un umorismo che non invade mai ma rimane sempre in un perfetto equilibrio. Il tutto su uno sfondo classico di un genere, quello western, che tanto splendore ha dato alla storia del cinema e che, ahimè, è un po’ dimenticato oggi giorno, anche se recentemente ci ha regalato bei film come l’Appaloosa di Ed Harris.

In conclusione i Fratelli Coen sono capaci di regalarci splendidi film quando decidono di abbandonare un atteggiamento un po’ presuntuoso e pretenzioso nei confronti del cinema e del pubblico che finora in alcuni loro film li ha accompagnati. Il grande cinema che è in loro si mostra proprio in questi momenti, celato da un loro apparente capriccio.

Toy Story 3 La Grande Fuga recensione

0
Toy Story 3 La Grande Fuga recensione

Toy-story-3-la-grande-fuga-recensione

Andy è ormai cresciuto e Woody, Buzz e gli altri giocattoli sono molto incerti riguardo al loro futuro: finiranno sul marciapiede (nella spazzatura) o in soffitta? Sicuramente non potranno seguire il loro padrone al college! Comincia così la terza avventura dei giocattoli più famosi del grande schermo, che si troveranno a dover combattere contro dei bambini dell’asilo SunnySide, dove finiranno per sbaglio, ed a sventare gli oscuri piani di Lotso, un orsacchiotto peloso e rosa che profuma di fragole, ma che ha un cuore nero…

Dragon Trainer: recensione del film di Chris Sanders e Dean DeBlois

0

La recensione del film d’animazione Dragon Trainer, diciassettesimo film della DreamWorks Animation.

«Questa è Berk. È dodici giorni a nord di disperazione e pochi gradi a sud di morire di freddo, si trova esattamente sul meridiano della miseria.
Il mio villaggio, in una parola: solido, ed è qui da sette generazioni, ma ogni singola costruzione è nuova.
Abbiamo la pesca, la caccia e un’incantevole vista del tramonto, l’unico problema sono le infestazioni: In molti posti hanno topi, zanzare, noi abbiamo… i draghi! »

Hiccup all’inizio del film

In un non meglio identificato estremo nord c’è un’isola, su quest’isola c’è un villaggio vichingo, in questo villaggio vichingo ci sono delle infestazioni … di draghi! Questa la premessa semplice ed esilarante di Dragon Trainer (How to Train Your Dragon) 17esimo film della DreamWorks Animation, fondata da Steven-prezzemolino-Spielberg, e seconda opera in 3D dopo Mostri contro Alieni. 

Tratto da una serie di libri per bambini (“Come addestrare un drago” di Cressida Cowell) Dragon Trainer riesce con semplicità e spirito a raccontare una storia di crescita, di rispetto del diverso, di rapporto conflittuale tra padre e figlio e dell’importanza di restare sempre fedeli a se stessi e alle proprie inclinazioni. Troppe cose per un film d’animazione? Non credo, perché questa volta la DreamWorks ha fatto tombola. Il giovane Hiccup (“Vi pare brutto il nome? Ce ne sono di peggiori al villaggio!”) è un adolescente che per molti versi ricorda un suo predecessore forse più famoso, quel mingherlino e smidollato Semola, protagonista de La Spada nella Roccia e destinato a diventare Re Artù; anche lui, come Semola prima, imparerà che è quello che c’è dentro che conta, non tutti i muscoli che si vedono dal di fuori. Lo spettatore – adulto o bambino che sia – può benissimo affezionarsi ai personaggi, anche ai comprimari che sono tutti caratterizzati molto attentamente, a partire dal piccolo esemplare di Terribile Terrore che insegnano al protagonista che ‘i draghi bruciano dal di dentro’ fino all’amico fabbro e istruttore Skaracchio, particolarmente attento alla sua … igiene intima! Ogni elemento ha il suo valore e la sua importanza, dal rapporto trai due gemelli coetanei di Hiccup, ai diversi esemplari di drago.

E proprio a questo mitologico rettile il film rende giustizia, reinventandolo in forme e colori differenti, rendendolo protagonista del film e lasciando affezionare lo spettatore anche alla bestia e non solo all’uomo. In particolare il piccolo Sdentato, l’esemplare di Furia Buia che Hiccup addestra, risulta un disegno particolarmente riuscito a partire dagli occhi felini e dai comportamenti canini: un mix inedito ma vincente. Nel film varie sono le similitudini tra i draghi e i gatti soprattutto, che si notano soprattutto quando Hiccup addomestica Sdentato ed adotta le tecniche apprese nell’arena: i draghi infatti adorano essere accarezzati sulla testa e sotto il collo, quando vengono accarezzati emettono versi simili alle fusa, seguono oggetti che si muovono ed infine concedono parte del proprio cibo a coloro che vengono considerati padroni. Ma non c’è solo la Furia Buia, molte sono le specie di drago che vengono realizzate e mostrate nel film, ognuna con caratteristiche specifiche oltre a quelle comuni appena elencate. Ad esempio il Gronkio è uno  dei draghi più forti, ha una testa enorme e un corpo minuscolo. È noto per essere capace di dormire mentre vola. Per sconfiggerlo basta bagnargli la testa mentre dorme; poi c’è l’Incubo Orrendo che ha coda e collo molto lunghi, è uno dei più feroci e temuti draghi del mondo.

La sua strategia d’attacco è quella di darsi fuoco, abilità che lo rende un avversario affrontabile solo dai vichinghi più esperti come Stoick (il padre di Hiccup). L’Orripilante Bizippo invece è uno dei draghi meno comuni che si possano incontrare al mondo. Ha due teste completamente indipendenti, una produce scintille e l’altra gas; per sconfiggerlo basta bagnare la testa che fa scintille. Le ali del Bizippo non sono sufficientemente grandi per mantenerlo in volo per lungo tempo, così questi preferisce l’attacco sulla terraferma. Il Terribile Terrore è il più piccolo tra tutti i draghi. Il Terribile Terrore ha un corpo da serpente e due piccole ali. I Terribili Terrori combattono spesso tra di loro come bambini e hanno una grande potenza e precisione di fuoco. L’Uncinato Mortale è uno dei draghi più belli del mondo, ha solitamente un comportamento aggressivo ed ha un temperamento molto suscettibile. Facile da sconfiggere grazie al punto cieco posto davanti a lui, possiede il fuoco più caldo di tutti i draghi, capace di fondere all’istante l’acciaio o di carbonizzare un vichingo. Come se ciò non bastasse sulla coda possiede spuntoni retrattili che possono essere lanciati come proiettili contro l’avversario. Infine c’è Morte Rossa. È il più mostruoso e gigantesco di tutti i draghi, enorme, con una grossa mazza chiodata sulla coda e sei orribili occhi, il suo unico scopo è nutrirsi del cibo rubato e procreare altri draghi. Per questo motivo si può definire “la regina” e gli altri draghi gli “operai”. Chi non adempie al compito di nutrirla viene a sua volta mangiato.

Ma nonostante questa nutrita e variegata fauna fantastica il film ha forti ancoraggi con il reale, poiché ripresi in maniera un po’ (e inevitabilmente) didascalica sono intrecciate alla trama le problematiche adolescenziali dell’accettarsi e dell’accettare ciò che è diverso da noi, ma soprattutto importante è la dinamica padre single/figlio ribelle, che nel film viene affrontata con chiarezza, ma con irriverenza e tanto spirito comico. Esemplare è la scena di passaggio di consegna tra generazioni, nel momento in cui il padre Stoick consegna al figlio l’elmo che ha fatto realizzare apposta per lui, c’è un connubio perfetto tra solennità e umorismo.

Il 3D è uno spettacolo per gli occhi e aumenta la magnificenza della visione soprattutto nelle sequenze di volo che per diversi elementi paesaggistici o forse semplicemente per memoria collettiva ricordano i paesaggi del pianeta Pandora inventato da James Cameron. Sembra che ormai la tecnica della realizzazione di film in computer grafica non sia più un problema e quindi i realizzatori (registi e sceneggiatori) possano dedicare più attenzione alla storia e alla scrittura. La regia è firmata dai due ‘profughi’ della Disney Chris Sanders e Dean DeBlois, ideatori e co-registi di Lilo & Stitch, film al quale Dragon Trainer deve qualcosa soprattutto in termini di dinamiche tra ‘animale e padrone’; mentre la sceneggiatura è affidata al trio William Davies, Dean DeBlois  e Chris Sanders. In questo caso, se la storia è classica nel suo sviluppo di premessa, svolgimento, conflitto e (semi)lieto fine, la scrittura e i dialoghi in particolare condiscono di sano e pungente umorismo tutto il film, rendendolo divertente e commovente, una vera delizia che riempie il cuore e gli occhi.

Kristen Stewart sarà Biancaneve?

0
Kristen Stewart sarà Biancaneve?

La brava e bella Kristen Stewart, idolo delle teenagers grazie al suo ruolo di Bella nella saga di Twilight, è in trattative per interpretare il ruolo principale nel prossimo film di Rupert Sanders, che sarà nient’altro che una nuova versione di Biancaneve e i sette nani intitolata Snow White and the Huntsman, almeno stando a quanto dice Deadline.

Sono in circolo delle voci che vorrebbero anche Viggo Mortensen nel progetto, nel ruolo del cacciatore ovviamente! Anche Riley Keough, ex compagna di set di Kristen in Runaways, è stata inserita nella short list delle pretendenti al ruolo lo scorso mese, mentre da un po’ si sa che la splendida Charlize Theron interpreterà la regina cattiva.

Fonte: JustJared

Psycho: recensione del film di Alfred Hitchcock

Psycho: recensione del film di Alfred Hitchcock

Psycho è il film culto del 1060 diretto da Alfred Hitchcock e con protagonisti nel cast Anthony Perkins, Janet Leigh, Vera Miles, John Gavin, Martin Blasam.

 

Alfred Hitchcock è senza dubbio il Re dei film gialli. Molti di questi sfociano nel genere thriller, lasciando lo spettatore in balia dell’inquietudine e della suspance. Aiutato in ciò da una pellicola in bianco e nero che dà ai suoi lungometraggi un maggiore alone di mistero.

PsychoTra i suoi film, Psycho è forse il più conosciuto. Benché sia uscito nel 1960, turbando milioni di americani e venendo perfino censurato per diversi anni in vari Paesi, questo film è tutt’oggi insuperato. Le tecnologie moderne non potranno mai colmare quell’aura di mistero che con pochi trucchi il regista inglese sapeva dare ai suoi film.

Un’impiegata di una società immobiliare, Marion Crane, sogna un futuro migliore con il suo compagno, Sam, e così fugge con 40 mila dollari di un cliente anziché depositarli in cassaforte. Si dirige con l’auto verso il suo compagno, venendo anche pedinata da un’inquietante poliziotto che ha dei sospetti su di lei. Dato il forte temporale in corso, decide di passare la notte in un Motel. Viene accolta da uno strano receptionist, che pare non andare d’accordo con la madre.

Psycho è un film thriller del 1960 diretto da Alfred Hitchcock, tratto da un romanzo di Robert Bloch del 1959. Candidato a quattro Oscar, nel 1992 è stato scelto per la preservazione nel National Film Registry della Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti. Il film venne girato negli Universal Studios di Hollywood dalla fine di novembre del 1959 fino al 1 febbraio del 1960. Non si sa ancora con certezza perché, nel titolo italiano, la ‘h’ sia scomparsa, diventando Psyco. Il film fu una miniera d’oro per la Universal: girato con un budget di 800.000 dollari, incassò 40 milioni. Per le riprese Hitchcock si avvalse della troupe della serie tv Alfred Hitchcock Presenta per risparmiare tempo e denaro. Pochi, malgrado il successo commerciale, i riconoscimenti ottenuti dal lungometraggio: 1 Golden Globe 1961: miglior attrice non protagonista (Janet Leigh) e 4 nominations ai Premi Oscar 1961.

altAnche in Psycho, non può mancare il solito brevissimo cameo del regista: con in testa un cappello texano, fa la sua apparizione sul marciapiede davanti alla società dove lavora la protagonista Marion. La scena del film passata alla storia è senza dubbio quella della doccia; la quale, si racconta, spaventò milioni di spettatori, che non volevano più compiere quell’atto elementare timorosi che qualcuno arrivasse con un coltello dietro le loro spalle. Pare che il film sia proprio in bianco e nero per ovviare alla scena del sangue, ed evitare censure.

Il liquido che scorre nella doccia è cioccolato fuso. Inizialmente Hitchcock voleva che la scena non fosse accompagnata da commento musicale, ma Bernard Herrmann (autore della colonna sonora anche di Taxi Driver) gli fece cambiare subito idea dopo avergli fatto ascoltare una sua composizione. Fortunatamente se ne convinse. Furono apportate molte modifiche alla scena in cui Marion Crane appare già morta sul bordo della vasca da bagno col viso sul pavimento, perché durante le anteprime, quindi a pellicola quasi ultimata, la moglie di Hitchcock, Alma Reville, fu l’unica ad accorgersi che si poteva vedere l’attrice Janet Leigh respirare. Per girare i 45 secondi della scena della doccia, su uno storyboard di Saul Bass, occorsero sette giorni di lavorazione, 72 posizioni della macchina da presa ed una controfigura per Janet Leigh. L’accoltellamento dura 22 secondi, per un totale di 35 inquadrature. In nessuna delle numerose scene montate per l’omicidio nella doccia si può vedere il coltello affondare nel corpo di Marion; è il montaggio serrato che fa supporre allo spettatore quello che non si vede.

Altre ancora sono le curiosità. Durante le riprese dell’arrivo di Marion Crane al Motel Bates, in cui la sceneggiatura aveva previsto un forte temporale (simulato), Hitchcock si accorse che sullo sfondo si intravedeva la Luna. Alcuni degli attrezzisti dovettero coprirla con delle pertiche e dei drappi neri seguendone lo spostamento nel cielo. Ancora, Hitchcock decise di strutturare il film facendo uccidere la protagonista Marion a un terzo dall’inizio, cosa che non capitava normalmente nel cinema classico, ma che rese l’assassinio della donna ancora più sorprendente e inaspettato. È per questo motivo che il regista insistette inoltre per vietare l’ingresso in sala al pubblico e ai critici dopo l’inizio del film, per concentrare l’attenzione dello spettatore sull’importanza del denaro sottratto e per rendere più forte la scena dell’assassinio, affinché costituisse una sorpresa assoluta.

Qualche aneddoto riguarda anche Casa Bates: l’inquietante abitazione posta su un colle e dalla quale si ode la voce stridula della mamma di Norman, compare in un episodio de La Signora in Giallo, con un omicidio simile a quello del film. Nell’episodio della terza stagione del telefilm “Supercar Un gorilla a Los Angeles” sono presenti molti riferimenti al film, tra cui la stessa casa Bates.

Il personaggio psicopatico di Norman Bates è ispirato alla figura di Ed Gein che, nel periodo tra il 1947 e il 1957, uccise due persone nella zona di La Crosse e Plainfield (Wisconsin), creando decorazioni casalinghe con i resti delle vittime. La sua figura viene ripresa anche in altri tre film: ne Il silenzio degli innocenti dove è rappresentato dal personaggio di Jame Gumb (detto Buffalo Bill e interpretato da Ted Levine), in Deranged, rappresentato dal personaggio Ezra Cobb (detto Macellaio di Woodside e interpretato da Robert Blossom) e in Non aprite quella porta (1974) dove è rappresentato dal personaggio Leatherface, interpretato da Gunnar Hansen. In Psycho, Norman Bates è un appassionato impagliatore di uccelli. Alcuni di questi fanno subito pensare ai minacciosi volatili del film Gli uccelli, sempre di Hitchcock. Poiché Gli uccelli uscì tre anni dopo “Psycho“, Hitchcock potrebbe aver già avuto in mente di realizzare questo film. Nell’inquadratura finale, quella che ritrae Norman Bates sorridente, si può notare la sovrapposizione sul suo volto di una figura simile al teschio della madre: questo fu uno dei primi “messaggi subliminali” inseriti in un film per aumentare il senso di orrore trasmesso dal personaggio.

Psycho: recensione del film di Alfred Hitchcock

Il film ha avuto anche un remake nel 1998. Il regista Gus Van Sant Jr., nominato come miglior regista due volte all’Oscar, la prima per Will Hunting, Genio ribelle nel 1998 e la seconda per Milk nel 2009, ed ha vinto il premio per la miglior regia e la Palma d’oro al Festival di Cannes 2003 per Elephant, inoltre con Paranoid Park ha vinto il Premio speciale per il 60º Festival di Cannes e per l’insieme dell’opera. Van Sant ha seguito minuziosamente il film originale, attenendosi totalmente ad esso. Non si è fatto mancare neppure il cameo, posizionandosi nello stesso posto di Hitchcock.

Le differenze rispetto all’originale comunque sono diverse, sebbene trattasi di particolari: innanzitutto, l’azione è spostata dall’originale 1960 al contemporaneo 1998, forse per giustificare il passaggio dal bianco e nero al colore: un altro aggiustamento “cronologico” è la somma di denaro, che dai 40’000 dollari del primo film si decuplica diventa 400’000, decisamente più credibile nel 1998. Poi, la versione di Van Sant è decisamente più esplicita di quella di Hitchcock: nella scena iniziale, per esempio, Sam (Viggo Mortensen) è mostrato completamente nudo a letto con Marion, mentre nell’originale erano in piedi, lui indossava i pantaloni e veniva solo suggerito che i due avessero fatto sesso. Allo stesso modo, nella scena in cui Norman spia Marion mentre si spoglia, si capisce chiaramente che nel farlo si masturba, cosa che non avveniva nella prima versione. Ancora, nella scena dell’uccisione di Arbogast, Norma/Norman colpisce quest’ultimo non con una, bensì con numerose coltellate per farlo cadere dalle scale.

PsychoLa scena della scoperta del cadavere di Norma e della susseguente rissa è poi decisamente diversa: la cantina è molto più grande di quella della prima versione, nella quale non c’era nemmeno il laboratorio da impagliatore di Norman; l’apparizione di Norman travestito è più lenta e la rissa molto più lunga e violenta, mentre nel 1960 si vedeva solo Sam che toglieva a Norman parrucca e vestito. Infine, Van Sant ha inserito di sua iniziativa delle brevissime immagini subliminali, fotogrammi “nascosti” all’interno delle scene clou (i due omicidi e la scoperta del cadavere): quando Marion viene uccisa, si vedono immagini di una violenta tempesta, quando viene ucciso Arbogast si vede prima una donna nuda con una maschera sul volto e poi quella di un vitello nel mezzo di una strada, ed infine quando viene scoperta Norma Bates, si vedono delle colombe volare via.

Oltre ad un remake, il lungometraggio ha avuto anche 3 sequel:  nel 1982, nel 1986 e nel 1990. Il primo, Psycho II, diretto da Richard Franklin, ebbe anche un inaspettato successo ai botteghini. Nel sequel, lo psicopatico protagonista del primo film, Norman Bates, esce dall’istituto psichiatrico ritenuto ormai guarito 22 anni dopo. Ma tornato a casa, risente la voce della madre e riprende la sua vita turbata. Il suo personaggio è interpretato sempre da Anthony Perkins. Alcune curiosità legate al film: lo pseudonimo che Meg Tilly usa nel film, Mary Samuels, è ispirato a quello con cui Janet Leigh si registra in Psyco nel motel Bates. Il set originale della casa e del motel Bates è stato appositamente ricostruito per le riprese. Il regista Richard Franklin, emula il maestro Hitchcock anche in fatti di cameo: è l’uomo seduto al gioco da bar nella tavola calda dove lavora Norman. Infine, in una scena Norman vuole dare a Mary la stanza numero 1. È la stessa in cui è avvenuto l’orrendo omicidio nella doccia del primo film.

Meno successo ebbe il terzo episodio, Psycho III, che risente un po’ dell’inevitabile ripetitività. Diretto dallo stesso attore protagonista, Anthony Perkins, ancora nel ruolo di Norman, vede quest’ultimo riprendere il suo lavoro e innamorarsi di una ex-suora che contraccambia il suo amore. Ma esso sarà ostacolato di nuovo dall’istinto di sdoppiare la sua personalità e a tenere il cadavere impagliato della madre che lo induce ad uccidere i suoi clienti fino ad uscire nuovamente completamente di senno. Vediamo anche per questo episodio alcune curiosità. Anthony Perkins, che s’assunse come detto anche la responsabilità della regia, decise di tornare con questo terzo capitolo alle atmosfere dello Psyco originale, distaccandosi quindi dalle situazioni splatter del precedente Psycho II (1983). Perkins voleva che l’attore Jeff Fahey apparisse completamente nudo nella scena dell’incontro fra Duke e Red, ma lui rifiutò perché non si sentiva a suo agio davanti alla telecamera. Il regista e attore cercò di convincere la Universal a girare il film in bianco e nero, ma la casa di produzione si oppose. Nella parte della “madre” di Bates compare lo stuntman Kurt Paul, ma nella scena finale, quando Norman è vestito da donna, è Perkins a interpretarla. Kurt Paul ha interpretato Norman Bates nel film TV Il motel della paura.

Il quarto invece (Psycho IV) è un film per la televisione diretto da Mick Garris, incentrato sull’infanzia del pluriomicida Norman Bates. Quest’ultimo racconta la sua infanzia passata con la perfida madre, rivivendo ogni momento di quel tragico periodo ad una stazione radiofonica, e presto tornerà a minacciare ancora. Il film fu girato nel giugno del 1990 agli Universal Studios Florida a Orlando (Florida). La facciata del Bates Motel e la casa sono state ricreate nel parco a tema. Dopo le riprese, la facciata del Bates Motel fu utilizzata per un labirinto stregato durante la Halloween Horror Nights del 1993 intitolata “The Psycho Path Maze”. I set furono demoliti nel 2000 per la costruzione del campo giochi “Curious George Goes to Town”. Durante la prima trasmissione del film fu Janet Leigh, interprete del film originale, a presentarlo.

Pubblicità
Pubblicità
Pubblicità