Dopo l’analisi de La Compagnia dell’Anello e de Le Due Torri, siamo infine giunti a segnalare le differenze dell’adattamento de Il Signore degli Anelli: Il Ritorno del Re, rispetto all’originale di Tolkien. I punti di differenza non sono molti, ma sono perfettamente inseriti nella riscrittura che Peter Jackson ha fatto dei bellissimi romanzi del Professore.
L’inizio
Come già anticipato
nell’articolo che parla delle differenze tra libro e film de
Le Due Torri, è chiaro che anche qui ci
sono alcune cose che cambiano. Infatti il secondo libro della
trilogia termina con Frodo prigioniero degli orchi, dopo essere
stato punto da Shelob, Sam da solo, con l’Anello fuori alle porte
di Minas Morgul, mentre, dall’altro lato della Terra di Mezzo,
Aragorn, Legolas e Gimli, con Gandalf, si sono ricongiunti con
Merry e Pipino trai relitti di Isengard.
Tutto questo invece, sia l’incontro con Shelob che la riunione dei Tre Cacciatori con i due Hobbit a Isengard, fa parte della prima parte del terzo film di Peter Jackson. Con l’unica differenza che nei libri sono gli hobbit a raccontare a Gandalf e gli altri l’attacco di Isengard da parte degli Ent, mentre nei film lo vediamo, mentre accade, alla fine de Le Due Torri.
Sam vs Gollum
Il lavoro che Peter Jackson
fa nel costruire la rivalità tra Sam e Gollum, come rappresentati
di due accompagnatori complementari per Frodo, è davvero mirabile,
imbastendola sin dall’inizio. Nel libro, però, Sam non si separa
mai da Frodo, mentre nel film Gollum trama contro lo “hobbit
grasso” per separarlo da Frodo, e alla fine ci riesce, tanto che
Frodo si avventura da solo nella tana di Shelob e lì viene
ferito.
Nel libro, invece, i due hobbit entrano insieme nell’insidioso antro, e mentre Sam ha la meglio su Gollum che lo ha attaccato, Frodo viene punto dal ragno.
La voce di Saruman
Nei romanzi c’è un intero
capitolo, alla fine de Le Due Torri, dedicato all’incontro della
compagnia con Saruman. Sembra strano a pensarci, ma in realtà è la
prima volta che incontriamo lo stregone votato al male nei libri,
perché le altre volte era stato solo evocato nei racconti. Nel film
lo vediamo sulla sua fortezza, Gandalf gli distrugge il bastone,
tuttavia lo vediamo anche assassinato da Grima Vermilinguo. La
caduta di Saruman dalla torre, causa anche la caduta del palantir
che viene raccolto da Pipino.
Nei romanzi, invece, sia Saruman che Grima restano prigionieri a Orthanc, sotto la supervisione di Barbalbero e degli antri Ent. In questo caso, è Grima che butta via dalla finestra della torre il palantir, sperando di colpire qualcuno dei guerrieri sotto di essa. Anche in questo caso, Pipino raccoglie la pietra veggente.
L’intervento di Arwen
Il romanzo parte con
Theoden alla guida dei Rohirrim in marcia verso Gondor, con
Aragorn, Legolas, Gimli e Merry nelle sue schiere, mentre Gandalf e
Pipino sono andati avanti verso Gondor. Durante la traversata, i
Dunedain si uniscono all’esercito e suggeriscono ad Aragorn di
percorrere la strada del suo, verso la roccia nera di Erech, dove
c’è l’esercito dei morti che infranse un giuramento fatto a
Isildur. Quest’esercito maledetto risponderà solo alla chiamata del
vero re, per sfuggire alla sua condanna. Aragorn intraprende così
il cammino verso sud e indossa lo stemma di Gondor, l’albero
bianco, uno stemma ricamato da Arwen stessa che lo renderà
riconoscibile in quanto legittimo re agli occhi dei re dei
morti.
Nel film, invece, Elrond arriva all’accampamento di Theoden con Narsil riforgiata in Anduril, la fiamma dell’occidente. Arwen ha convinto il padre a riforgiarla e a consegnarla ad Aragorn per abbracciare il suo destino di re degli uomini. Con quella spada, Aragorn, con Legolas e Gimli al seguito, convincerà i morti a seguirlo in battaglia e a liberarsi così dalla loro maledizione. Non molti ci fanno caso, ma in entrambi i casi, sia nel film che nel libro, è un dono di Arwen ad aiutare Aragorn ad assumere il ruolo di comando che gli spetta per nascita.
Il re guaritore
La battaglia nei campi del
Pelennor è più o meno simile nell’adattamento cinematografico de Il
Signore degli Anelli: Il Ritorno del Re, tuttavia la sequenza
successiva del romanzo si concentra molto sul potere di guarigione
del re Aragorn. A questo punto della storia, sia nel romanzo che
nel film, Aragorn ha abbracciato il suo destino, e si rivela in
quanto erede di Isildur. Lo fa confrontandosi con Sauron nel
palantir, ma lo fa anche guarendo tutti quelli rimasti feriti
durante la battaglia del Pelennor. In particolare guarisce anche
Faramir, Eowyn e Merry.
Nella versione estesa del film, c’è una piccolissima parte dedicata invece alle Case di Guarigione, il luogo di Gondor che vede sbocciare l’amore tra Faramir e Eowyn, evento che si svolge in contemporanea con l’attacco al cancello nero di Mordor. Per Tolkien è importantissimo il segmento del racconto che parla di re guaritore: le mani di re sono mani di guaritore, e da questo che di riconosce un vero re.
La fine di Gollum
L’attraversamento della
terra di Mordor da parte di Frodo e Sam è più o meno simile tra
libro e film, tuttavia c’è un piccolo dettaglio che differisce.
Quando, quasi alla voragine del Fato, Gollum raggiunge di nuovo gli
hobbit, aggredisce prima Sam, poi Frodo indossa l’Anello e
sparisce. Gollum aggredisce Frodo invisibile e gli stacca l’Anello
dal dito.
Nel romanzo gioisce per il Tesoro ritrovato, ma scivola e cade. Nel film lotta corpo a corpo con Frodo ed entrambi cadono, ma come sappiamo Frodo sopravvive, ancora una volta grazie all’aiuto di Sam.
Molte Separazioni
In molti pensano che il
finale del Il Signore degli Anelli: Il Ritorno del Re sia troppo
lungo, o meglio che comprenda troppi momenti conclusivi, troppi
finali. La verità è che il romanzo ne contiene anche di più, perché
Tolkien ha dato spazio e un lieto fine a tutti i suoi
personaggi.
Oltre all’incoronazione di Aragorn e al suo matrimonio con Arwen, sulla strada verso la Contea, assistiamo anche al funerale di Theoden, all’incoronazione di Eomer, al commiato di Barbalbero, all’amore tra Faramir e Eowyn, e infine, sulla soglia di Casa Baggins, nel cuore della Contea, alla morte di Saruman per mano di Vermilinguo.
Conclusione
Alla fine di questo viaggio
tra i fotogrammi e le pagine, anche a distanza di un ventennio, si
può affermare senza ombra di dubbio che il lavoro di Peter
Jackson sul romanzo di Tolkien, con cambiamenti tagli e
aggiustamenti, è stato un prezioso percorso che ha ridato
visibilità ad una delle opere più importanti del ‘900, regalando a
più di una generazione il fascino del fantasy senza tempo.