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Mesi e mesi di hype hanno sortito l’effetto desiderato. La premiere della seconda stagione di American Horror Story ha ottenuto 3.85 milioni di telespettatori e un rating di 2.2 nella fascia 18-49, ottenendo così il miglior rating di sempre per la serie e un incremento sostanzioso rispetto alla premiere dell’anno scorso (seguita da 3.18 milioni di spettatori).

Welcome to Briarcliff, questo il titolo della premiere, si apre in maniera del tutto speculare alla prima stagione: se l’anno scorso la vicenda partiva dal passato, introducendo lo spettatore alla casa degli orrori per poi traportarlo poi ai nostri tempi, in Asylum succede l’esatto opposto: due novelli sposini del 2012, Leo (Adam Levine, il front man dei Maroon 5) e Teresa (Jenna Dewan) decidono di regalarsi un viaggio di nozze quanto mai bizzarro facendo un tour dei dodici luoghi più importanti della storia dell’horror americano (che Ryan Murphy voglia comunicarci la sua intenzione di girare dodici stagioni per la sua antologia dell’orrore?). Approdano quindi nel manicomio di Briarcliff, ospedale per i malati di tubercolosi trasformato successivamente da un prete (Joseph Fiennes) e una suora (Jessica Lange) in un istituto psichiatrico dai metodi decisamente anticonvenzionali. Dal loro tour gli sposini apprendono che uno dei ricoverati era il temibile Bloody Face, interpretato da Evan Peters che dopo aver vestito i panni di Rubber Man nella prima stagione si troverà anche qui a interpretare il ruolo del villain… o almeno così sembra.

Dopo il tour inziale, la maggior parte dell’episodio si sposta nel 1964. Così come successe per il primo episodio della prima stagione, la premiere pecca di poca continuità e di eccessivo didascalismo nel dover necessariamente introdurre tutti (e non sono pochi) i personaggi “ospiti” dell’Asylum. Facciamo così la conoscenza di Suor Jude (Jessica Lange), la suora che gestisce il manicomio, una donna perfida, gelida e vendicativa; Monsignor Timothy Howard, un giovane prete oggetto delle più scatenate fantasie erotiche (e un tantino di kitch) di Suor Jude; Suor Mary Eunice (Lily Rabe, che nella prima stagione interpretava il ruolo della prima proprietaria della casa maledetta), sottoposta di Suor Jude per cui nutre un timore reverenziale ma di cui è costretta a seguire gli ordini. Ordini che le arrivano anche dal Dottor Arthur Arden che le impone di portare dei secchi pieni di pezzi di cadaveri a delle creature assimilabili a degli zombie che vivono nel bosco circostante.

Nonostante la frammentarietà delle storie dovuta a un notevole quantitativo di personaggi, la buona scrittura ma soprattutto l’ottima interpretazione di attori del calibro di Jessica Lange (ma anche Lily Rabe e Sarah Paulson, giornalista lesbica che indaga le atrocità del Briarcliff) fanno sì che lo spettatore venga condotto per mano in questa nuova e decisamente più inquietante storia, costituita come vuole la migliore tradizione horror in buona parte da cliché mixati con elementi di incredibile innovazione. Un esempio? Gli alieni. Già, perché in American Horror Story: Asylum c’è anche la storia Kit alias Bloody Face (il sopracitato Evan Peters), sposato segretamente con Alma, una ragazza di colore (ricordatevi sempre che siamo nel 1964). Kit finisce nel manicomio perché sostiene di essere stato vittima di abduction da parte degli alieni che lo hanno portato a uccidere sua moglie e a decapitare tre donne.

La domanda è: in uno scenario che già da solo ben si presta al mondo horror, con un parco personaggi davvero ampio in cui andare a pescare la reason why del programma, c’era davvero bisogno di aggiungere la tematica aliena? Lo scoprire solo nelle prossime puntate. Nel mentre, benvenuti nella nuova follia di Ryan Murphy e Brad Falchuk.

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