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Sapevamo e attendevamo, le uniche incertezze erano solo il come e il quando: il tragico destino di Juan Borgia è stata una costante inevitabile che ha attraversato tutta la seconda stagione di the Borgias e dalla quale dipendeva il fato di molti personaggi, nel bene e nel male stretti a lui da una catena troppo pesante per non essere recisa col prezzo del sangue.

 
 

Prima però che il giovane Borgia inizi il suo canto del cigno, ci sono ancora due pendenti questioni che richiedono attenzione: la prima, ingombrante come un macigno e altrettanto minacciosa per la sicurezza del Papato, è riuscire a trovare un modo per prima soffocare  e poi cancellare la sacralità dell’influenza di Girolamo Savonarola(Steven Berkoff)  a Firenze. Machiavelli(Julian Bleach), saggio consigliere, suggerisce a Cesare(François Arnaud) la mossa vincente per distruggere il Frate agli occhi del popolo: se sono state superstizione e ignoranza a guidare l’ascesa dell’uomo al potere, dimostrare come questi non sia un messaggero divino ma solo un profittatore sarà la scintilla necessaria per accendere la ribellione. Cesare persuade quindi Savonarola a mettersi pubblicamente alla prova attraversando un tunnel infuocato, ma l’ovvia impossibilità dell’uomo di sopravvivere alla fiamme segna la sua condanna, completata definitivamente dall’anatema papale pronunciato a Roma da Alessandro VI (Jeremy Irons) al momento della scomunica: un Savonarola in gabbia si prepara quindi a lasciare Firenze sconfitto, pronto ad essere sottoposto a ogni tortura necessaria a garantire una confessione.

Nel frattempo, un’altra faccenda assai meno interessante viene definitivamente archiviata: a dispetto del tempo loro dedicato, i fratelli Pallavicini abbandonano definitivamente la serie dopo neanche 5 minuti dall’inizio dell’episodio a causa dell’impossibile richiesta di Raffaello di sposare Lucrezia(Holliday Grainger); abbastanza inutili come molti altri trascorsi pretendenti della giovane, i Pallavicini non saranno certo oggetto di particolare rimpianto, ma dopo tante discussioni ci si sarebbe aspettati una conclusione un po’ meno frettolosa se pur funzionale a fare finalmente spazio al ben più importante( e storicamente esistito) Alfonso D’Aragona.

Per Lucrezia è comunque tempo di festeggiamenti: il figlio Giovanni è finalmente battezzato per volontà del Santo Padre e l’occasione va celebrata con tutti i fasti e i colori degni della ricchezza dei Borgia. Peccato però che  l’armonia del momento rischi di essere guastata proprio da Juan(David Oakes), che dopo aver manifestato il duo disappunto per i tanti onori recati al bastardo figlio di uno stalliere prende il bambino minacciando velatamente di lasciarlo cadere giù dalla loggia del salone:  Lucrezia riesce a salvarlo e a riprenderlo fra le sue braccia appena in tempo, ma ormai l’odio per il fratello è talmente elevato da spingerla a cercare con Cesare, testimone silenzioso dell’accaduto, un modo efficace per eliminarlo una volta per tutte.

Nonostante gli ammonimenti del padre che gli chiedeva di perdonarlo e offrirgli il suo supporto per i numerosi fallimenti subiti, Cesare prende in mano la situazione e sceglie definitivamente la sua via: Juan abbraccia il fratello sereno e quasi consapevole di andare incontro alla morte descrivendogli la visione di un mondo meraviglioso(world of wonders, che dà appunto titolo all’episodio) dove tutti sono orgogliosi di lui e la famiglia è unita come non mai, consolante allucinazione che lo accompagna mentre cerca sollievo dalla malattia rifugiandosi nell’oppio. Juan chiede allora al fratello perdono e comprensione, ma solo Dio potrà davvero perdonare: Cesare tira fuori il coltello e uccide Juan con glaciale determinazione, per poi affidare il suo corpo alle braccia del Tevere e dargli quella pace che lui, anima inquieta e tormentata, forse non aveva mai conosciuto.

Termina così il percorso di Juan Borgia, discesa lenta e dolorosa che ha visto un giovane impetuoso e pieno di promesse trasformarsi in un inetto e un incapace distrutto dal fallimento e dall’umiliazione e destinato a scomparire nell’oscurità col bene placito persino di quelli che avrebbero dovuto amarlo: tipico esempio di typecasting, David Oakes saluta quindi un altro sgradevole personaggio medievale(dopo il William Hamleigh de i Pilastri della Terra), ma con un’interpretazione sentita e toccante che restituisce pietà alla sconfitta di un uomo diventato uno spettro ancora prima di entrare nella tomba. La prova trattenuta di François Arnaud è invece perfettamente funzionale ad un personaggio divenuto freddo e imperscrutabile, pronto a fare quanto necessario per realizzare le proprie ambizioni senza guardarsi indietro e capace di sorprendere per spietatezza persino un assassino professionista come il servo Micheletto(“I stand in awe, your Eminence.” Cesare: “You killed your father!” Micheletto: “Still I stand in awe.”)

Ci avviamo quindi al finale di stagione consapevoli che fra le tante dinamiche ancora da risolvere( la questione Savonarola in primis) non saranno in molti a piangere la morte di Juan, ma certi che ogni lacrima versata spetterà di diritto al Rodrigo Borgia di Jeremy Irons.

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Alessia Carmicino
Nata a Palermo nel 1986 , a 13 anni scrive la sua prima recensione per il cineforum di classe su "tempi moderni": da quel giorno è sempre stata affetta da cinefilia inguaribile . Divora soprattutto film in costume e period drama ma può amare incondizionatamente una pellicola qualunque sia il genere . Studentessa di giurisprudenza , sogna una tesi su “ il verdetto “ di Sidney Lumet e si divide quotidianamente fra il mondo giuridico e quello cinematografico , al quale dedica pensieri e parole nel suo blog personale (http://firstimpressions86.blogspot.com/); dopo alcune collaborazioni e una pubblicazione su “ciak” con una recensione sul mitico “inception” , inizia la sua collaborazione con Cinefilos e guarda con fiducia a un futuro tutto da scrivere .