Cold case

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    Stagioni: 7, l’ultima in corso, non ancora conclusa negli Stati Uniti
    Anno: 2003-in corso
    Numero episodi: 157
    Ideato da: Meredith Stiehm, Jerry Bruckheimer
    Cast: Kathryn Morris, Danny Pino, John Finn, Jeremy Ratchford, Thom Barry, Tracie Thoms.
    Guest Star: Adrienne Barbeau, Lee Majors, Meredith Baxter, Daniel Baldwin, Raymond J. Barry, Keith Szarabajka.

    Sinossi
    La giovane detective Lily Rush coordina con i colleghi Nick Vera, Scotty Valens, Will Jefferies, Kat Miller e il suo capo John Stillman le indagini sui casi irrisolti, i cosiddetti cold cases, all’interno del dipartimento di polizia di Filadelfia. Di solito si riapre un caso o di fronte a nuovi indizi, o per richiesta di qualcuno legato alla vittima, o ancora perché dopo magari anni si è ritrovato il cadavere. Ogni indagine è un momento di riflessione e di immersione nell’animo di persone, vive o morte, tutte toccate in qualche modo dagli eventi accaduti spesso molto tempo prima e mai dimenticati.

    Analisi
    Jerry Bruckheimer produce questa serie ideata da Meredith Stiehm che si distacca nettamente dai vari CSI, distinguendosi in particolare per il carattere introspettivo e di ricerca della verità non tanto con mezzi scientifici, ma con l’indagine nell’animo della vittima e di chi può essere coinvolto nel caso, anche per semplice conoscenza. Non manca mai un grande spazio dato ai sentimenti e spesso anche alla commozione di fronte all’inellutabilità di fatti ormai incancellabili e che hanno segnato la vita e la morte di qualcuno e di chi gli era vicino.
    Cold case ha spesso lanciato uno sguardo su fatti e eventi più o meno recenti della storia americana, dall’assassinio di Kennedy alla seconda guerra mondiale, dalla guerra di Corea a quella del Vietnam, dalle battaglie per i diritti civili alla fuga degli esuli di Cuba, dimostrando sensibilità nel trattare tematiche come il razzismo, il femminismo, i diritti degli omosessuali, la situazione dei quartieri disagiati. Il tutto inoltre senza praticamente mai dare giudizi sugli assassini, tanto che viene da dire che è una serie che parla di vinti, vinte sono le vittime, di tutte le età, che non hanno potuto realizzare il loro sogno interiore, emblema del sogno americano ma non solo, ma lo sono anche i carnefici, spesso assassini per caso e quasi mai per crudeltà.
    La struttura di ogni episodio è in definitiva regolare: si parte conoscendo la vittima nel suo ambiente, con magari i suoi sogni e le sue aspirazioni, di colpo la si vede morta, passa del tempo, anche molto, e poi il caso viene riaperto. Lily e i suoi colleghi conducono l’indagine, si arriva sempre ad una soluzione, mai facile, sempre dolorosa.

    L’unico appunto che si può fare è che forse è un po’ improbabile il pensare che a Philadelphia, città emblematica degli Stati Uniti, centro culturale e sede della dichiarazione di Indipendenza, primo atto a favore dei diritti dell’uomo dell’era moderna, ci siano tutti questi delitti irrisolti, che vengono risolti episodio per episodio, ma nonostante questo la serie continua a funzionare, complici diversi elementi ben amalgamati che hanno saputo conquistare il pubblico.

    L’ottima ricostruzione di ogni epoca richiamata nei singoli episodi, dagli anni Venti a tempi più recenti, che hanno reso Cold case una delle serie più costosa, dove niente è mai lasciato al caso, è uno dei punti forti della serie: ricostruzione che viene amplificata da una colonna sonora di prim’ordine, principale causa però di una mancata uscita delle stagioni in dvd. Ogni storia è condita dalle canzoni e dalle musiche di quell’anno, con la presenza di artisti come The Byrds, Frank Sinatra, Bruce Springsteen, Sarah MacLahlan, gli U2, con canzoni che iniziano spesso con un brano d’impatto per poi finire nella scena finale con brani più melodici e commoventi e in linea con gli eventi narrati.
    I personaggi ricorrenti, Lily Rush e i suoi colleghi, non invadono le singole storie con le loro vicende personali, che restano sullo sfondo, ma man mano nello scorrere degli episodi hanno avuto le loro gioie e dolori, crescendo e cambiando. Tutti sono single, o di ritorno come divorziati (John Stillman), o vedovi (Will Jeffreys) o perché non riescono o non sono interessati a cercare qualcuno con cui stare (Lily Rush, Scotty Valens, che molti vedrebbero come una coppia possibile). C’è anche una mamma single, Kat Miller: ciascuno di loro rappresenta quindi una caratteristica comune alla società di oggi nei Paesi industrializzati, la solitudine per svariati motivi, solitudine che può risultare in una maggiore dedizione al lavoro, in una ricerca romantica dell’anima gemella, nel riannodare vecchi legami familiari, come succede a Lily, cresciuta con una madre alcolista poi morta e che ritrova il padre ormai adulta.
    Umanità e commozione sono quindi le carte vincenti di una serie che rimanendo in generale sempre fedele a se stessa, senza grandi cambiamenti, è arrivata alla settima stagione, conquistando un pubblico che al rigore scientifico e all’azione preferisce l’introspezione e il ricordo, i sentimenti negativi e positivi e tutte le emozioni che albergano nell’animo umano. Forse a volte si esagera sul pedale della commozione (Kathryn Morris ha dichiarato in una recente intervista ad un noto periodico di spettacolo italiano di non poterne più certi momenti di storie troppo tristi) ma la ricetta funziona sempre, tanto che gli indici di ascolto sono buoni ovunque Cold case viene trasmesso, compreso qui in Italia, dove da sempre va in onda al sabato sera in prima serata.

    Gli appassionati si sentono rassicurati da una struttura sempre uguale, ma nella quale trovano spazio le mille sfaccettature dell’animo umano, discorsi anche impegnativi sui diritti civili, sentimenti e commozione, e hanno imparato ad amare dei protagonisti discreti ma attivi, dediti al lavoro come ad una missione, il cui scopo è la ricerca della verità e il dare giustizia e ricordo a qualcuno che in un giorno magari lontano ha visto finire la sua vita per fatalità o crudeltà, per errore o per disgrazia.

     

     

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