Dollhouse
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Dollhouse è la serie tv ideata da Joss Whedon, già autore di Buffy l’ammazzavampiri, Angel e Firefly. Protagonsti nel cast Eliza Dushku, Harry Lennix, Fran Kranz, Tahmoh Penikett, Enver Gjokaj, Dichen Lachman, Olivia Williams.

 
 
  • Anno: 2009 – 2010
  • Produttore: Bad Robot Productions, Warner Bros. Television
  • Cast: Eliza Dushku, Harry Lennix, Fran Kranz, Tahmoh Penikett, Enver Gjokaj, Dichen Lachman, Olivia Williams.

DollhouseIl 2009 ha segnato il ritorno di Joss Whedon sul piccolo schermo dopo lo sfortunato flop di Serenity e una lunga attività nell’industria fumettistica; la nuova serie ideata dal papà del Buffyverse, riporta alla televisione anche una delle sue pupille: Eliza Dushku (la caccaitrice rivale di Buffy nell’ominima serie).

La prima stagione di Dollhouse è trasmessa dalla Fox dal 13 febbraio 2009 all’8 maggio dello stesso anno negli Stati Uniti; in Italia arriva sette mesi più tardi (3 settembre – 5 novembre) diffusa dalla stessa emittente in prima visione e dall’emittente Sky sul digitale terreste Cielo nel febbraio 2010. La seconda stagione di Dollhouse va in onda negli Stati Uniti dal 25 settembre 2009 al 29 gennaio 2010, in Italia la Fox la trasmetterà dal 15 aprile all’8 luglio 2010.

La serie è divisa in due stagioni per un totale di ventisette episodi, anche se il pilot “Echo” (cronologicamente ambientato dopo il primo episodio “Ghost”) e la puntata conclusiva della prima stagione “Epitaph One” non sono stati mandati in onda e sono disponibili solo nell’edizione DVD.

Il progetto che Whedon aveva in mente si sarebbe dovuto sviluppare in un arco temporale di cinque stagioni ma, a causa dei dati non incoraggianti dello share, la fine della serie era stata preannunciata già al termine della prima stagione; la Fox ha deciso di concedere a Whedon un’altra slot di tredici episodi per portare a compimento tutti i filoni narrativi iniziati nella prima stagione.

Nel mondo contemporaneo esiste un tipo di tecnologia che permette di cancellare la coscienza e la personalità degli individui per installare, tramite una macchina, nuove personalità elaborate al computer. Gli active sono esseri umani che volontariamente si sottopongono alla cancellazione della propria identità (le quali vengono registrate e conservate su un disco esterno, in attesa del termine del loro contratto con la Dollhouse) e vengono ridotti allo stato di bambole (doll), i loro servigi vengono richiesti per svariati motivi (romantici, investigativi, spionaggio etc etc.), a ognuno di loro viene affidato un agente che si occupa della loro incolumità durante le missioni.

Joss Whedon costruisce questo universo e ne esplora tutte le possibili implicazioni; da un lato c’è la responsabile della dollhouse di Los Angeles Adele Dewitt (Olivia Williams) che crede ciecamente nei benefici dell’azione dei suoi active; dall’altro lato troviamo gli active giunti alla decisione di divenire tali per scappare a eventi traumatici del mondo in superficie; da un altro ancora si trovano i capi della Rossum (l’industria che patrocina l’uso della tecnologia) che esplorano le diverse implicazioni del back up della memoria, contemplando soprattutto l’opportunità dell’immortalità; a complicare la situazione ci pensa la presenza di Paul Ballard (Tahmoh Penikett) integerrimo agente dell’FBI sulle tracce del mito della Dollhouse con l’intenzione di smantellare l’organizzazione.

La Dushku interpreta Echo un active molto particolare che dimostra, contro ogni previsione, una capacità evolutiva mai riscontrata in nessun altro soggetto prima di lei; altra qualità sbalorditiva è la capacità di socializzare che lei e altri due active Sierra (Dichen Lachman) e Victor (Enver Gjokaj) dimostrano.

Chi segue Joss Whedon da un po’ sa bene che, dietro la facciata kick-ass, delle sue serie tv c’è molto di più. Il produttore statunitense ha abituato i suoi spettatori a un mondo di introspezione profonda e mai di facciata, Dollhouse non fa eccezione, anzi è, finora, il risultato più alto di quest’attitudine.

Dollhouse la serie tv di Joss Whedon

Cos’è un essere umano? Sembra di essere di fronte a un novello Philip K. Dick che con il suo romanzo Ma gli androidi sognano pecore elettriche? (trasposto al cinema da Ridley Scott con il titolo di Blade Runner) ha posto seri interrogativi etici, se un androide pensa come un uomo, vive, ama e soffre come tale, è comunque un robot o lo si può ritenere un essere umano?

È questo l’interrogativo che percorre tutta la prima stagione. A portare avanti il dibattito sono due personaggi in particolare. Topher Brink (Fran Kranz) brillante giovane scienziato che vede gli active come bambole prive di ricordi, lavagne sovrascribili e cancellabili, riutilizzabili sempre e comunque. La controparte dello scienziato è rappresentato da Boyd Langton (Harry Lennix) responsabile (handler) dell’active Echo; l’ex poliziotto s’interroga sulla propria integrità morale, gli active sono come bambole al servizio di chi può pagare e sono costrette a interpretare tutti i ruoli richiesti, sempre nel rispetto della loro incolumità, dai clienti.

Da un lato c’è lo scienziato che legge il mondo e i comportamenti umani nell’ottica di programmazione e semplici impulsimi elettrici e chimici, dall’altro c’è l’uomo che non riesce a scrollarsi di dosso la sensazione di essere stato declassato da uomo a schiavista, posizione rafforzata dal contatto con Echo che gli dimostra come l’evoluzione della sua personalità, indipendente dagli imprinting dei vari personaggi che intepreta e dalla sua orginale identità, sia un chiaro segnale che le bambole siano ancora esseri umani.

La prima stagione di Dollhouse  mostra come Echo riesca a costruire una propria personalità e come tale capacità venga osservata con curiosità e spavento. A motivare la preoccupazione è Alpha (special guest star Alan Tudyk), active estremamente dotato che, in seguito a un episodio che provocò la riemersione di tutte le personalità che gli erano state impiantate, impazzisce e scappa dall’organizzazione seminando dietro di sé una lunga scia di morti. Per catturare l’active Paul Ballard entra a far parte dell’organizzazione, con l’intento segreto di distruggerla dall’interno.

L’episodio Epitaph One, non mandato in onda, catapulta lo spettatore in un futuro apocalittico, dieci anni dopo. È il 2020 e la tecnologia si è evoluta e diffusa senza controllo ponendo tutti gli esseri umani a rischio, gli individui possono essere cancellati e impiantati senza volerlo, senza poterlo impedire. In questo scenario, un manipolo di sopravvissuti si mette alla ricerca di Caroline (primigenia identità di Echo), sperando che non sia una leggenda ma una reale possibilità di salvezza.

La produzione della seconda stagione  di Dollhouse è segnata dai tagli al budget che va a ripercuotersi sulla direzione che la storia avrebbe intrapreso, dovendo adattarsi alle direttive della Fox. Nonostante gli inconvenienti, la produzione mantiene alto il livello delle puntate riuscendo a consegnare al piccolo schermo un prodotto alle aspettative degli appassionati.

I toni della seconda serie di Dollhouse si fanno più scuri e pesanti, Whedon si concentra sul discorso politico e cospirazionistico; prende tutti gli equilibri costruiti fino a quel momento e li ribalta per regalare agli spettatori notevoli colpi di scena.

Echo dimostra sempre di più di essere speciale, ha una particolare predisposizione che le consente di memorizzare tutti gli impianti che subisce il suo cervello e di riuscire a controllarli e a sfruttarli. Questa capacità, insieme all’aiuto dello staff della dollhouse, sarà la chiave che consentirà di abbattere la Rossum.

Tutto si fa più confuso, i confini fra le doll e le reali personalità di quei corpi si fa sempre più labile; non si tratta più di comprendere chi è dalla parte del torto e della ragione, tutto diventa una corsa forsennata per impedire che la tecnologia, utilizzata per dare alle persone ciò di cui avessero bisogno, diventi una letale arma capace di privare le persone della loro più pura e genuina essenza.

Tutto sembra andare per il meglio, solo che non è così.

L’ultimo magistrale episodio di Dollhouse riprende da dove Epithaph One si era interrotto, gli ultimi individui non contaminati sono alla ricerca della cura e del luogo sicuro che potraà accoglierli.

Joss Whedon chiude il cerchio, tutto ciò che era all’inizio lo ritroviamo capovolto di 360°, ma resta comunque il punto di arrivo. I toni di Epitaph Two sono crudi, cinici, eppure c’è un sottofondo di tenerezza e di amore puro, immacolato e non corrotto. È un peccato che la serie sia stata interrotta dopo solo due stagioni,  dopotutto Dollhouse è un piccolo gioiello incompreso.

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