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Nonostante il vasto parco e gli splendidi giardini, Downton Abbey non può certo definirsi una serie di spazi aperti: il Castello è una forza centripeta che attira e custodisce i suoi abitanti per tutta la durata della loro permanenza, intrecciandone le numerosissime storyline e seguendone il percorso, senza riuscire a riservare altrettanta dedizione a coloro che invece scelgono di allontanarsene; il destino di questi personaggi, finiti a gravitare lontano dalla Casa e quindi per questo a rischio di estinzione, è ritornare sui propri passi per riabbracciare la perduta dimora o rimanere lì, in quella sorta di limbo stagnante dove i loro drammi personali rischiano di assorbire quanto ancora d’ interessante avevano da dirci.

Non c’è allora da stupirsi che Julian Fellowes abbia scelto di concentrare il quarto episodio della serie su Sybil(Jessica Brown-Finlay) e il marito Tom Branson(Allen Leech), coinvolti nelle vicende dell’indipendenza irlandese solo per dover abbandonare in fretta e furia un mondo che, per quanto promettente e ricco di spunti d’interesse, risulta troppo lontano dal centro dell’azione per poter essere coltivato a dovere: piombato a Downton nel bel mezzo di una notte piovosa, Tom è sconvolto dopo aver visto bruciare il Castello di un grosso proprietario terriero e aver lasciato indietro Sybil, incinta e sola in un paese straniero, nel tentativo di seminare la polizia.

Dopo anni di appassionate riflessioni in garage, non vedevamo l’ora che l’ex autista di Casa Crawley passasse all’azione e iniziasse finalmente a lottare per la sua Irlanda, ma al momento sembra quasi che la molla della ribellione sia stata usata senza troppa cura e con poca obiettività unicamente allo scopo di tenere la giovane coppia in Inghilterra il più a lungo possibile: Tom, che nella sua nuova veste di attivista finisce per fare la figura di un ragazzo incosciente e avventato potrà evitare il carcere non mettendo mai più  piede in Patria, ma la speranza è che questa parentesi storica estremamente meritevole di attenzione venga magari riaperta in futuro, con uno sguardo che sappia indugiare con maggiore obiettività( anche se il Barone Fellowes è un po’ di parte, lo sappiamo) nelle ragioni dell’Indipendenza.

Il racconto di Tom, che nel descrivere il castello in fiamme e il dolore dei suoi abitanti sembra profetizzare la fine del mondo a cui i Crawley appartengono e che in Irlanda sta già franando, a dispetto della sua drammaticità si rivela comunque un’ottima occasione per gustare uno dei più leggendari interventi della mitica Lady Violet(Maggie Smith): che il Lord e la sua famiglia abbiano perso la loro casa è una tragedia, ma se la stessa Casa non era di buon gusto allora la violenza degli indipendentisti è persino perdonabile(”The House was Tedious!”).

Se Tom e Sybil sono costretti a restare a Downton per tenere al sicuro il bambino che sta per nascere, la claustrofobica compressione subita dalla storyline di Bates(Brendan Coyle) e Anna(Joanne Froggatt)prosegue immutata: l’estremo tentativo di coinvolgerci nelle disgrazie della coppia con una misteriosa sospensione della loro abituale corrispondenza non riesce a toccarci minimamente e piuttosto produce un disappunto sempre più forte, quando ci costringe a vedere un personaggio interessante come Anna vivere unicamente e soltanto in funzione dell’esangue marito.

Un cambiamento all’orizzonte sembra invece figurarsi nella vita di Mrs Crawley(Penelope Wilton), anche lei ormai tagliata fuori dalla vita nella Tenuta e quindi priva dell’efficacia necessaria per essere un carattere forte nella serie: Ethel(Amy Nuttal), ex cameriera diventata una prostituta per mantenere il suo bambino e figura piuttosto incolore sin dal suo ingresso nella serie, è costretta a lasciare per sempre il piccolo alle cure dei ricchi nonni paterni nonostante il parere contrario della stessa Mrs Crawley, a cui si era rivolta in cerca di aiuto: sempre disposta a darsi da fare per assistere gli indigenti ma all’atto pratico incapace di comprendere fino in fondo le loro difficoltà, la madre di Matthew potrebbe riscoprirsi un personaggio degno di interesse proprio grazie a una possibile interazione con la ragazza, messa con le spalle al muro e giudicata dall’intera comunità per la sua condotta indecorosa.

A navigare verso acque apparentemente tranquille è invece Edith(Laura Carmichael) che sembra aver reagito bene alla terribile delusione dello scorso episodio, iniziando a interessarsi della causa dei diritti delle donne: forse, con Sybil in questo momento troppo impegnata a tenere le fila del suo delicatissimo ruolo di moglie e madre, avremo comunque una sorella femminista pronta a lottare per la libertà e l’indipendenza.

Con la pericolosa prontezza di Matthew(Dan Stevens)nel volere sistemare gli affari della tenuta scavalcando se necessario il suocero Lord Robert(Hugh Bonneville) e a parte l’ingresso nel cast di ” Eragon” Ed Speleers( era il protagonista del primo e unico film tratto dai romanzi fantasy di Christopher Paolini), chiaramente destinato a scuotere i precari equilibri Downstairs e in particolare i sentimenti di Thomas(Rob James Collier), quest’ultimo quarto episodio può a tutti gli effetti considerarsi una tappa di transizione, necessaria per traghettarci verso la metà della serie quando tutto quanto raggiunto finora nel bene e nel male potrà essere rimesso in discussione: in bocca al lupo ai coraggiosi.

Ps. 1) standing ovation al nostro amato maggiordomo Carson(Jim Carter) per aver considerato un tostapane elettrico potenzialmente pericoloso e sovversivo tanto quanto un rivoluzionario irlandese.

2) Durante la discussione con Tom Lady Violet cita Lady GregoryConstance Markievicz, due importanti figure femminili per la storia e la cultura irlandese.

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Alessia Carmicino
Nata a Palermo nel 1986 , a 13 anni scrive la sua prima recensione per il cineforum di classe su "tempi moderni": da quel giorno è sempre stata affetta da cinefilia inguaribile . Divora soprattutto film in costume e period drama ma può amare incondizionatamente una pellicola qualunque sia il genere . Studentessa di giurisprudenza , sogna una tesi su “ il verdetto “ di Sidney Lumet e si divide quotidianamente fra il mondo giuridico e quello cinematografico , al quale dedica pensieri e parole nel suo blog personale (http://firstimpressions86.blogspot.com/); dopo alcune collaborazioni e una pubblicazione su “ciak” con una recensione sul mitico “inception” , inizia la sua collaborazione con Cinefilos e guarda con fiducia a un futuro tutto da scrivere .